La croce come segno indelebile della nosta vita
Vogliamo sorvolare su tutto quello che comporta la festa di San Vito, non vogliamo sottolineare lo scarso apporto dei cittadini o dei commercianti alla festa, ma vogliamo che San Vito ci guidi attraverso le parole di Don Gaetano:
“Quest’anno, per una bella coincidenza, celebriamo la festa di san Vito nella solennità della Santissima Trinità, che ci fa comprendere che noi non crediamo in un Dio solitario, in un Dio isolato, un Dio single, ma noi crediamo in un Dio comunità, relazione.
Noi celebriamo quotidianamente questo mistero quando ci facciamo il segno della croce. La nostra vita, se ci pensate, inizia e finisce con il segno della croce. Dal Battesimo, all’unzione degli infermi. Ma pensate anche all’Eucaristia, alla Riconciliazione oppure al Sacramento del Matrimonio: “io accolgo te…, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Eppure sembra che oggi il segno della croce sia sempre meno un segno e sempre più un segnale di una fede arrangiata.
Ma siete proprio sicuri che tutti sappiano come si faccia il segno della croce? Molti moltissimi tra bambini ed adulti non lo sanno affatto.
Nei riti di accoglienza del Battesimo i genitori tracciano un segno della croce sulla fronte del bambino. Ma tanti genitori non sanno che quel gesto di benedizione funziona sempre ogni giorno, perché il Signore ha lasciato loro il potere di benedire i figli: non lo dimenticate mai! Benedite ogni giorno i vostri figli!
Molti atleti prima di andare in campo usano segnarsi con il segno della croce: per carità bello come gesto, se non rasentasse a volte la scaramanzia. Molti, ancora, portano al collo una collana a cui è legato il pendaglio della croce, oppure appeso ad un orecchino: è un bel segno mostrare la croce, se non si riducesse esclusivamente ad un oggetto puramente ornamentale!
Per quanto il segno della croce sia di una semplicità disarmante, tanto ci mette in difficoltà seria e diventa una severa verifica della solidità della nostra fede. Segnarsi quando siamo in chiesa è facile. Ma hai mai provato a farlo in pubblico, magari con persone che non credono affatto: in una pizzeria, in un ristirante prima di mangiare, in treno mentre viaggi (in aereo non conta… lo fanno tutti!). È difficilissimo e suscita vergogna, disagio, imbarazzo!
Ma tu non vergognarti mai di credere in Dio e in quello che sei.
Nell’udienza generale di mercoledì 18, Papa Francesco ha ricordato l’importanza di un gesto semplice ma, in realtà, significativo poiché richiama la Passione e la morte di Gesù e, attraverso questa, la nostra salvezza: «La Croce è il distintivo che manifesta chi siamo: il nostro parlare, pensare, guardare, operare sta sotto il segno della Croce, ossia sotto il segno dell’amore di Gesù fino alla fine. Fare il segno della Croce quando ci svegliamo, prima dei pasti, davanti a un pericolo, a difesa contro il male, prima di dormire, significa dire a noi stessi e agli altri a chi apparteniamo, chi vogliamo essere».
Dimmi come ti fai il segno della croce e ti dirò chi sei…
Veloce: rapidissimo, automatico e di scatto, tanto per farlo, più veloce del pensiero. Sei uno che non dedica il tempo opportuno alle cose più importanti della vita: stare con la famiglia, perdere tempo con i figli, contemplare la natura, stare in silenzio, pregare.
Una delle espressioni più folkloristiche per indicare la mancanza di tempo e la brevità di questo segno della croce è non ho tempo nemmeno per fare il segno della croce. Come a dire che ho la giornata così carica di impegni che non ho nemmeno lo spazio per fare un segno di estrema brevità, nonostante la sua estrema profondità. Si perché sono i gesti brevi che ci salvano, non quelli complessi
A scarabocchio: molto approssimativo, una sintesi di tanti rapidi movimenti messi insieme senza un senso logico. Uno scarabocchio nell’aria che traccia i simboli della tua indolenza, della tua superficialità nel fare le cose, del tuo fare per fare senza pensare. Un groviglio aggrovigliato di mosse senza senso, come senza senso è la vita di chi non si ferma a capire quale sia la rotta da tracciare per la propria esistenza.
Karate kid: con la mano a coltello e movimento a scatto… calmati sei un po’ violento! Preciso: col goniometro, una precisione maniacale. Ma spesso alla precisone nella forma non corrisponde una profondità interiore. La nostra religiosità estetica funziona (facciamo tante attività religiose), ma spesso non siamo intimamente legati a Gesù. Sulla carta siamo cristiani, ma il cuore?
Al bacio: nella duplice variante con bacio volante o con bacio alla mano. Sei un tenerone, un romanticone, un sentimentale: sai lanciare nell’aria messaggi sdolcinati. Solo una piccola accortezza: non ti baciate troppo la mano, potrebbe essere sintomo di una velata forma di autocelebrazione ed egolatria.
Il segno della croce, come ogni simbolo, ha senso solo se ha un contenuto profondo non sganciato dalla forma. E come dare un bacio ad una persona che ami: privo di amore può significare anche tradimento (vedi Giuda).
Quando facciamo il segno della Croce pronunciamo le parole Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.
Padre: ci tocchiamo il capo perché Lui è in alto, è colui che ci ha creati. Ed è il centro dei nostri pensieri e della nostra intelligenza. Impariamo a tenere ben presente una scala gerarchica della nostra vita, altrimenti confonderemo gli affetti con il lavoro, e l’amore con il denaro. Chi sta al primo posto nella tua vita?
Figlio: mettiamo la mano sul cuore perché Gesù ci ha amati talmente tanto da dare la sua vita per noi. Si è incarnato, è morto e risorto per la nostra salvezza. E promettiamo di essere sempre fedeli all’amore, anche quando costa fatica, dolore, sangue.
Spirito Santo:la nostra mano tocca le spalle perché lo Spirito Santo, il dono di Gesù risorto per noi, rappresenta l’abbraccio di Dio. Impegniamoci a moltiplicare nel mondo gesti di tenerezza. La nostra società è sempre più tirchia di abbracci, di baci, della gestualità dell’amore. “Tanto si sa!” Nell’amore non si sa niente. L’amore va estroverso sempre, esplicitato: se non è evidente, svanisce nell’ovvietà delle cose materiali.
Amen: significa, dall’ebraico AMIN “IO MI POGGIO SULLA SOLIDA ROCCIA” e indica il nostro affidarci totalmente alla Trinità.
Il nostro santo Patrono San Vito, è raffigurato in una famosa tela mentre all’offerta dell’idolo pagano da parte dell’imperatore Diocleziano, lui contrappone tenendola stretta nella mano la Croce di Gesù, a costo della sua stessa vita. Aiutaci San Vito a non rinunciare mai al segno della croce.”