“PEPPINO E IL TESORO DEI BRIGANTI”
(martedì 17 agosto, piazza A. Moro, ore 20.30)
“Stava na volta nu re, na regina, nu principe, na principessa… Gira e volta, gira e volta. Stava na volta na collina, stava na volta nu brigante, stava na volta nu tesoro, stava na volta e mo’ non ci ste chiù”.
“Peppino e il tesoro dei briganti” ci racconta di tanto tempo fa quando, non essendo più alto del bastone che suo nonno usava per raccogliere la frutta, Peppino trascorreva l’estate dai nonni, in campagna, tra la menta e il rosmarino. “Quando il tempo era un altro tempo e non aveva bisogno di tempo perché aveva tutto il tempo di cui aveva bisogno”. Un tempo in cui le giornate procedevano lentamente e a contatto con la terra, a piedi nudi, tra la voce di latte e miele della nonna Filomena che risuonava fra le lenzuola gonfiate dal vento di tramontana, come nuvole leggere, e i racconti di nonno Peppe su banditi, re, regine, cavalieri e lupi che Peppino ascoltava al fresco della pergola d’uva del piazzale, tra il ronzio delle api nei gelsomini. Uno spettacolo teatrale che, come nella narrazione epica, non mostra, ma evoca; uno spettacolo fatto di voci, gesti e musica che lascia lo spazio all’immaginazione nel tentativo di elaborare un mondo, quello narrato, e farlo proprio. In “Peppino e il tesoro dei briganti” le rocambolesche avventure del brigante Capatosta si intrecciano con quelle di Peppino e di suo nonno; sono storie della terra in cui sono cresciuti, di ulivi e ginestre tra masserie, tratturi e muretti a secco; storie di un bosco quello poco distante dalla casa dei nonni in cui Peppino si perdeva andando a caccia di lucertole e tesori, senza sapere che il tesoro più grande era tutto intorno a lui, ovunque camminasse….
Lo spettacolo racconta dell’amore per la terra; un amore, tramandato di generazione in generazione, attraverso “la pratica dell’aver cura” ed il piacere di raccontare storie; un amore nei confronti di quella terra che costituisce la nostra identità e che non conosciamo più perché sta scomparendo. Il nostro legame con la terra è molto cambiato; prendere contatto con essa sembra ormai un concetto labile, lontano, quasi esotico. Ma cosa succede quando perdiamo il contatto con le nostre radici, con la nostra storia, con la concretezza, con il saper fare, con la memoria di quello che eravamo ? Rischiamo di non sapere più chi siamo e di non essere in grado di definirci se non in modo astratto ed effimero. Noi, la nostra generazione e quelle prima della nostra, abbiamo avuto la fortuna di vivere odori, suoni, rapporti che i nostri figli forse non potranno mai conoscere. Si è deciso allora di raccontare di Terra, della nostra terra per evocare, far nascere una curiosità, un desiderio, raccontare di un bosco e dei suoi odori, di una collina, di un nonno che sapeva tutto dove fare l’orto, dove piantare un albero o le patate e nonché della sua saggezza che trattava la terra con rispetto “…che la terra ha bisogno solo di pazienza, di lavoro e di rispetto, come le storie…”, raccontare di un bambino e la sua incontenibile curiosità per recuperare il piacere di avere cura e rispetto di noi e di tutto ciò che ci circonda.
“Peppino e il Tesoro dei Bringanti” è vincitore del Premio EarThinkFestival 2016.
“ZHORAN”
(mercoledì 18 agosto, piazza A. Moro, ore 20.30)
Zingari. Zingari. Zingari: ladri, vagabondi, bugiardi, fratelli del vento… Quante cose si dicono sugli Zingari ! E quante storie, quanti miti e quante leggende esistono sugli Zingari ! Rom, Kalè, Sinti, Caminanti, Manuche, Gipsy, Gitani. Quanti sono gli zingari? Alcuni sostengono che siano stati loro a fabbricare i chiodi della croce di Cristo e che per questa ragione la loro genia sia maledetta e costretta a viaggiare per l’eternità. Altri, invece, sostengono che siano i discendenti della stirpe di Caino, padre dei suonatori di flauto e tamburo. Ma chi maledice ? Chi odia ? E perché ? Le tesi più accreditate fanno risalire l’inizio del loro lungo esodo al Medioevo, quando l’intera popolazione di una zona dell’India Nord Occidentale cominciò la sua migrazione per ragioni non accertate. Da allora, chiamati in diversi modi, gli zingari hanno continuato a viaggiare in un lungo e in largo per il mondo, per lo più scacciati, in un lungo e infinito vagabondare fatto di ricerca di possibilità, ma soprattutto di discriminazione, emarginazione e persecuzione fino alla più atroce ed insensata barbarie della storia recente dell’uomo, quale quella dello sterminio nei campi di deportazione nazisti, nel corso della quale migliaia di zingari furono uccisi nei campi di sterminio.
Ma cos’è un uomo? La razza ? Il pregiudizio ? Chi ha Creato il mondo? E come ? Accompagnato dalla fisarmonica del suo amico Borhat con le melodie, i ritmi e le armonie della tradizione Rom e Balcanica, Zhoran, lo zingaro, cerca di rispondere a queste domande raccontando storie. Solo storie, senza pretesa di verità. E con il suo violino narra di come uno zingaro aiutò Dio a creare il mondo; di come uno zingaro vinse il violino al Diavolo; di come gli Zingari si dispersero sulla terra… Le storie di Zhoran sono la conoscenza della cultura orale che, tramandata di generazione in generazione, è sopravvissuta al tempo e a chi ha sperato di sopprimerne la radice.
Lo spettacolo è una narrazione che intreccia storie, tratte dalla tradizione Rom, con storie ispirate ad essa (riscritte o reinventate), com’è nella natura del raccontare, intervallandole con riflessioni filosofiche e ironiche, sulla diversità e sull’uomo. Uno spettacolo sarcastico e divertente che con leggerezza ci aiuta a chiederci chi è l’altro diverso da noi.
Entrambi gli eventi sono promossi dall’Associazione “Primule Rosse” e rientrano nell’ambito del programma “Estate Cassanese 2021”. Ringraziamo sentitamente l’amministrazione comunale, gli sponsor “Cantine Lanzolla” e “Studio Commerciale-Tributario Arganese” per averci dato la possibilità di realizzarli e senza dei quali i nostri sforzi sarebbero stati titanici, nonché Apulia Country per averci dato una mano nella loro promozione.