Favorire l’integrazione dei minori scappati dall’orrore della guerra attraverso la pratica sportiva, l’amicizia e il “fare squadra”. E’ l’impegno di Sport Senza Frontiere che dal 2011 sostiene la crescita di ragazzi in condizioni di svantaggio sociale. In occasione della Giornata internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace 2022, l’organizzazione lancia l’iniziativa “Sport di Prima Accoglienza” e una campagna raccolta fondi per quanti vorranno contribuire al progetto.
Lo sport può esercitare nel mondo una forte influenza nel favorire la riconciliazione e promuovere società più pacificate, per questo Sport Senza Frontiere vuole essere in prima fila nella battaglia per i diritti e per l’accoglienza. Nell’attuale contesto caratterizzato dalla guerra in Ucraina e dall’arrivo anche in Italia dei profughi, l’associazione si è mobilitata attraverso uno specifico programma per sostenere i bambini e i ragazzi giunti tramite i corridoi umanitari. “Sport di Prima Accoglienza” è il nome dell’intervento attivo già a Roma, Milano e Napoli, ma che si diffonderà presto in tutta Italia, con l’obiettivo immediato di raggiungere almeno un centinaio di minori. Consiste nell’inserimento dei giovani ucraini nelle tante società sportive che si sono rese disponibili a seguirli, offrendo loro anche un supporto psicologico e l’assistenza di un tutor come riferimento di fiducia per il minore e intermediario con la famiglia.
Lo sport, un contributo prezioso all’accoglienza
“Assicurare un futuro sostenibile e pacifico per tutti: il Contributo dello Sport”. È questo il tema attorno a cui ruota l’edizione 2022 della Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace che si celebra ogni 6 aprile. Un tema quanto mai attuale, dice ai nostri microfoni Sandro Palmieri, direttore generale dell’associazione Sport Senza Frontiere, sottolineando come la fuga dalla guerra, la perdita di legami e di riferimenti, la paura per sé e i propri cari, l’approdo in un Paese sconosciuto dopo viaggi estenuanti, siano tutti fattori che creano disorientamento a cui è necessario dare risposte adeguate:
Sandro Palmieri, dall’inizio della guerra in Ucraina, Sport Senza Frontiere si è attivato dando il via ad un intervento di emergenza che avete chiamato “Sport di Prima Accoglienza”, ci spiega in che cosa consiste questo progetto?
Sport Senza Frontiere da 11 anni si occupa di accessibilità alla pratica sportiva in favore di bambini e ragazzi in condizioni di svantaggio sociale per favorire l’integrazione e l’inclusione sociale, per cui come associazione ci siamo posti il problema di come rispondere all’emergenza scaturita dalla guerra e di come dare anche noi il nostro contributo. Abbiamo pensato allora di offrire quello che sappiamo fare, cioè di utilizzare lo sport come strumento di integrazione ed inclusione e, in questo caso, di accoglienza. Il progetto “Sport di Prima Accoglienza” consiste nell’inserire in corsi sportivi, già esistenti presso le associazioni iscritte alla nostra rete solidale, i bambini e i ragazzi che sono arrivati in Italia. Abbiamo fatto un appello alle nostre associazioni sportive partner che hanno risposto con grande generosità.
Sono già stati avviati casi di inserimento? Come si stanno integrando i bambini?
Sì, alcuni sono già stati attivati, nel territorio romano già stiamo inserendo i primi 26 bambini e ragazzi. Molti di loro già praticavano un’attività sportiva in Ucraina, per cui abbiamo anche cercato di inserirli in quelle discipline che già praticavano: calcio, ping pong, basket, pallavolo. L’inserimento sta andando molto bene, le famiglie sono molto felici e anche grate e, accanto a questo, cerchiamo anche di dare loro un minimo di sostegno e di supporto psicologico. Li forniamo del kit sportivo e soprattutto, attraverso i nostri tutor, i nostri educatori, cerchiamo di creare quel legame che, in questo momento, è molto importante almeno per alleviare un po’ il trauma così forte subito da questi minori.
Come stanno i bambini? Quali sono le loro reazioni e i loro racconti?
Come potete immaginare, i bambini non parlano la lingua italiana, però quello che possiamo dire è che, nonostante la forte barriera linguistica, hanno preso parte agli allenamenti e si stanno integrando bene. Per superare la difficoltà della lingua stiamo anche attivando un servizio di mediazione culturale.
Quando si parla di sport, specie in Italia, si pensa soprattutto al calcio, lei ha citato anche altre discipline sportive, però si tende più a vedere lo sport come una cosa per maschietti. Insomma, anche le ragazze troveranno altrettante opportunità sportive?
Certamente, ad esempio, abbiamo attivato corsi di atletica leggera e corsi di ginnastica artistica, non c’è solo il calcio. Come è nella filosofia di Sport Senza Frontiere si cerca di valorizzare tutte le discipline sportive perché ogni disciplina è una ricchezza all’interno della pratica sportiva. Proprio perchè ognuna valorizza alcune competenze piuttosto che altre, una cosa bella è proprio che i bambini e i ragazzi in Sport Senza Frontiere praticano un’ampia gamma di discipline sportive.
Non sappiamo quanto durerà questa guerra, quanto si fermeranno le famiglie e i bambini ucraini in Italia. Ma voi avete già preso un impegno, quello di stare accanto a loro anche durante l’estate. Con quali iniziative?
Noi, infatti, ci siamo già posti il problema del periodo estivo che potrebbe essere un periodo di solitudine e di isolamento, per cui stiamo organizzando, insieme alle società sportive, dei particolari centri estivi chiamati Joypoint in diverse città e anche dei campi residenziali, i Summer camp, sia a Leonessa nel Lazio, sia in Val d’Aosta a Gressoney-Saint-Jean. Saranno campi estivi settimanali a cui non parteciperanno solo i bambini ucraini, ci saranno ovviamente anche gli altri bambini di Sport Senza Frontiere e anche questo sarà un momento di integrazione, faremo laboratori di espressione corporea, di educazione alimentare e ambientale oltre, ovviamente, a tutte le attività correlate allo sport.
Immagino che i bambini ucraini potranno aderire a queste iniziative a titolo gratuito…
Certamente, ed è per questo che in questo periodo stiamo anche lavorando a una campagna di raccolta fondi, per poi dare sostenibilità a questa iniziativa. Sul sito di Sport Senza Frontiere si possono trovare tutte le informazioni necessarie per poter sostenere e contribuire alla realizzazione dell’accoglienza e di tutti questi progetti.
Il tema della Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace di quest’anno è: “Assicurare un futuro sostenibile e pacifico per tutti: il Contributo dello Sport”. E’ un titolo che era già stato pensato prima di questa guerra?
In effetti, è un titolo molto attuale, noi pensiamo che lo sport abbia veramente questa capacità di unire persone, bambini e ragazzi di mondi diversi e di culture diverse. Penso che proprio in questo periodo il titolo della Giornata mondiale sia molto molto appropriato perchè lo sport praticato, non solo in maniera agonistica, che comunque è un elemento assolutamente caratterizzante della pratica sportiva, abbia un grosso potere e cioè quello di far sentire le persone parte di una squadra e questo, a mio avviso, è qualcosa di molto importante, soprattutto in questo tempo in cui le relazioni sociali si sono frammentate a causa di un forzato isolamento. In questo senso, penso che lo sport possa rivestire sicuramente un’opportunità educativa importante, al di là dei benefici di benessere psicofisico, anche proprio nel senso di non lasciare indietro nessuno.
Tutto questo mi pare in linea con quello che il Papa dice spesso, proprio sottolineando quanto sono preziosi i valori dello sport. Francesco ha avuto tanti incontri con squadre, associazioni sportive…
Sì, ha incontrato anche noi e ha fatto una foto con la maglietta di Sport Senza Frontiere. Papa Francesco crede molto in quello che stiamo dicendo. E sono tantissime le richieste, da parte di associazioni che lavorano nel campo dell’ accoglienza dei profughi che vengono dall’Ucraina, di presa in carico di questi ragazzi, perché in questo periodo è molto importante stare loro vicino, offrire spazi di gioco, di pratica sportiva e di socializzazione. Pensiamo che questa attività possa veramente dare un contributo importante per sanare i traumi che purtroppo hanno vissuto a causa della guerrra.
Adriana Masotti – Città del Vaticano