Monia ed Emily, la vita che batte il Covid

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Il 6 marzo è nata Emily Colapietro; parto d’urgenza per sua madre, Monia Romanazzi, poiché affetta da Covid-19.

La neomamma racconta il dramma che si consuma negli ospedali ed il lavoro dello staff medico

«Mi sono ammalata di Covid quando ero alla 34esima settimana di gravidanza. È un virus bastardo, che ti manda il conto dei suoi sintomi ogni giorno, anzi, ad ogni ora la tua situazione può cambiare, può peggiorare improvvisamente: un attimo prima riesci a respirare e pensi di essere una delle tante asintomatiche, un attimo dopo cominci a sentire una leggera difficoltà mentre parli… finché non mi sono ritrovata nella zona rossa di ginecologia del Policlinico con due tubicini di ossigeno nel naso, per aiutarmi a respirare, per non far soffrire la mia piccolina. E, proprio per non far soffrire lei, mi sono ritrovata in sala operatoria per un taglio cesareo d’urgenza. Un attimo prima ero alla 34esima settimana di gravidanza, potevo sentire la mia bambina muoversi dentro di me al sicuro ed al caldo, un attimo dopo ero diventata mamma, inaspettatamente ed improvvisamente… ed anche miracolosamente…» – inizia così la narrazione diffusa sui social qualche giorno fa da Monia Romanazzi, moglie di Alberto Colapietro e madre della piccola Emily, nata il 6 marzo alle ore 12.18, nel caos di un mondo finito da un anno sottosopra.

L’OMBRA DEL COVID

A Monia Romanazzi il Covid-19 ha “donato” non poche, né tantomeno lievi, preoccupazioni; prosegue così il suo racconto: «È un virus bastardo anche perché, in un attimo, può toglierti tanto, o peggio, può toglierti tutto. A me ha tolto tanto: la gioia di diventare madre per la prima volta, la possibilità di stringere a me la mia bambina fin da subito, di poterla allattare, di poterle accarezzare il suo dolce e piccolo viso, di tenerle le manine, di sentire il suo profumo, di guardarla dormire serena accanto a me, la possibilità di condividere questo stupendo momento con mio marito o con i miei familiari e amici… Questo virus non ti toglie solo il respiro… Ti toglie anche le forze e le energie, che recuperi solo dopo giorni dalla guarigione. A molti altri, però, toglie tutto, toglie la vita».

“HO VISTO…”

«Dopo il parto, sono stata qualche giorno nel reparto di rianimazione Covid e non credo che dimenticherò mai quello che ho visto attorno a me: persone intubate con quel casco che tutti noi abbiamo visto in TV, una cosa terribile; oppure fin da subito sedate, perché le loro condizioni non erano delle migliori e si facevano prendere dal panico… questo è anche peggio: potresti tranquillamente resistere in quel casco e con l’ossigeno, ma devi mantenere la calma, devi respirare lentamente, altrimenti si impossessano di te il panico e l’ansia che, con il Covid, vanno a braccetto; quindi non devi essere forte e resistere solo fisicamente, ma anche moralmente. Ho visto uomini e donne pronati, messi a pancia in giù per far sì che potessero respirare meglio, perché la posizione è tutto se vuoi sconfiggere il Covid. Ho visto tanti corpi inermi che resistevano a questo maledetto virus, grazie alle tante tecniche, strumentazioni e terapie, ma non tutti ce l’hanno fatta».

“ERO ACCANTO A LEI…”

«Ho sentito l’ultima chiamata di una nonna, di una zia, di una mamma, alla sua famiglia, prima del suo ultimo respiro. Ero accanto a lei quando chiedeva aiuto perché non riusciva a respirare nonostante il casco; ero accanto a lei quando ha fatto quell’ultima chiamata dove non riusciva a parlare, ma i suoi occhi spaventati parlavano più delle parole; ero accanto a lei quando l’hanno portata via…».

NESSUNA GIUSTIFICAZIONE

«Quelle persone erano e sono i genitori, i nonni e le nonne, gli zii e le zie, i fratelli e le sorelle di qualcuno; non erano solo uomini e donne di una certa età e con patologie pregresse. Qualcuno ha sofferto e sta soffrendo per loro, per la loro scomparsa improvvisa, per non essere riusciti ad abbracciarli per l’ultima volta… Non possiamo continuare a giustificarci con “era anziano”, “aveva quella patologia”. Non possiamo continuare a non rispettare le regole, a sottovalutare quanto questo virus possa essere bastardo e possa toglierti tutto in attimo, a chiederci se fa tutto parte di un complotto».

STRINGERE I DENTI ED ESSERE GRATI

«Il virus è ancora tra noi e la gente sta morendo, improvvisamente ed in solitudine. Abbiamo il dovere morale, soprattutto nei riguardi di chi non ce l’ha fatta e di chi sta soffrendo per una prematura scomparsa, di proteggerci e di proteggere i nostri cari dal contagio. Dobbiamo stringere i denti ancora un po’… Dovremmo lamentarci di meno e ringraziare di più perché siamo vivi, perché i nostri parenti stanno bene, perché tra quei numeri che guardiamo distrattamente in televisione non ci sono conoscenti, o parenti, o io stessa… E sperare che ci vada bene fino alla fine di questo incubo».

LORO, LA GUARIGIONE

«Ho visto tante cose brutte in quel reparto, ma ho conosciuto anche medici ed infermieri fenomenali: in tutti i reparti in cui sono stata, ma soprattutto in rianimazione Covid, ho incontrato delle persone meravigliose, professionisti instancabili, che lavorano all’inferno da un anno, eppure ti donano in ogni momento il loro sorriso, la loro umanità, una parola di conforto, una carezza. Li vedi passare da un letto all’altro spegnendo allarmi, mettendo canule, facendo prelievi, attaccando cateteri, cambiando pannetti, sistemandoti il casco, mettendoti in posizione prona, poi di nuovo stesa: non si fermano un attimo. Eppure, quando ti passano accanto, hanno sempre un occhiolino da farti, una parola di conforto da dirti, una carezza timida e veloce da darti, un “oggi hai ricevuto la foto della tua bimba? Me la fai vedere?”.

C’è stato chi mi ha regalato la crema Pan di stelle e una confezione di pan bauletto per la colazione, una botta di vita che mi ha tolto il respiro per la felicità; chi mi ha fatto un cuscino con una federa con tanta ovatta e chiusa con nastro adesivo, perché erano finiti i cuscini; chi, in un mio momento di profondo sconforto, pur nascondendomi sotto le coperte, ha sentito il mio pianto e si è fermato, mi ha preso la mano e mi ha detto che presto sarebbe finito tutto e avrei rivisto la mia bambina, rimanendo con me per un po’, nonostante gli allarmi da spegnere e i prelievi da fare; chi, alla fine del suo turno, si è scusato perché, tra i tanti ricoveri e decessi, non era neanche riuscita a chiedermi come stessi; chi ha gioito con me e aveva gli occhi lucidi quando sono stata dimessa perché stavo meglio.

Di molti di loro non ricordo il nome e non conosco i loro volti, ma ricorderò i loro occhi, i loro sguardi teneri e orgogliosi, che mi hanno dato coraggio e forza in uno dei momenti più tristi e difficili della mia vita. Li definiscono angeli, ma sono tutto ciò che questo maledetto virus ti toglie: sono il respiro che ti manca, l’ossigeno che brami, la parola che non riesci a pronunciare, la carezza e il sostegno della tua famiglia lontana, le forze e le energie che ti abbandonano… Sono la tua guarigione».

IL LIETO EPILOGO E LE RACCOMANDAZIONI DELLA NEOMAMMA

«Questo virus bastardo non ha ancora finito di presentarmi il suo conto: ad oggi sono a casa, sono finalmente tra le braccia di mio marito, sto bene, posso parlare, ridere e respirare contemporaneamente, ma non possiamo ancora stringere a noi la nostra piccolina, perché siamo ancora positivi. Ancora per poco, speriamo… Emily, nel frattempo, ne sta approfittando per farsi coccolare e viziare dai nonni paterni. Noi siamo stati miracolati: pur nella difficoltà e nella sofferenza, i pezzettini di questo triste puzzle, alla fine, si sono incastrati perfettamente. Adesso stiamo tutti bene, presto sarà solo un brutto ricordo e potremo essere finalmente insieme. Però voi, vi prego, fate più attenzione: non sottovalutate l’importanza di quell’attimo di distrazione, da cui tutto può partire e tutto può cambiare. Non sottovalutate questo virus perché può essere un bastardo anche con chi è forte e giovane fisicamente e moralmente. Non continuate a lamentarvi delle palestre chiuse, delle scuole chiuse, della DAD, del non poter andare dal parrucchiere, del non poter uscire liberamente la sera. Basta con le opinioni su tutti gli argomenti possibili, non sempre è necessario dover dire la propria. È difficile per tutti questo momento, soprattutto se si hanno delle aziende che non stanno lavorando come prima. Quindi facciamo un po’ di silenzio, asteniamoci dal lamentarci, ringraziamo di più per il dono della salute, diciamoci quanto ci vogliamo bene e quanto siamo grati alla vita, andiamo avanti con coraggio e orgoglio, indossiamo la mascherina, manteniamo le distanze, rispettiamo le regole. Anche questa è vita… È solo per un altro po’…».

Aggiungere altro, da parte nostra, sarebbe più che mai pleonastico: il vissuto e le parole di Monia Romanazzi – che ringraziamo per aver condiviso e argomentato le sue preziose raccomandazioni – riassumono tutto ciò che si dovrebbe tenere a mente in questo momento, in cui la quotidianità sembra scorrere su di un filo sottile, a cui è appeso il destino di migliaia di persone; sottile come il confine che attualmente separa la vita e la morte. Che il vagito di Emily e di altri neonati continui a richiamarci alle nostre più alte responsabilità.

LEONARDO FLORIO

SPECIALE ESTERI



SPECIALE SALUTE