“Yacht oligarchi? Si potrebbero demolire”

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Mentre l’Ue mercoledì prossimo si confronterà sul sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, l’Italia si scontra con le conseguenze del congelamento dei beni degli oligarchi, in particolare i super yacht. Il Governo sta valutando un investimento di 10 mln necessari a far fronte ai costi di gestione e ad un aggiornamento del decreto legislativo 109/2007, la normativa che attua le sanzioni disposte dall’Ue, per non far ricadere sul bilancio dello Stato i costi dei beni degli oligarchi.

Secondo Giuseppe Loffreda, uno dei massimi esperti italiani in diritto marittimo e della navigazione “discutere come in questi giorni di modifiche legislative al dlgs 109 del 2007 ha poco senso: nell’articolo 12 è già previsto tutto e tra l’altro il diritto di ritenzione dei beni è sancito dal Codice civile, articolo 2756. Nel quadro attuale una soluzione possibile per limitare i danni potrebbe essere quella di mandare gli yacht in demolizione. Se fatto subito, interromperebbe il processo di deterioramento e il rilevante dispendio di denaro per la loro conservazione e manutenzione cui si stanno facendo carico l’Agenzia del Demanio e i bilanci dello Stato”.

“Venderli o darli in charter sembrano soluzioni irrealizzabili; chi si comprerebbe yacht di quel tipo, super customizzati e per di più di proprietà di un oligarca russo soggetto a misure di congelamento che scaturiscono da provvedimenti dell’Ue volti a prevenire, contrastare e reprimere l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale? Nessuno. Non hanno praticamente mercato”, spiega all’Adnkronos il giurista, founding partner dello studio Legal4Transport Lo stesso vale per l’affitto: “la soluzione del charter mi sembra impraticabile – prosegue – Con quale spirito rilassato un cliente spenderebbe centinaia di migliaia o milioni di dollari a settimana per trascorrere una vacanza sullo yacht di un oligarca che sa che stai dormendo nella sua cabina? Non sono ipotesi realistiche. Sono yacht invendibili e non charterizzabili, a mio parere”.

Ed è ormai troppo tardi per ordinarne l’espulsione dalle nostre marine e acque territoriali, “essendo pure senza bandiera (sarebbero stati cancellati dai registri di iscrizione, Cayman Island o Grenadine) e senza idoneo equipaggio a bordo. Avremmo dovuto pensarci prima – commenta il giurista – Invece di sottoporre gli yacht a misure di congelamento, avremmo forse potuto fin dall’inizio emettere un ordine di espulsione, ordinare ai comandanti di togliere gli ormeggi e di portare i super yacht fuori dai porti/Marina italiani, in analogia con quanto è poi stato fatto per le navi commerciali ‘battenti bandiera russa’, a cui è stato ordinato di lasciare i porti e le acque territoriali dell’Ue con divieto di farvi ritorno”.

Loffreda continua: “Abbiamo giustamente seguito a ruota i provvedimenti dell’Unione europea, applicando una legge del 2007 nata per contrastare il finanziamento del terrorismo e l’attività dei paesi che minacciano la pace internazionale in attuazione di una direttiva del 2005. A questo punto, la soluzione potrebbe essere quella di mandarli alla demolizione per essere riciclati, anche provando a venderli al cantiere demolitore”. Con demolizione e riciclaggio che “andrebbero fatti subito perché questi yacht, e le navi in generale, se non utilizzati giorno per giorno si deteriorano e perdono valore. Un super yacht – fa presente l’esperto – è ben altra cosa di una villa sul lago di Como”.

Loffreda riferisce che “proprio questa mattina sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata la Decisione di esecuzione (Ue) 2022/691 della Commissione del 28 aprile 2022 che modifica la decisione di esecuzione (Ue) 2016/2323 istituente l’elenco europeo degli impianti di riciclaggio delle navi. L’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (Ue) numero 1257/2013, impone agli armatori (in questo caso identificabile nell’Agenzia del Demanio) di garantire che le navi destinate ad essere riciclate lo siano unicamente negli impianti di riciclaggio inclusi nell’elenco europeo. Il nuovo elenco include, tra gli altri, un impianto di riciclaggio anche in Italia. Il ricavato della demolizione, al netto delle spese sostenute fino a quel momento dall’Agenzia del Demanio, verrebbe quindi depositato su un conto corrente vincolato in attesa della eventuale revoca dei provvedimenti di congelamento, a norma dell’articolo 12 del Dlgs 109/2007”. Servono interventi legislativi per la demolizione? “No – risponde – basterebbe applicare estensivamente l’articolo 12, punto 17, del citato Dlgs 109”.

(di Roberta Lanzara)

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