“Russia ruba grano Ucraina”

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La denuncia nel video della Cnn

Mentre prosegue la guerra contro Kiev, la Russia continuerebbe a rubare il grano dell’Ucraina dal porto di Sebastopoli, in Crimea. E’ quanto emergerebbe fa una serie di nuove foto satellitari pubblicate dalla Cnn, dove si vedono due navi battenti bandiera russa mentre attraccano e caricano quello che si ritiene essere grano ucraino rubato. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accusato la Russia di “rubare gradualmente” i prodotti alimentari ucraini e di cercare di venderli. 

Le nuove immagini di Maxar Technologies, datate 19 e 21 maggio, mostrano le navi – il Matros Pozynich e il Matros Koshka – accanto a quelli che sembrano silos di grano con il prodotto che si riversa da una cintura in una stiva aperta. Entrambe le navi hanno ora lasciato il porto, secondo il sito di tracciamento navale MarineTraffic.com, con il Matros Pozynich che naviga nel Mar Egeo verso Beirut, mentre la Matros Koshka si trova ancora nel Mar Nero. 

UCRAINA – Da parte sua il ministro degli Esteri ucraino ha chiesto oggi alla comunità internazionale di evitare di acquistare dalla Russia “il grano che ruba in Ucraina”. “I ladri russi rubano il grano ucraino, lo caricano sulle navi, passano dal Bosforo e cercano di venderlo all’estero – ha twittato Dmytro Kuleba – Chiedo a tutti i Paesi di essere vigili e di rifiutare proposte del genere. Non comprate quello che viene rubato. Non diventate complici dei crimini russi. Il furto non ha mai portato fortuna a nessuno”.  

Nel corso della maratona informativa nazionale il ministro della politica agraria e dell’alimentazione dell’Ucraina Markiyan Dmytrasevych ha poi reso noto che l’Ucraina propone di creare un’organizzazione di paesi esportatori di grano. “Vogliamo che i principali esportatori di grano del mondo – ha detto – Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Ucraina, Unione europea – si uniscano per proteggere i loro interessi nel mercato mondiale”. 

UE – Netta la condanna della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, secondo la quale il presidente russo Vladimir Putin, bloccando le esportazioni alimentari di Russia ed Ucraina, sta semplicemente sfruttando “il grano e la fame” a fini di “potenza”. “L’artiglieria russa bombarda i granai in tutta l’Ucraina deliberatamente – afferma al World Economic Forum – le navi da guerra russe nel Mar Nero bloccano le navi ucraine piene di grano e di semi di girasole. Le conseguenze di questi atti vergognosi sono lì da vedere. I prezzi del grano a livello globale stanno salendo alle stelle e sono i Paesi fragili e le popolazioni vulnerabili che soffrono di più”.  

“I prezzi del pane in Libano – prosegue – sono aumentati del 70% e le spedizioni di cibo da Odessa non sono potute arrivare in Paesi come la Somalia. Come se non bastasse la Russia sta accumulando le sue derrate alimentari da esportazione come forma di ricatto, trattenendo le forniture per aumentare i prezzi globali o scambiando grano con sostegno politico. Questo è usare la fame e il grano per il potere”, conclude. 

Ucraina, Gb verso invio navi da guerra per proteggere grano

La Gran Bretagna ha annunciato oggi che sta discutendo con i suoi alleati del possibile invio di navi da guerra nel Mar Nero per proteggere i mercantili che trasportano grano ucraino. Il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, che ha tenuto un incontro sul possibile corridoio navale protetto da Odessa attraverso il Bosforo per l’esportazione di grano con la sua controparte britannica Liz Truss, ha parlato di una coalizione di partecipanti che potrebbe includere alcuni paesi della Nato ed altri paesi, dipendenti dalle importazioni di grano. 

L’amministrazione Biden ha annunciato la scorsa settimana che sta lavorando a stretto contatto con gli alleati europei per sviluppare rotte che garantiscano l’uscita dal paese della produzione ucraina di grano e mais di fronte al blocco dei porti dell’area di Odessa, nel sud dell’Ucraina. 

La guerra in Ucraina ha causato un aumento su larga scala dei prezzi dei cereali, che si è fatto sentire soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Un totale di 25 milioni di tonnellate sono attualmente bloccate nei porti ucraini, principalmente a Odessa, secondo il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock. 

Ucraina, grano bloccato e caro energia. Verso la crisi alimentare globale

Con i porti bloccati e l’export dei cereali al palo (che ora non si sa nemmeno più bene dove mettere in attesa di poterli portare fuori dal Paese), l’effetto della guerra in Ucraina si fa sentire e preoccupa la sicurezza alimentare dei Paesi più esposti. Ma c’è di più, perché il caro energia si sta traducendo in un ‘caro-fertilizzanti’ con cui l’agricoltura globale dovrà fare i conti. 

Primo, i porti. E’ dal Mar Nero che i cereali, principalmente grano, viaggiavano verso le proprie destinazioni, prima della guerra. Ora “i porti sono inagibili e quel po’ che si riesce a spedire ha costi altissimi di spedizione e assicurazione, praticamente improponibile. La maggior parte delle esportazioni ora funziona su ferro, su gomma o per via fluviale, tre metodi che non hanno la capacità di far uscire dal Paese tonnellate di grano con la stessa velocità con cui uscivano dal Mar Nero: ci sono file lunghissime sulle strade e sulle ferrovie, con veicoli e vagoni in coda per 2, 3, 4 settimane per poter uscire dal Paese”, spiega all’AdnKronos Mario Zappacosta, economista senior divisione mercato e commercio della Fao. 

Ma in Fao c’è anche un’altra “enorme” che riguarda un impatto più trasversale e globale della guerra in Ucraina sulla sicurezza alimentare e l’agricoltura internazionali: “l’aumento del prezzo dell’energia. L’agricoltura è grande utilizzatrice di energia, anche attraverso l’uso dei fertilizzanti azotati che sono un prodotto energetico e il costo della loro produzione è estremamente legato al costo dell’energia: un’energia cara, causa fertilizzanti cari. A questo si aggiunge il fatto che la Russia è il principale esportatore di fertilizzanti. Tutto questo causa un aumento dei prezzi e una scarsità di fertilizzanti sul mercato mondiale. Questo – spiega Zappacosta – sarà un problema per Paesi poveri, Paesi ricchi e per tutti i prodotti: ci sarà probabilmente una riduzione di prodotti per le aree seminate in quanto gli agricoltori prevedono un aumento dei costi e, nel caso in cui le superfici saranno seminate, ci potrebbe essere una riduzione delle rese causata da una minore applicazione dei fertilizzanti. Quindi: minori rese, minori produzioni, aumento ulteriore dei prezzi degli alimenti che già nel 2021, prima della guerra, erano a livelli record. Parliamo quindi di record su record”. 

“La Fao gestisce un indicatore dei prezzi alimentari internazionali e quello che registriamo è un livello di questo indice che non si è mai verificato da quando la Fao lo ha inventato, nel 1990. Cose mai viste”. Prezzi record, dunque, già prima della guerra in Ucraina, “a causa di forti siccità che si erano verificate in alcuni Paesi tra i maggiori produttori del mondo, come America Latina e Stati Uniti, che avevano ridotto le rese. Prima della guerra, già da un paio di anni la situazione dell’insicurezza alimentare era in fase di deterioramento. Alle tante sciagure tradizionali, dal fattore climatico alle crisi economiche locali e i conflitti, si era aggiunta la crisi indotta dal Covid che ha meso in ginocchio le economie locali. E proprio adesso che il Pianeta stava mettendosi alle spalle questo periodo guardando al rilancio economico, è scoppiata la guerra. Piove sul bagnato, come si dice, e a pagare sono sempre i più poveri”. 

“L’allerta è sui Paesi che sono forti importatori e consumatori di grano, dipendenti dal mercato internazionale: Nord Africa e Medioriente. In particolare Yemen e Libano, ma anche Sri Lanka che stiamo seguendo con preoccupazione, e Laos”. Con quali conseguenze? “Le primavere arabe furono scatenate da un problema di tipo alimentare, c’è dunque il rischio che il malcontento sociale possa poi essere una conseguenza di questi scenari, abbastanza preoccupante, sui prezzi internazionali”. Per quanto riguarda l’Europa, “il prezzo dei fertilizzanti sarà caro anche per noi e questo porterà a un aumento dei costi di produzione e quindi dei prodotti europei. Questo vale un po’ per tutti a livello globale”. 

La soluzione? “La Fao lo dice da sempre: la pace è il fattore principale affinché le cose vadano bene, se una regione o un Paese è in guerra tutto diventa più complicato e a volte le strategie diventano sub-ottimali rispetto a una situazione di pace”.  

“La Fao sta lavorando a un meccanismo di finanziamento alle importazioni alimentari. L’idea è di creare un fondo finanziario a livello globale con credito agevolato a cui potrebbero avere accesso i Paesi più vulnerabili a rischio di aumento di insicurezza alimentare nel caso in cui non fossero in grado di acquistare sui mercati internazionali”, aggiunge Zappacosta, ricordando che la Fao “sostiene gli agricoltori, in particolare i piccoli agricoltori, affinché possano seminare e portare avanti le produzioni e quindi avere un raccolto, con programmi di distribuzione di semi e input agricoli. Poi, ci sono delle raccomandazioni generali che la Fao rivolge ai vari Paesi, per esempio raccomandiamo che il commercio alimentare e dei fertilizzanti rimanga quanto più aperto perché se cominciamo a mettere barriere doganali e quindi alle esportazioni questo non fa altro che esasperare la situazione sui mercati internazionali con ulteriori incrementi di prezzo”. 

Ucraina, i costi enormi della guerra del grano

Qualsiasi previsione economica, che si parli di pil, di produzione industriale o di commercio internazionale, non può prescindere da un’incognita: la durata della guerra in Ucraina. Se il conflitto dovesse proseguire ancora a lungo salterebbero, una a una, tutte le stime e tutte le previsioni. C’è però un’altra guerra, quella del grano, che sta già producendo una grandissima quantità di danni, e di morti per fame, a livello globale. Difficilmente in passato un conflitto ha avuto una conseguenza tanto immediata, e devastante, con pochissime possibilità di adottare contromisure.  

Quando si dice che l’Ucraina è il granaio del mondo, non si usa una similitudine utile a enfatizzare una tesi ma si afferma quello che i dati non solo confermano ma descrivono con estrema precisione. L’Ucraina nel 2021 è stata il primo esportatore mondiale di grano, insieme alla Russia copre il 28 per cento del mercato, ed è anche il primo produttore di semi di girasole. Più di cinquanta paesi, e tra questi Egitto, Sudan e Nigeria che sono le porte per sfamare l’Africa, ma anche Eritrea, Somalia, Madagascar, Tanzania e Congo, dipendono dall’Ucraina e in parte dalla Russia per buona parte del proprio fabbisogno.  

Oggi il granaio del mondo è di fatto completamente inaccessibile. Il 98% dei cereali prodotti in Ucraina in tempo di pace viene esportato attraverso il porto di Odessa ma ora lo scalo è completamente fermo e i silos di tutto il Paese sono pieni di 25 milioni di tonnellate, tra cereali (grano, orzo e mais) e semi di girasole, destinati all’estero.  

Le navi sono ferme dal 24 febbraio e di fatto non esiste alcuna alternativa all’apertura di un corridoio sicuro via mare. Non è possibile dirottare il trasporto su rotaia, non solo per i danni che ha subito la rete in Ucraina, ma soprattutto perché le rotaie, che risalgono all’ex Unione Sovietica, sono compatibili con quelle della Federazione russa ma non con quelle di tutti gli altri paesi confinanti. E sembra impossibile pensare di trasbordare tonnellate di merce al confine. Per utilizzare il trasporto su gomma, servirebbero una flotta sterminata di tir, decine di migliaia di autisti, e una quantità spropositata di gasolio.  

Mario Zappacosta, economista senior divisione mercato e commercio della Fao, interpellato dall’Adnkronos, fa una sintesi efficace: “Il problema dei porti è stato il primo fattore perché dal Mar Nero si originano una grande quantità di cereali, in particolare di grano, che è stato già raccolto. I porti sono inagibili e quel po’ che si riesce a spedire ha costi altissimi di spedizione e assicurazione, praticamente improponibile. La maggior parte delle esportazioni ora funziona su ferro, su gomma o per via fluviale, tre metodi che non hanno la capacità di far uscire dal Paese tonnellate di grano con la stessa velocità con cui uscivano dal Mar Nero: ci sono file lunghissime sulle strade e sulle ferrovie, con veicoli e vagoni in coda per 2, 3, 4 settimane per poter uscire dal Paese”. 

L’assenza del grano ucraino viene solo in parte compensata da quello russo, che esporta soprattutto verso l’Iran, la Turchia e l’Asia. Non solo. Sono sempre più frequenti le denunce di parte ucraina sul furto di grano nelle zone occupate dai russi. Insieme alle armi convenzionali, missili, bombe e carri armati, anche i cereali diventano per Putin una potente arma di ricatto. Perché l’altro effetto perverso delle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina è che l’efficacia delle sanzioni internazionali finisce lì dove la dipendenza, come nel caso del gas, o l’assoluta mancanza di alternative da poter percorrere rapidamente, come nel caso del grano, mette Mosca in una posizione di forza. Una posizione che solo una soluzione del conflitto che porti a una pace per quanto possibile sostenibile e duratura potrebbe ridimensionare. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha esplicitamente accusato Mosca di aver posto in essere una “strategia intenzionale” per creare “basi per nuove crisi così che la cooperazione internazionale possa essere ridotta”.  

Non aiutano neanche le scelte protezionistiche che stanno arrivando e che potrebbero innescare una spirale autarchica. L’India, che è il secondo produttore al mondo, ha bloccato le esportazioni di grano a causa dell’aumento dell’inflazione annuale, salita all’8,38 per cento, con i prezzi al dettaglio che, nel mese di aprile, hanno toccato il massimo storico da otto anni.  

Altri dati aiutano a descrivere la dimensione del problema. A tre mesi dall’inizio, stima Coldiretti, la guerra è già costata oltre 90 miliardi di dollari a livello globale solo per l’aumento dei prezzi del grano, che sono balzati del 36% ma effetti a cascata si sono fatti sentire su tutti i prodotti alimentari. Le quotazioni del grano oscillano attorno ai 12 dollari per bushel (27,2 chili), determinando una situazione che nei paesi ricchi ha generato inflazione ma in quelli poveri provoca carestia e rischi di rivolte, con ben 53 Paesi a rischio alimentare secondo l’Onu. A guadagnare, denuncia invece Coldiretti, è stata invece la speculazione sulla fame che si sposta dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli, dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’, uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto. 

Con il granaio del mondo chiuso, non si sa ancora per quanto, la distanza tra chi deve pagare un costo più alto e chi non ha disponibilità per cercare un’altra soluzione, è destinata ad allargarsi. E anche il grano, come il gas, diventa un fattore in grado di stravolgere gli equilibri geopolitici.  

Ucraina, Kiev: “Rischio più grande carestia della storia”

“La più grande carestia della storia causata dalla spietata invasione della Russia in Ucraina è appena dietro l’angolo”. E’ l’allarme rilanciato dal consigliere del ministero dell’Interno ucraino, Anton Gerashchenko, ricordando che “i prezzi alimentari globali sono già aumentati del 30% lo scorso anno” e che potrebbero essere coinvolti “decine di milioni di persone nel mondo”. “La Russia – ha scritto su twitter – deve essere fermata immediatamente. Il mondo ha bisogno che siano liberati i porti ucraini e che il Mar Nero sia sicuro”.  

Adnkronos

 

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