Perché intitolare un giardino a Elisa Springer

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“di dolcissimo odor mandi un profumo che il deserto consola” è un verso de “La Ginestra”, la lirica che il Leopardi scrive nel 1836 e nella quale, riflettendo sulla condizione umana, invita gli uomini a stringere legami sociali di solidarietà contro la forza devastatrice della natura, fonte della sofferenza umana.

Il paesaggio desertico e minaccioso (il paesaggio è quello del Vesuvio) rappresenta la ferocia della natura mentre la ginestra, fiore gentile, sparge il suo profumo ovunque e, umilmente, si piega alla lava quando giungerà nuovamente con la sua furia distruttrice.

La ginestra è dunque il fiore che, non a caso, abbiamo scelto di piantare qui in quest’area perché è tipico della macchia mediterranea e perché cresce sui terreni ostili e privi di vegetazione. E per terreno, intendo, non quello fisico, naturale, fatto di terra e sassi, ma in senso metaforico, il terreno umano, cioè quel substrato culturale privo di valori identitari come il rispetto della dignità della persona (III art. fondativo della nostra Costituzione che, non casualmente, nasce dal fascismo) che fa sì che si abbiano conflitti, violenze e sin anche la shoah, ad una cui vittima, Elisa Springer, oggi, intitoliamo l’area.

Perché cos’è stata la shoah se non un’atroce e brutale violazione della dignità della persona?  Sistematicamente e scientemente perpetuata a danno di ebrei, zingari, oppositori politici e omosessuali; in altre parole uomini, donne e bambini.

Ed è per questo che abbiamo trasformato un’area degradata e abbandonata in un giardino: per coltivare un terreno, quello culturale, umano, in cui, nutrendo il rispetto della dignità della persona, si sia capaci, noi uomini, di stringere legami sociali di solidarietà mentre tu, “odorata ginestra”, “queste campagne dispogliate adorni”.

Ass. “Primule Rosse”

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