‘Cancro colon retto in aumento tra giovani’

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Gastroenterologo Ricciardiello: ‘Cancro colon retto in aumento tra giovani’

“Il cancro del colon retto è sempre più precoce. Negli ultimi 20 anni si è visto un aumento dei casi nella popolazione di età compresa tra i 20 e i 49 anni, in particolare negli Stati Uniti e nel Nord Europa. Dati recenti ci dicono di un incremento del 5% annuo nelle popolazioni scandinave, in Inghilterra, ma anche in altre aree come la Francia. I motivi dello sviluppo precoce di questo tumore, non a caso chiamato ‘early cancer’, sono legati a stili di vita, obesità, una dieta sempre più di tipo occidentale. Ci sono studi che dimostrano come alcune sostanze contenute negli alimenti possano favorire l’infiammazione e quindi l’insorgenza del cancro del colon rettale ad insorgenza precoce”. Così Luigi Ricciardiello, professore associato di Gastroenterologia all’Università di Bologna, in occasione del 28esimo Congresso Fismad in corso a Roma.  

Per il gastroenterologo la prevenzione è fondamentale. “Lo screening salva la vita, riduce sia l’incidenza sia la mortalità – sottolinea Ricciardiello – La popolazione alla quale si rivolge lo screening del cancro colorettale è quella tra i 50 e i 70 anni. Noi da metà anni Duemila abbiamo introdotto gli screening di popolazione in tutte le regioni italiane. Questa forma di prevenzione viene effettuata con un test molto semplice che è quello del sangue fecale. Nel momento in cui il test dovesse risultare positivo, l’individuo viene chiamato a fare la colonscopia e, tramite la rimozione dei polipi o l’identificazione di un tumore maligno, ma in fase precoce, noi riusciamo a ridurre efficacemente la mortalità”.  

Tuttavia “la pandemia – ricorda l’esperto – ha pesato enormemente sulla diagnosi, soprattutto durante i primi mesi di chiusura a causa del virus. I programmi di screening hanno subito un ritardo molto significativo. Con un gruppo di ricercatori abbiamo quantificato l’effetto dei vari lockdown e dei ritardi dello screening sulla malattia più avanzata, ovvero quella meno trattabile. E quello che abbiamo dimostrato è che, per i ritardi superiori ai 6 mesi, c’è un aumento dei casi più avanzati, con una mortalità a 5 anni aumentata del 12%”. Sicuramente “ci sono stati grandi sforzi da parte delle Regioni nel mitigare l’effetto dei ritardi, aumentando ad esempio il numero di prestazioni – suggerisce Ricciardiello – e lavorando anche con le farmacie per distribuire i kit. Ma su queste misure avremo dei dati più consistenti nei prossimi anni”.  

Annibale (Sige), ‘sempre più patologie autoimmuni gastrointestinali’

“Negli ultimi 10 anni, dal punto di vista epidemiologico, sono aumentate le patologie autoimmuni del tratto gastrointestinale, condizioni spesso subdole perché asintomatiche e” che “per tale motivo necessitano di un’accurata diagnosi”. Così Bruno Annibale, presidente della Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva (Sige), in occasione del 28esimo Congresso della Fismad in corso a Roma.  

“Abbiamo quattro grandi gruppi di patologie autoimmuni del tratto digestivo che riguardano stomaco, pancreas, fegato e intestino tenue – spiega Annibale, professore ordinario di Gastroenterologia all’Università Sapienza di Roma – In genere sono tutte patologie asintomatiche. Dal punto di vista dello stomaco, si possono manifestare con segni e sintomi generali come l’anemia e la difficoltà digestiva (dispepsia). Le malattie autoimmuni del fegato, che interessano soprattutto le giovani donne perché più predisposte, si presentano con un lieve aumento delle transaminasi. Le patologie autoimmuni del pancreas sono ancora più subdole, con sintomi assolutamente minimi come la difficoltà digestiva. Per questo motivo hanno bisogno di un lungo iter diagnostico. Da qui la necessità di fare molta informazione, innanzitutto tra la classe medica, ma anche nel pubblico, per aumentare l’interesse e la consapevolezza di queste patologie”.  

Secondo Annibale, il trattamento di queste patologie “è l’aspetto più delicato” perché, “mentre per alcune malattie autoimmuni, come quelle del fegato e del pancreas, abbiamo l’opportunità di usufruire di farmaci immunosoppressori, a partire dai cortisonici, per le altre malattie non c’è una terapia specifica. C’è invece un problema di sorveglianza, di rischi, perché l’infiammazione cronica del tratto digestivo è un rischio neoplastico generale, oppure di carenze indotte da eventuali danni funzionali. Sulle terapie dobbiamo ancora fare passi avanti”, rimarca il presidente Sige. 

Benedetti (Fismad): ‘Dopo Covid ripartire da gastroenterologia territorio’

“La pandemia ci ha insegnato l’importanza dei servizi della medicina sul territorio. Non a caso, in occasione del Congresso Fismad, dopo 2 anni difficili segnati dalla pandemia, vogliamo ripartire dalla gastroenterologia del territorio. In Italia ‘nominalmente’ non esiste una gastroenterologia del territorio, ma sappiamo che tutta una serie di momenti, come gli screening o i follow-up, non devono svolgersi, e non è utile che si svolgano, negli ospedali per pazienti acuti, ma è opportuno siano invece gestiti e trattati dal territorio. Per questo motivo come Fismad partecipiamo all’organizzazione del Decreto ministeriale n.71/2022 (Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale), sul quale il Piano nazionale di ripresa e resilienza concentrerà molta della sua attività nell’immediato e, soprattutto, sarà la base di finanziamenti importanti che stanno avvenendo in ambito sanitario”. Così Antonio Benedetti, presidente della Federazione italiana società malattie apparato digerente, in occasione del 28esimo Congresso Fismad in corso a Roma.  

Tre i messaggi che il congresso lancia alle istituzioni: “La conferma del fatto che le malattie dell’apparato digerente rappresentano mediamente, tra pazienti acuti e cronici, la seconda causa di ricovero a livello nazionale – rimarca Benedetti – Inoltre, vogliamo ricordare che i posti letto a disposizione negli ospedali per acuti per quanto riguarda la gastroenterologia sono sicuramente pochi e che, nonostante il personale sia lievemente aumentato, occorre fare di più aumentando il numero dei letti e delle unità operative che agiscono per la gastroenterologia. Terzo e ultimo messaggio, l’istituzione di una gastroenterologia del territorio che partecipi in alcune attività della sua disciplina, come il follow-up nelle forme croniche, con quello che si sta disegnando per la medicina del territorio”.  

Gastroenterologo Frulloni, ‘entro 2030 cancro pancreas seconda causa morte’

“Entro il 2030 si stima che il tumore del pancreas sarà tra le prime cause di morte per tumore in Italia e nel mondo. Probabilmente la seconda, oggi è in quarta-quinta posizione. Quindi dovremo cercare di curare, ma soprattutto di prevenire attraverso una diagnosi precoce della malattia, ma anche puntando su un’educazione che comporti una riduzione dei fattori di rischio per cercare di migliorare la sopravvivenza a 5 anni che rimane, purtroppo, globalmente al 5% dei pazienti con questa diagnosi. I tumori del pancreas sono rappresentati per il 90-95% dei casi da adenocarcinoma del pancreas, che è la malattia più aggressiva e maligna nell’ambito dei tumori di questa ghiandola. Esistono, in percentuali più piccole, i tumori endocrini, tra i quali quello che ha colpito recentemente Fedez”. Così Luca Frulloni, professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Verona, in occasione del 28esimo Congresso Fismad in corso a Roma. 

Il tumore del pancreas “colpisce circa 15 persone ogni 100mila abitanti in Italia – spiega – percentuali simili si registrano nel resto del mondo. Si tratta di un tumore che al suo esordio, cioè quando si manifesta clinicamente, è già nell’80% dei casi non operabile, cioè localmente avanzato oppure con metastasi epatiche”. Le persone maggiormente colpite sono anziani e fumatori. “L’incidenza del tumore aumenta con l’età – sottolinea l’esperto – e il fumo è uno dei fattori di rischio ormai ben codificato per questo tipo di neoplasia. Poi ci sono pazienti che hanno già malattie infiammatorie croniche del pancreas che a lungo periodo arrivano alla comparsa della neoplasia”. 

I fattori di rischio, secondo il gastroenterologo, sono molteplici: “Innanzitutto ambientali – tiene a precisare Frulloni – legati all’alimentazione e al fumo di sigaretta, e l’obesità. Quindi il controllo del peso corporeo, l’attività fisica, sono molto importanti, così come è fondamentale fare una vita sana che comporta sicuramente una riduzione dei fattori di rischio. Tuttavia il tumore al pancreas colpisce anche soggetti ‘salutisti’, sebbene con frequenza minore rispetto alla popolazione che non adotta comportamenti e stili di vita corretti”. 

Gli strumenti e la tecnologia a disposizione per la diagnosi del tumore al pancreas – sono molto migliorati nel tempo – assicura il gastroenterologo – Questo vale per le metodiche radiologiche, penso alla tomografia computerizzata e alla risonanza magnetica, ma anche per le metodiche più sofisticate, come la eco-endoscopia, che permettono una diagnosi rapida del tumore”. Grazie alle terapie a disposizione per il trattamento dell’adenocarcinoma del pancreas, “rispetto a 10-15 anni fa riusciamo ad avere sopravvivenze più lunghe”. 

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