La “Naca” torna a casa dopo il restauro

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Momenti di grande commozione e di altrettanto raccoglimento quelli vissuti domenica scorsa 24 Febbraio nella chiesa della Madonna della Lama. Dopo un lungo periodo di restauro, iniziato subito dopo la Pasqua dello scorso anno, la “Naca” è tornata a casa, accolta dalla sua gente, dalla sua Noicattaro, che gelosamente l’ha conservata in tutti questi anni.

Questo è il primo grande restauro completo perpetuato sul manufatto, che rende speciale ed unica la serata. Portato a spalla dai confratelli della Confraternita della Passione e Morte di Gesù Cristo, sotto la cui cura e sorveglianza attenta si sono svolti i lavori, il simulacro ha fatto il suo ingresso in chiesa, accolto da numerosa gente che aspettava lì ormai da tempo. A far da colonna sonora all’evento il Coro S. Agostino, ormai una bella realtà della comunità guidata da Padre Giuseppe Conversa.

Appena entrata in chiesa, mentre un misto di stupore e commozione condizionava i volti dei presenti, la statua, che fino a quel momento era velata, è stata mostrata in tutta la sua rinata bellezza. In quel piccolo tratto, compreso tra la porta d’ingresso e l’altare, in momenti che sembravano sospesi nel tempo, tutti i fedeli presenti accompagnavano con lo sguardo, silenziosi, ogni singolo passo dei confratelli, orgogliosi e stupiti della nuova luce e del nuovo colore che la statua offriva.

Giunta all’altare, si è proseguito con la benedizione della stessa da parte di Padre Giuseppe, visibilmente soddisfatto dell’opera compiuta. Dopo un breve momento di preghiera e la seguente benedizione, è stata la volta di alcuni interventi.

Prima a prendere la parola Rita Tagarelli, che più di tutti, durante la sua intensa vita, ha parlato ed approfondito i segni e i significati della Settimana Santa nojana, di cui la “Naca” è una dei protagonisti principali: “Quella del Cristo morto – spiega la Tagarelli – è una processione che viene organizzata in quasi tutti i paesi durante la Settimana Santa. Ma per i nojani quella della Naca non è una processione come tutte le altre, è uno dei momenti centrali di tutto il triduo pasquale. Grazie allo straordinario impegno della congrega, essa si svolge ogni anno in modo ordinato e mesto”.

“Dopo lo scoppio del colpo oscuro, che in quei giorni scandisce il tempo delle celebrazioni in assenza delle campane – continua la storica nojana – –la lunga processione prende avvio dalla Chiesa della Madonna della Lama, per terminare, molte ore dopo, presso la Chiesa Madre. Ciò è dovuto alle modalità in cui si svolge la processione e alla sua enorme lentezza”.

Lentezza che si ricollega all’etimologia stessa della parola “Naca”. “Viene utilizzato il termine Naca – continua la Tagarelli – poiché il corpo del Cristo non è posto in una bara, ma in una culla, un giaciglio che fa pensare ad un riposo momentaneo, in attesa della risurrezione. Anticamente alla base della culla, in legno, vi era anche un sostegno ricurvo, che permetteva visivamente il dondolamento dell’intero manufatto”.

Un sonno che viene sostenuto dall’amorevole passo dei portatori. “Il particolare andamento dei portatori – spiega la studiosa – che potremmo interpretare come un grande atto di tenerezza dei nojani verso il Cristo, è una regola che si osserva da sempre. L’andamento cullante, quindi, ci riporta al tema della culla. Il termine dialettale “N-k”, infatti deriva dalla parola greca “Nakè-nakòs”, ossia le pelli che venivano utilizzati come giacigli per i piccoli. Ad accompagnare questo andamento, infine, vi è una parola che fa da colonna sonora all’intera processione: “Suez”. Essa può essere tradotta in vari modi, ma la versione più accertata è l’uso di questa parola per invitare tutti i portatori a riprendere il cammino insieme, in ugual modo. Ed è questo l’augurio che rivolgo a tutti i portatori ma anche ai presenti stasera, ossia di sentirsi uguali, di camminare insieme durante tutti i giorni della nostra vita, non solo quando si porta la Naca”.

Dopo aver letto la composizione in vernacolo nojano avente come tema proprio la processione della “Naka”, tratto dal libro di Rita Tagarelli “La Camastra”, si è proceduto con la relazione dei lavori svolti durante questi mesi.

Ad esporre in modo chiaro e coinciso gli argomenti è stato il maestro Valerio Iaccarino dello studio d’Arte e Restauro di “Iaccarino e Zingaro” di Andria, luogo in cui si è svolto l’intero ciclo. “Innanzitutto – ha esordito Iaccarino – ringrazio tutti voi e i Padri Agostiniani per l’invito concessomi. Non mi capita spesso di presenziare al ritorno di un’opera restaurata da me nella sua chiesa. Devo dire che mi sono emozionato tantissimo”.

Dei lavori che si sono svolto in totale condivisione con i Confratelli. “Abbiamo contemplato insieme – continua il maestro – il volto di Dio, perché il restauro non è semplice lavoro, ma anche un momento di preghiera e contemplazione. Il manufatto, al momento della consegna presso la mia bottega, presentava serie problematiche, celate da risistemazioni successive che non sempre erano state fatte in maniera adeguata”.

Danni che sono stati dettati dal più grande antagonista del legno, ossia il tarlo. “Tutta la Naca, ossia la culla sottostante – ha spiegato Iaccarino – è composta da legno laccato, mentre il Cristo è in cartapesta. Tutta la parte della culla era stata risistemata e ricoperta con la porpora, mentre la parte rossa derivava dalla presenza di smalto, usato per ricoprire i danni derivati dalla presenza del tarlo. Anche la statua in cartapesta non era ben messa, poiché aveva perso in modo pesante i tratti anatomici, rendendo la stessa scura a pesante. Il colore, quindi era poco reale, con quel verde che non era decisamente la tonalità originale pensata dal Carretta al momento della realizzazione.”

Il restauro si è svolto, quindi, seguendo due tipi di lavoro differenziati. “Le due parti, smontate – continua il restauratore – sono state trattate in modo diverso. Sulla statua sono stati fatti dei saggi di pulitura, in modo tale da capire il tipo di sporco che si è depositato su di essa. Dopo la pulitura, che ha riportato la statua ad assumere l’originario colore bianco, tanti sono stati i tagli e le lesioni che sono venuti alla luce. Tagli e lesioni che sono stati opportunamente riparati. Per quanto riguarda la parte in legno della culla, essa è stata sottoposta ad un trattamento anti-tarlo e lascia riposare per un mese. Sono state ricostruite le parti mancanti dell’intagli in oro e recuperate le foglie d’oro già esistenti”.

In conclusione d’intervento, una raccomandazione del maestro. “il restauro è una cosa seria, che deve essere concordato passo dopo passo con la Soprintendenza. Ringrazio per questo – conclude Iaccarino – la professoressa De Bellis, che mi ha accompagnato durante tutti i lavori. Ricordate che non tutti sono restauratori autorizzati dalla Soprintendenza, ma solo coloro che sono inseriti nell’elenco ufficiale stilato dal Ministero. Solo osservando queste semplici regole potremo tutelare e valorizzare beni artistici come quello della Naca”.

E’ stata una grande emozione – ha commentato il sindaco Raimondo Innamorato – presenziare al primo restauro della Naca, che riveste una grande importanza per l’intera cittadinanza. È stato bello vedere il simulacro sotto una luce nuova, diversa. Dobbiamo sentire nostro questo simbolo, che viene riconosciuto anche dai pugliesi residenti all’estero. Auguro una grande luce e gioia agli operatori e all’intera comunità, affinchè si possano vivere con serenità i riti pasquali che ci accingiamo a vivere”.

Il compito di custodire una tradizione nella quale una comunità si indentifica è fondamentale – gli fa eco Don Vito Campanelli – Custodire queste opere d’arte è il nostro obiettivo principale, ma c’è un grande lavoro da fare ancora, sia nelle chiese che su alcuni simulacri del nostro paese. Molto è stato fatto, ma ancora tanto ci sarà da fare

[da La Voce del Paese del 02 Marzo]

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