Condannato 53enne accusato di violenze in famiglia

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E’ divenuta definitiva la condanna per maltrattamenti in famiglia, a due anni e due mesi, a carico di M.L., 53enne nato a Gioia del Colle e residente ad Acquaviva delle Fonti, sposatosi con una donna cassanese nel 2003 ma che poco dopo il matrimonio, dal quale sono due figli, si è rivelato un vero e proprio “orco”. Maltrattamenti continui, percosse, umiliazioni e il controllo pressoché totale della vita e delle finanze di sua moglie erano la vita quotidiana della donna, con episodi che a volte coinvolgevano anche i figli minori.

Quattordici anni di vita coniugale scanditi da schiaffi e pugni per una qualunque sciocchezza: dal chiamare il medico per il bambino febbricitante senza il suo consenso a calci nel ventre, anche durante la gravidanza, fino a denigrare e sminuire l’attività professionale della moglie, insegnante, anche dinanzi a terze persone, umiliandola nel voler aspirare ad una vita piena e soddisfacente anche grazie al proprio lavoro ed alla indipendenza economica che invece, secondo il condannato, avrebbe dovuto passare dalle sue decisioni.

Unica àncora di salvezza per la donna, oltre ai figli, il suo coraggio e la propria famiglia d’origine che non ha mancato di supportarla e sostenerla dopo che la stessa ha deciso di denunciare.

Prima il Giudice del Tribunale di Bari in seduta monocratica il 25 marzo 2019 quindi la Corte di Appello di Bari il 14 ottobre dello stesso anno, infine la Corte di Cassazione lo scorso 24 novembre hanno sentenziato a favore della vittima, condannando l’ex coniuge anche al pagamento delle spese processuali ed alla parte civile: la Suprema Corte, infatti, ha ritenuto inammissibile il ricorso, aprendo le porte per il ricorrente alla condanna definitiva.

“Questa donna ha vinto su tutti i fronti: su quello giudiziario ma soprattutto nella vita”: commenta così la sentenza l’avvocata Raffaella Casamassima che ha assistito la donna come legale.

“La sig.ra ha trovato il coraggio di denunciare per riappropriarsi della sua libertà. Ha potuto contare sulla sua famiglia che ha confermato la violenza subita dalla stessa durante il matrimonio, soprattutto psicologica ed economia. Il suo percorso di consapevolezza sull’importanza della denuncia è stato faticoso e frutto di diversi incontri in cui ho rappresentato alla cliente cosa avrebbe comportato denunciare e cosa avrebbe comportato non farlo anche dal punto di vista di una sana relazione padre/ figli.

Un lavoro eccellente ha svolto il centro antiviolenza coordinato dalla dottoressa Lacitignola a cui la donna si è rivolta anche su invito delle Forze dell’Ordine, che ha sostenuto e supportato la donna nelle sue scelte e difficoltà soprattutto nelle fasi più delicate ovvero quello della corsa al pronto soccorso nel bel mezzo della notte a quello dell’allontanamento del marito dalla casa coniugale.

Sul fronte civile abbiamo ottenuto un provvedimento importante del Tribunale per i minorenni di Bari che ha stabilito che la donna è genitrice adeguata ed ha prescritto all’ex marito di intraprendere un percorso presso un centro per maltrattanti al fine anche di strutturare relazioni più sane con i figli. La storia di C insegna che la presa in carico delle donne maltrattate deve essere totale. Tutti gli attori coinvolti (forze dell’ordine, servizi territoriali, legali e famiglia) devono convergere sulla donna e sostenerla nella sua scelta approcciandosi alla stessa in un ottica di genere ovvero con la consapevolezza che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è perpetrata da un uomo nei confronti della donna perché la considera inferiore a sé: è finalmente libera ed è tornata a vivere”, conclude l’avv.ta Casamassima.

“Si è posta la parola “fine” su una storia di violenza in famiglia”, spiega l’avv.to Roberto Lopelli, co-difensore che ha seguito la vittima nel percorso giudiziario.  “Spero che adesso la signora possa ritornare a vivere serenamente, libera da timori e ansie. Le donne non devono avere paura di denunciare perché solo così si può riconquistare la propria dignità e libertà di donna”.

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