Volerà a Washington martedì mattina il premier Mario Draghi, per la prima visita alla Casa Bianca nelle vesti di presidente del Consiglio. Una visita che arriva a poco più di sei mesi da quella del presidente americano Joe Biden a Roma, quando i venti di guerra spiravano sull’Ucraina ma in pochi credevano che il conflitto, con la sua scia di vittime e sangue, sarebbe davvero esploso e in tutta la sua ferocia e drammaticità. E’ il terzo faccia a faccia tra i due, dopo quello a Carbis Bay, dove entrambi volarono per il G7 organizzato da Boris Johnson, e i lavori del G20 di Roma, quando i big del mondo vennero immortalati tra i medici e gli infermieri impegnati nella lotta al Covid. Il peggio sembrava alle spalle, la guerra doveva ancora deflagrare.
L’ultimo incontro tra Draghi e Biden è a Bruxelles, a margine dei lavori Nato e del Consiglio Ue: l’agenda interamente occupata dalla crisi ucraina e dall’emergenza energetica, con gli States in campo per tendere la mano all’Europa. Il mondo è cambiato in appena una manciata di mesi. Draghi arriva a Washington in una fase di riassetto degli equilibri globali, in cui si discute della leadership internazionale degli Usa -Biden ha davanti a sé le elezioni midterm e le presidenziali del 2024- della tenuta e del rafforzamento dell’Europa, che Mosca punta a spaccare, della solidità del legame transatlantico, a maggior ragione di fronte a un conflitto che non accenna a finire.
L’ex numero uno della Bce – ”the unitalian’ per gli americani proprio per quel sembrare, quanto meno ai loro occhi, così poco italiano – arriva negli States mentre il conflitto in Ucraina crea divisioni nella sua stessa maggioranza. Ma approda a Washington forte del percorso portato avanti sin dall’inizio del suo mandato, con un deciso ancoraggio all’alleanza transatlantica e il progetto europeo da portare avanti con fermezza. A Biden ribadirà che la posizione italiana non è in discussione, per quanto riguarda la politica estera e la guerra in Ucraina così come per la lealtà agli alleati. “Non si vuole la guerra, non si vuole un’escalation, ma nessuno vuole abbandonare l’Ucraina”, ribadirà come fatto nell’ultima conferenza stampa a Roma, ricordando che “riusciamo ad avere la pace solo se l’Ucraina può difendersi”. Forte del sostegno prestato a Kiev dall’Italia, della posizione netta tenuta dal nostro Paese sulle sanzioni -in un momento in cui Bruxelles tentenna- Draghi è pronto a rivendicare un ruolo centrale per l’Europa e per l’Italia nella costruzione di un processo negoziale che porti alla pace.
“L’Italia, come Paese fondatore dell’Unione Europea, come Paese che crede profondamente nella pace, è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica”, ha detto Draghi nel suo intervento al Parlamento europeo. E anche al telefono con Vladimir Putin, come ama ricordare lo stesso premier, ha esordito dicendo che chiamava Mosca per parlare di pace. La rotta per Draghi resta la stessa, nella piena consapevolezza, però, del muro opposto da Mosca: l’apertura di Volodymyr Zelensky ad un accordo non ha portato risultati, non ha fermato il conflitto. E per fare la pace bisogna essere in due.
Nello Studio Ovale, martedì, tanti saranno i temi del faccia a faccia, dove però la guerra in Ucraina e il dossier sanzioni la faranno da padrona. Si parlerà anche di politica energetica, con l’Italia che sta compiendo passi da gigante nella strada della diversificazione caldeggiata dagli Usa -nel 2024 il traguardo dell’indipendenza da Mosca- di transizione ecologica, di Libia, di Sahel e di Cina, dei vertici G7 e Nato di giugno, della cooperazione in materia di sicurezza energetica, dell’emergenza alimentare e del Covid, soprattutto in chiave di aiuti ai Paesi in via di Sviluppo con le vaccinazioni ferme al palo.
Draghi l’11 maggio si recherà anche a Capitol Hill, la sede del Congresso americano, su invito della speaker Nancy Pelosi che il presidente del Consiglio ha incontrato lo scorso ottobre a Roma.
Inizialmente si vociferava di una giornata a New York, ma la mission di Draghi negli States prevede tanti temi caldi in agenda, nessuno spazio per accordi commerciali. La due giorni sarà tutta a Washington, la serata di mercoledì, prima del rientro a Roma, all’Atlantic Council dove verrà premiato con il ‘Distinguished Leadership Award 2022′ come politico dell’anno.
L’onorificenza sarà consegnata dal Segretario americano al Tesoro Janet Yellen, con cui l’intesa è piena sin dai tempi della Bce. Ed è proprio Yellen ad avere dubbi, o meglio a nutrire timori su un potenziale shock del mercato se dovesse arrivare il blocco europeo alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Dubbi che Yellen ha avanzato con franchezza nonostante Biden insista perché l’Unione tiri dritto sull’embargo.
L’Italia ora non sarebbe pronta a sostenere uno stop delle forniture, nonostante procede a grosse falcate per raggiungere l’indipendenza dal gas di Mosca. Ma la linea dura di Biden potrebbe rappresentare un punto di forza per Draghi, per caldeggiare con gli alleati europei la partita del tetto al prezzo del gas portata avanti dall’Italia in Europa. Draghi lo sa ed è anche con questa consapevolezza che volerà negli Usa. Giovedì il rientro a Roma, dove ad attenderlo ci saranno le fibrillazioni che attraversano la sua maggioranza.
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