Ucraina, il doppio binario

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I negoziati tra Kiev e Mosca e il vertice in Italia tra Usa e Cina

In queste ore la diplomazia è al lavoro per tentare la mediazione sulla guerra in Ucraina. Due i fronti aperti: sono iniziati e in corso, infatti, i negoziati in video conferenza tra le delegazioni di Ucraina e Russia, mentre a Roma è cominciato alle 10,30 l’incontro tra i delegati di Usa e Cina, Jack Sullivan e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi. 

Negoziati Kiev-Mosca

Secondo Ihor Zhovkva, vice capo dell’ufficio del presidente ucraino Zelensky, ci sarebbero dei cambiamenti nei colloqui ritenendo la posizione di Mosca più costruttiva di quanto non lo fosse in precedenza. “Invece di darci un ultimatum o linee rosse o chiedere all’Ucraina di arrendersi, ora sembrano avviare negoziati costruttivi“, ha detto a a Radio 4’s Today, secondo quanto riportala Bbc. 

“Le parti stanno esprimendo attivamente le proprie specifiche posizioni. La comunicazione è trattenuta ma è difficile. La ragione della discordia sono i sistemi politici troppo diversi. L’Ucraina è per un dialogo libero all’interno della società e un consenso obbligatorio. La Russia dà ultimatum”. Così su Twitter Mikhailo Podolyak, portavoce del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, mentre sono in corso i colloqui Ucraina-Russia.

Secondo Podolyak il quarto round di colloqui si starebbe concentrando:

  • Sul cessate il fuoco
  • Sul ritiro delle truppe russe e sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina.

Podolyak ha ribadito la posizione dell’Ucraina secondo cui i suoi negoziatori si rifiuteranno di iniziare a discutere la forma delle relazioni future con la Russia fino a quando Mosca non accetterà prima un immediato cessate il fuoco.

Vertice Usa-Cina a Roma

Iniziato l’incontro a Roma tra i delegati di Usa e Cina, con il faccia faccia tra il consigliere alla Sicurezza nazionale americano Jack Sullivan e il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi. La location scelta sarebbe il Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotel, nel quartiere Monti. Il colloquio tra i due ha avuto inizio intorno alle 10.30 e, a quanto si apprende, non è previsto nessun punto stampa. All’incontro, a porte chiuse, sono stati ammessi solo un fotografo americano e uno cinese. 

Prima dei colloqui, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan ha avvertito la Cina di evitare di aiutare la Russia a eludere le sanzioni imposte dall’Occidente. Lo statunitense intende aprire un canale con Pechino per “una forte risposta internazionale e per delineare una strategia di sicurezza globale”. Al centro del colloquio anche il peso delle sanzioni, che la Cina ha criticato duramente e che gli Usa intende incrementare, mettendo in guardia chiunque aiuti Putin a evitarle. Sullivan cercagli Stati Uniti per spingere Pechino a far pressing su Mosca. 

Intanto alla vigilia del vertice c’è stata una nuova frizione tra i due Paesi.  La Cina ha accusato gli Stati Uniti di “disinformazione” dopo i rapporti di stampa secondo cui la Russia, per l’invasione dell’Ucraina,  vrebbe chiesto aiuto al gigante asiatico a livello militare ed economico. Secondo il ministero degli Esteri di Pechino, riporta il Global Times, la “parte statunitense avrebbe diffuso disinformazione contro la Cina sulla questione ucraina con intenzioni sinistre”. La diplomazia cinese ribadisce la sua posizione sul “ruolo costruttivo” per “promuovere colloqui di pace”.

Slitta a domani alle 8.30 a Palazzo Chigi l’incontro tra il consigliere diplomatico di Mario Draghi e Sullivan. Mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha apprezzato il vertice tra i due paese: “Se Stati Uniti e Cina stanno parlando dell’Ucraina, vuol dire che sta andando avanti quella linea che noi come governo italiano stiamo incoraggiando in tutte le sedi”.

Jack Sullivan

Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza statunitense è considerato una stella nascente del panorama politico democratico: è stato definito da Joe Biden, “una mente più unica che rara” e da Hillary Clinton, “un potenziale futuro presidente degli Stati Uniti”. Ad appena 45 anni, ha un curriculum folgorante: è stato consigliere presidenziale di Biden, Clinton e Obama, ed è diventato il ‘braccio destro’ dell’ex senatrice quando lei divenne segretario di Stato nel 2009 dopo aver perso la sua battaglia interna contro Obama; nel 2013, è salito nei vertici dell’establishment democratico divenendo consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vicepresidente Joe Biden e uno degli uomini di maggiore fiducia nel suo entourage. È il suo ‘alter ego’, con la missione quotidiana di gestire un tentacolare apparato di sicurezza. Una figura che è stata appena un po’ offuscata dalla caotica uscita dall’Afghanistan, quella che il senatore Mitt Romney, “un disastro straordinario dall’inizio alla fine”. Giovane funzionario, Sullivan è stato uno dei capisaldi nei negoziati che portarono, nel 2015, all’accordo che gli Stati Uniti e le altre cinque potenze mondiali firmarono con l’Iran nel 2015, quando al regime degli ayatollah venne offerta la revoca delle sanzioni economiche in cambio dello stop alle sue attività nucleari, per allentare le minacce alla pace mondiale. Con la Cina sembra avere una posizione più intransigente e ha già incontrato Yang: l’ultima volta faccia a faccia, risale a ottobre, in un incontro di sei ore in Svizzera che ha aperto la strada all’incontro virtuale Biden-Xi a novembre.

 Yang Jiechi

Una carriera al ministero degli Esteri, e oggi a capo della Commissione Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, Yang Jiechi, 71 anni, nativo di Shanghai, è il diplomatico di più alto livello della Cina. Dal 2017, Yang è uno dei 25 membri del Politburo, l’Ufficio Politico del Comitato Centrale del Partito Comunista, di cui fa parte lo stesso segretario generale del partito, Xi Jinping. Yang è in una posizione più alta di quella del ministro degli Esteri, Wang Yi, anch’egli, come Yang, consigliere di Stato. Il suo ruolo di mediatore nei difficili rapporti con gli Stati Uniti è venuto a galla in più occasioni, e soprattutto nell’ultimo anno, quando ha partecipato direttamente ai colloqui con le sue controparti Usa. Yang è un veterano dei rapporti con gli Stati Uniti, fin dai primi passi delle relazioni bilaterali. Negli anni Ottanta era tra i funzionari dell’Ambasciata cinese negli Usa, aperta ufficialmente nel 1979, con l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra Pechino e Washington, e poi ancora negli anni Novanta, quando è stato vice ambasciatore cinese a Washington. Yang è anche stato interprete per Deng Xiaoping: una foto lo ritrae durante un incontro tra Deng e l’allora presidente Usa, George H.W. Bush, a febbraio del 1989, solo poche settimane dopo l’insediamento di Bush senior alla Casa Bianca. A Pechino, ha scalato le posizioni nel ministero degli Esteri fino a diventarne ministro, nel 2007, carica che ha mantenuto fino al 2013.

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