Onu, diplomatico Russia lascia: “Mi vergogno del mio Paese”
“Non mi sono mai vergognato tanto del mio Paese come il 24 febbraio di quest’anno”. Con queste parole, il diplomatico russo assegnato all’Onu di Ginevra, Boris Bondarev, annuncia la sua defezione. L’invasione è un “crimine”, “una sanguinosa, insensata, e assolutamente non necessaria ignominia”, ha aggiunto. Bondarev, uno specialista di controllo degli armamenti e disarmo, ha accusato il presidente Putin: “Coloro che hanno concepito questa guerra vogliono solo una cosa: rimanere al potere per sempre, vivere in palazzi privi di gusto e pomposi, andar per mare a bordo di yacht comparabili, per tonnellaggio e costi all’intera marina russa. Per arrivarci, sono disposti a sacrificare tutte le vite possibili. Migliaia di ucraini e russi sono già morti”.
Bondarev ha anche sparato a zero su Sergei Lavrov e sul ministero degli Esteri, che non si occuperebbe più di politica estera, ma di sostenere la guerra, di bugie e di odio. Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione, il numero uno della delegazione russa ai negoziati sul clima dell’Onu, Oleg Anisimov, aveva chiesto scusa “a nome dei russi che non sono stati in grado di prevenire questo conflitto”. Un post contro la guerra era stato pubblicato sulla pagina Instagram del consolato russo a Edimburgo.
Azovstal, separatisti Donetsk: “Tribunale internazionale giudicherà combattenti”
Saranno giudicati da un “tribunale internazionale” nella regione di Donetsk i combattenti ucraini che di recente si sono arresi ai russi uscendo dall’acciaieria Azovstal di Mariupol dopo un lungo assedio. Lo ha annunciato il leader della Repubblica separatista filo-russa di Donetsk, Denis Pushilin, all’agenzia Interfax. “Sono attualmente in fase di elaborazione i regolamenti del tribunale”, ha aggiunto senza fornire ulteriori dettagli.
Citando un’altra fonte, la stessa Interfax ha riferito che il processo dovrebbe iniziare a Mariupol, mentre le successive udienze potrebbero tenersi in altre parti della regione.
Mosca ha intanto escluso uno scambio tra i militari ucraini catturati dopo la presa dell’impianto di Azovstal e il deputato oppositore ucraino filorusso Viktor Medvedchuk. “Abbiamo già detto che Medvedchuk è un cittadino ucraino, e non è un militare”, ha sottolineato Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino. “Nel caso delle persone che si sono arrese all’Azovstal, stiamo parlando di militari e membri di formazioni nazionaliste, per cui si tratta di categorie completamente differenti e non si può praticamente parlare di scambi”. Quanto alla possibilità di uno scambio con militari russi, Peskov si è limitato a dire che il prossimo passo sta alla parte ucraina: “Sono loro che, se necessario, parleranno”.
Ucraina, Pomerantsev: “Obiettivo Russia è spaccare l’Alleanza”
“La propaganda della Russia è passata al contrattacco”. E’ quanto ha detto Peter Pomerantsev, analista di origini ucraine alla Johns Hopkins University in un seminario, organizzato dalle ambasciate di Ucraina e Stati Uniti. “La narrativa, basata sulle colpe dell’Occidente e sulle ambizioni coloniali degli Stati Uniti in Est Europa, che hanno costretto la Russia ad agire sta andando molto bene”, ha spiegato.
“La priorità di Mosca ora è quella di spaccare l’Alleanza e la sua determinazione per le sanzioni. Italia, Francia e Germania stanno tutti rompendo i ranghi”, ha affermato l’analista, citando anche il recente commento del New York Times in cui sollecitava Kiev a fare concessioni territoriali a Mosca, “moralmente dubbio e strategicamente cieco, ma che deve essere considerato seriamente”.
“Il problema è che facciamo fatica a vedere la fine del gioco e a definire una nuova architettura di sicurezza, siamo talmente paralizzati da una mancanza di visione strategica che rischiamo di voler tornare alla normalità, senza capire che il normale non c’è più”. A fronte di questo obiettivo del Cremlino, sostiene, l’Occidente non ha messo a punto un messaggio per sostenere le sanzioni: “I governi hanno fallito completamente nel creare una infrastruttura comunicativa. E invece dobbiamo davvero trovare il modo per competere con il Cremlino (o con la Cina)”.
E la propaganda interna funziona? In Russia circa il 30 per cento delle persone sono in favore della guerra e il 30 per cento contro, “una cifra quest’ultima che non è per niente in crescita”, spiega Pomerantsev, sottolineando che “esistono molti modi per misurare i sentimenti dell’opinione pubblica anche senza le domande dirette dei sondaggi”. Fra questi due poli, ci sono posizioni molto diverse, sostegno alla guerra con molti dubbi, contro la guerra ma con paura di parlare, ma si tratta complessivamente di persone con emozioni negative, di depressione o rabbia. ” Al di là delle percentuali, conta che la “temperatura del sostegno, che è molto tiepida”. “Non siamo nel 2014, quando si è assistito a una genuina ondata patriottica nella società”.
Il tema dell’Ucraina nazista non ha preso piede ed “è quasi scomparso dai media e dall’Internet russo. La maggioranza dei russi non ha capito cosa significasse denazificazione, “non riesce neanche a pronunciare denazificazione”. “Il messaggio del Cremlino su questo ha fallito”. Mentre invece “funziona molto bene” l’umiliazione subita dalla Russia, il risentimento nei confronti dell’Occidente, che si rispecchia nel senso di umiliazione che i russi sentono ogni giorno. “La propaganda più potente risponde a necessità emotive”.
La società russa, che può informarsi più facilmente che non durante la Guerra fredda, non sembra aver molta voglia di farlo e di apprendere cose orribili sul proprio Paese. L’Occidente ha come obiettivo, quando si tratta di informare, chi già ne condivide le posizione quando invece la sfida invece è quella di raggiungere la popolazione generale, di superare la ‘knowledge resistance’ che esiste in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti.
Il problema, quindi, è che in Occidente non ha articolato una strategia su come creare un ambiente informativo basato su principi democratici, a fronte della Cina, dove, come si dice il 5G ha sostituito il Piano quinquennale, e ha una politica molto attiva sulla gestione dei dati. La Russia, che con la Cina ha una agenda globale comune con la narrativa comune sull’Occidente fonte di tutti i mali, è meno sofisticata tecnologicamente.
I propagandisti di Vladimir Putin incriminati per crimini di guerra? “E’ una delle possibilità di cui i giuristi specializzati in crimini di guerra iniziano a discutere seriamente per la prima volta proprio ora, per la prima volta giuristi seri sono aperti a discuterne”, rende noto. Pomerantsev non nasconde la difficoltà di incriminare personalità come Vladimir Solovyov. “Si tratterebbe di dimostrare un legame molto complesso fra media e militari, non a livello strategico ma a livello operativo”. I propagandisti russi giustificano la guerra, ma non è sufficiente, per andare oltre bisogna dimostrare “un livello molto più intimo di coesistenza”.
“Fino a ora si pensava che fosse impossibile”, sottolinea l’analista nato a Kiev, autore di ‘Nothing is True and Everything is Possible’ e di ‘This is Not Propaganda’, citando i soli casi in cui questo è avvenuto, quello “molto specifico” del Ruanda (con le condanne di giornalisti di Radio Mille colline per il loro ruolo nell’istigare il genocidio, ndr.), gli esponenti nazisti Julius Streicher, assolto a Norimberga, e Hans Fritzsche, che fu invece condannato.
Ucraina, Zelensky a Davos chiede aiuto per la ricostruzione: “Lavoro enorme”
C’è da fare “un lavoro enorme” per ricostruire l’Ucraina. Volodymyr Zelensky si è rivolto al Forum di Davos, prestigioso appuntamento che riunisce il gotha della finanza mondiale, per lanciare il suo ennesimo appello degli ultimi 89 giorni di guerra. Stavolta incentrato sul futuro del suo Paese, alcune parti del quale sono state devastate dai bombardamenti russi.
“Vi invito a prendere parte a questa ricostruzione”, ha detto in collegamento video da Kiev ai rappresentanti degli Stati presenti. “La quantità di lavoro è enorme. Abbiamo più di 500 miliardi di dollari di perdite. Dobbiamo ricostruire intere città, intere industrie”, ha proseguito il leader ucraino annunciando un “modello speciale di ricostruzione” che consiste nel fatto che ciascun Paese o città interessato avrà l’opportunità “storica” di ‘adottare’ una specifica regione, città, comunità o industria dell’Ucraina.
“La storia è a un punto di svolta” e queste parole non hanno “solo un significato retorico”, ha evidenziato, sottolineando che ora è il momento in cui “si decide se la forza bruta dominerà il mondo. La forza bruta non cerca altro che la sottomissione di coloro che vuole sottomettere. E non discute ma uccide, come sta facendo la Russia in Ucraina anche in questo momento in cui stiamo parlando”.
Zelensky ha quindi accusato la Russia di essere diventata uno “Stato di crimini di guerra” che ispira “altri potenziali aggressori” e le cui azioni provocano “invece di città pacifiche di successo: rovine annerite. Invece del normale commercio: mine nel mare e porti bloccati in Ucraina. Invece del turismo: cieli chiusi e migliaia di bombe e missili da crociera russi. Ecco come apparirà il mondo se l’umanità perderà” quest’occasione. “Sembrerà una grande raccolta di crimini di guerra”.
Il leader ucraino ha quindi sostenuto che le forze ucraine hanno fermato l’esercito russo, che è stato “definito il secondo al mondo”, ma a costo di pesanti combattimenti e migliaia di vite umane e ora “stiamo gradualmente cacciando gli occupanti dalla nostra terra”.
“Ma avremmo dovuto farlo se l’anno scorso fossimo stati ascoltati e se il pacchetto di sanzioni che può abbattere qualsiasi aggressore fosse stato applicato in modo preventivo contro la Federazione Russa? Sono sicuro che la risposta è ‘no’ “, ha insistito Zelensky, criticando la comunità internazionale per aver “reagito” e non “prevenuto” l’offensiva di Mosca.
Secondo il presidente, ora non bisogna aspettare che la Russia usi armi chimiche, biologiche o nucleari e non si deve “dare all’aggressore l’impressione che il mondo non mostrerà abbastanza resistenza”, ribadendo il suo appello a imporre a Mosca il “massimo” delle sanzioni che, ha evidenziato, ancora non sono state imposte.
“Embargo petrolifero russo. Blocco completo di tutte le banche senza eccezioni, tutte. Completa cessazione del commercio con l’aggressore. Questo – ha detto riferendosi sempre alle sanzioni – dovrebbe essere un modello di pressione che funzioni in modo convincente per mantenere la pace per decenni”.
E infine un passaggio sulla sicurezza alimentare, messa a repentaglio dal blocco dei porti ucraini e dalla ‘guerra del grano’ scatenata dalla Russia. “Qualsiasi risposta alla carestia di massa è in ritardo per definizione. La carestia deve essere fermata quando non è ancora iniziata. Ma ora non esiste uno strumento del genere nel mondo – ha concluso – Proponiamo di creare un’organizzazione di Stati esportatori di cibo responsabili e democratici che possano agire nel rispetto dei diritti umani e delle regole del commercio globale. La nostra motivazione è molto semplice. Qualunque siano i punti di svolta nella storia, l’umanità deve avere un’assicurazione contro la carestia”.
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