I sottoscritti consiglieri comunali Donato Massimo Colacicco, Maurizio Liuzzi, Filippo Martucci, Rosario Milano, Donato Paradiso e Filomena Pavone
PREMESSO
che la situazione creatasi in Afghanistan a seguito della fine della missione di pace internazionale e la riconquista del potere da parte dei Talebani, ha messo in evidenza la fragilità degli interventi degli ultimi vent’anni che hanno dato l’illusione al popolo afghano di poter vivere in uno stato di diritto, per poi ritrovarsi in un contesto di violazioni dei diritti fondamentali, soprattutto delle donne e delle fasce più vulnerabili della popolazione;
che oltre 80 associazioni di donne e del terzo settore, sin dall’inizio di questa crisi, hanno deciso di mobilitarsi concretamente per incoraggiare le istituzioni italiane ad aprire corridoi umanitari il prima possibile, ad attivare un dialogo con gli enti locali, andando oltre le diatribe politiche che caratterizzano il tema migrazioni da sempre, con un’attenzione particolare al mondo dell’ istruzione e della formazione di bambine e donne e alle attiviste che si sono spese in questi anni a Kabul e in altri territori del paese mediorientale;
che lo Stato Italiano si è impegnato nell’accoglienza “non solo di tutti coloro che hanno cooperato con il nostro contingente, ma anche di quelli che si sono esposti in questi anni in difesa delle libertà fondamentali e dei diritti civili per mantenere un faro acceso sull’Afghanistan e fare di tutto per salvaguardare quanto conseguito in vent’anni di presenza nel Paese” (dichiarazioni del sottosegretario Della Vedova - nota Farnesina del 19/08/2021);
che l’ANCI, per voce del suo delegato all’immigrazione, il sindaco di Prato Matteo Biffoni, in data 17 agosto 2021 dichiarava: “I sindaci italiani sono pronti a fare la loro parte nell’accogliere le famiglie afghane (…) soprattutto donne e minori” e che, come scritto in una sua nota al ministero dell’Interno, i comuni italiani sono pronti ad ampliare la rete SAI (sistema di accoglienza e integrazione);
che diversi comuni, anche pugliesi, hanno sin da subito individuato luoghi e modalità di accoglienza per un determinato numero di profughi e che l’amministrazione comunale di Gioia del Colle non ha preso alcuna posizione sull’argomento.
TENUTO CONTO
che a Gioia del Colle sono presenti diverse realtà che a vario titolo operano in questo ambito (“Incontrarsi a Sud”, il Cav, strutture di accoglienza di donne sole o con minori) che, previa verifica di eventuali fondi dedicati, potrebbero garantire l’accoglienza dei profughi;
che questa emergenza non è, e non sarà, un caso isolato e che un eventuale intervento in questo frangente potrebbe anche diventare un modello per un sistema integrato e controllato di accoglienza e rendere Gioia del Colle: “Città dell’accoglienza”, come già accaduto negli scorsi anni con il progetto CAS (centro accoglienza straordinario);
che le istituzioni non possono rimanere indifferenti alle notizie e alle immagini degli orrori perpetrati ai danni di civili inermi.
IMPEGNANO L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI GIOIA DEL COLLE
1. a rispondere agli appelli dell’ANCI, della Farnesina e della comunità internazionale tutta, rispetto al tema dell’accoglienza diffusa dei profughi afghani, e a provvedere ad una conseguente e chiara campagna di comunicazione;
2. a verificare con i funzionari preposti, l’assessore di riferimento e i soggetti del terzo settore che collaborano già con questa amministrazione, la fattibilità di un progetto di accoglienza e le modalità organizzative (individuazione sedi, raccolte fondi specifiche, istituzione registro famiglie disponibili ad accogliere);
3. ad organizzare eventi di divulgazione e sensibilizzazione intorno alla situazione afghana attuale e futura.