SPINAZZOLA, economia della bellezza

8:17 | | No Comment

Dopo vent’anni si è assodato che le miniere di bauxite, geosito testimonianza di archeologia mineraria utile a candidare il Parco dell’Alta Murgia a patrimonio dell’Unesco, non andavano utilizzate, come auspicato da un “lungimirante” sindaco di Spinazzola, come discarica.
L’idea di un sito di sicuro interesse archeologico e patrimonio naturalistico ed identitario del territorio da utilizzare come discarica era stata accarezzata dalla criminalità che nel 2008 dentro le cave aveva scaricato ecoballe eludendo il lavoro della procura di Trani che, con il pm Antonio Savasta, non era riuscita ad individuare responsabili e provenienza dei rifiuti.
Le cave di bauxite, attrattore che richiama visitatori e che il cinema ha usato, facendosi carico dei costi per facilitarne la fruizione, rappresentano una location privilegiata e di forte impatto per esprimere la settima arte.
Ai componenti della troupe del National Geographic arrivati dalla Scozia nel 2019 per filmarle, le cave hanno fornito uno spettacolo del luogo che ha suscitato stupore e meraviglia per  conformazione e colori. Un fascino misterioso e arcano avvolge le miniere, da ultimo riprodotte su  un francobollo con tiratura di 200.000 esemplari.
Quello delle miniere di bauxite tuttavia non è l’unica espressione di bellezza della Murgia spinazzolese, territorio tra i più suggestivi dell’area protetta ma poco conosciuto. Ed infatti sulla collina opposta alle miniere di bauxite vi sono testimonianze del carsismo e della Storia, quella che merita la “S” in maiuscolo, che, pur nella trascuratezza politica e culturale di tanto considerevole patrimonio, fanno del luogo un unicum di sicuro interesse non solo locale e regionale ma internazionale.
Tutta la zona prende nome di “località Cavone” in ragione della presenza di una dolina di 20 metri in cui si trova una voragine che raggiunge l’abisso ad una profondità di 90 metri, classificata PU_21 nel catasto delle grotte naturali della Puglia. Rilevata nel 1919 da Carmelo Colamonico, è meta di formazione di speleologi, come quelli del Gruppo Speleologico Ruvese (GSR) e del Centro Altamurano Ricerche Speleologiche (CARS), ma andrebbe ripulita completamente dalle autovetture fatte cadere giù dalla criminalità nel corso degli oltre venti ultimi anni.
Poco distante dalla voragine, nel 2006, su scoperta e segnalazione dello scrivente alla Soprintendenza, l’Università di Pisa ha approfondito i suoi studi su un’area archeologica risalente all’età del Bronzo e soprattutto su un giacimento di incisioni risalente all’età dei Metalli – Riparo del Cavone – l’unico “racconto” dell’uomo rappresentato con figure antropomorfe, zoomorfe e simboli: tra le numerose ipotesi sul loro significato le più accreditate riguarderebbero la rappresentazione di una cerimonia, oppure quella di una scena di caccia o di un sacrificio, oppure, ultima supposizione, le incisioni riprenderebbero una scena di guerra.
Ad oggi, questo luogo così carico di tracce paradossalmente non è sottoposto a tutela e non è menzionato, a dispetto del suo valore antropologico, anche rispetto a incisioni simili attestate solo in Spagna.
Detto questo, ecco una proposta che potrebbe sembrare bizzarra, ma che in realtà trova applicazione in altre aree protette: unire le due colline con un ponte tibetano – nel suo genere sarebbe unico in Italia – che permetta così, in un unico percorso fruibile, di passare dalle attestazioni dell’archeologia mineraria a quella della preistoria e a quelle del carsismo formatosi in età cenozoica.
Il ponte si aggiungerebbe ai sei ponti tibetani più spettacolari e di forte richiamo turistico già presenti in Italia: il ponte di Cesana Claviere (Piemonte) attualmente il più lungo al mondo con 468 metri di lunghezza, 35 di altezza, quello della Luna, lungo 95 metri a 30 di altezza e quello della Gravina entrambi in Basilicata insieme ai due ponti in Veneto, quello della Valsorda lungo 52 metri, largo 70 centimetri, corrimano a 120 centimetri, a doppia percorrenza e il sentiero ferrato Ivano Dibona di soli 27 metri nello scenario delle Dolomiti e il ponte nel Cielo, in Valtellina, il più alto d’Europa 140 metrilargo un solo metro che si distende per una lunghezza di 234 metri.
La Murgia di Spinazzola, nel rispetto dell’area protetta, potrebbe davvero diventare un luogo di grande attrazione e potrebbe rappresentare una significativa opportunità di sviluppo. Ovviamente non prima di procedere a riportare in luce completamente il sito dell’età del Bronzo, tutelare le incisioni rupestri, mettendo in maggiore sicurezza l’inghiottitoio, magari con la realizzazione, lungo il percorso, di un orto botanico con piante spontanee del promontorio.
Solo per fare un esempio, in Basilicata a Pietrapertosa e Castelmezzano dove si pratica “il volo dell’angelo” che unisce le due località l’esperienza suggestiva, di richiamo nazionale, si completa con escursioni storico-naturalistiche.
Spinazzola, Parco dell’Alta Murgia, Regione Puglia proprietaria del sito, per non restare ferme alle miniere di bauxite potrebbero attuare questo progetto, potrebbero cioè investire su ponti per sconfiggere limiti, barriere, isolamento, per la valorizzazione del territorio e del fare impresa. La speranza è che non si debbano attendere vent’anni per percepirne la portata e per riconoscere il valore e le potenzialità del territorio su cui si mettono i piedi, di quelle pietre, segni lasciati dall’uomo e dalla natura su cui guardare dall’alto.

COSIMO FORINA

SPECIALE ESTERI



SPECIALE SALUTE