VIAGGIO NELL’ARTE DI GIOVAN FRANCESCO CAROTO
Tutti conosciamo il suo ridente Ritratto di fanciullo con disegno, singolare olio su tavola che sembra abbattere i confini tra il Cinquecento e la nostra quotidianità. Ma di Giovan Francesco Caroto, maestro veronese attivo tra Mantova, Milano e il Piemonte, in realtà sappiamo ben poco. A colmare il vuoto arriva finalmente una grande mostra, la prima dedicata interamente al suo lavoro. Da oggi, venerdì 13 maggio, fino al prossimo 2 ottobre, il Palazzo della Gran Guardia sarà il palcoscenico di Caroto e le arti tra Mantegna e Veronese, con ben 120 opere riuniti da prestigiose collezioni italiane e internazionali: un tour completo nella carriera e nella personalità del pittore rinascimentale, scandito da capolavori provenienti da musei come l’Accademia Carrara di Bergamo, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Palazzo Ducale di Mantova, le Gallerie Estensi di Modena, il Castello Sforzesco e la Pinacoteca di Brera di Milano, e da prestiti arrivati da lontano, dal Louvre di Parigi, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, dai Musei Statali di Monaco di Baviera e dal Szépművészeti Múzeum di Budapest.

Alcuni sono inediti o restaurati da poco, come la giovanile Madonna della farfalla (1510-15), scoperta solo all’inizio del Novecento e protagonista di una storia avventurosa, o la Veritas filia Temporis, dono della famiglia Arvedi ai Musei Civici di Verona. Una serie di indagini diagnostiche, inoltre, ha permesso di approfondire la conoscenza del modus operandi dell’artista, un personaggio poliedrico e originale anche rispetto al vivace panorama della sua epoca. Intelligente, allegro, stravagante e vagabondo, Caroto fu pittore, scultore, miniaturista, disegnatore innamorato della natura. Produsse pale d’altare e dipinti per la devozione privata, ma raggiunse i risultati più interessanti e personali nel ritratto e nella pittura di paesaggio. Lavorò gomito a gomito con Mantegna alla corte dei Gonzaga, apprezzò lo stile nordico e fiammingo, ma anche Raffaello e i suoi seguaci, al punto da rendere credibile l’ipotesi di un suo viaggio a Roma.

“Giovan Francesco Caroto è l’emblema della capacità degli artisti veronesi di muoversi su aree geografiche diverse della Penisola, riuscendo a contaminare quanto appreso in gioventù e inserendo la loro città in una complessa rete di relazioni artistiche”, spiegano i curatori Francesca Rossi, direttore dei Musei Civici di Verona, Gianni Peretti, storico dell’arte, ed Edoardo Rossetti, di SUPSI Lugano: “La sua formazione e i suoi spostamenti dimostrano l’importanza del sistema delle piccole corti italiane nella formazione del linguaggio della ‘maniera moderna’, ma soprattutto l’avvicendamento del ruolo guida sulla scena artistica italiana che si attua attorno alla metà del secondo decennio del Cinquecento, con il dialogo serrato e innovativo giocato tra Milano e Venezia. La mostra raccoglie per la prima volta a confronto gli esiti di anni di ricerche di studiosi dell’arte veronese e milanese sulle sfaccettate relazioni che hanno legato i due vivacissimi centri di produzione culturale dell’epoca”.

Nove sezioni articolano il viaggio della mostra nell’opera di Caroto, evidenziandone l’evoluzione e i temi favoriti: dalla lezione di Mantegna al confronto con Veronese, dai mecenati ai soggiorni presso le diverse corti padane, con approfondimenti sul suo speciale talento di ritrattista, sulla passione per l’antico e per le scienze naturali. E mentre tre installazioni multimediali rendono il percorso più accessibile e coinvolgente, l’itinerario di visita alle collezioni del museo si rinnova con opere preziose finora rimaste nell’ombra dei depositi.
