Libano, sistema idrico in bilico

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Milioni di persone in pericolo

Evitato il collasso delle infrastrutture, ma i servizi di approvvigionamento rimangono precari. La preoccupante analisi dell’UNICEF sulla situazione nel Paese che – tra crisi energetica, pandemia, siccità e la passata esplosione di Beirut – mette a rischio la salute della popolazione. L’Avsi in Libano: “sfiducia nel futuro”.

“Struggling to keep the taps on” (“Lottando per tenere i rubinetti aperti”) è il nuovo rapporto dell’UNICEF che fotografa la situazione in Libano, dove già nello scorso anno si erano avvertite delle forti ripercussioni sulle infrastrutture di base, impossibilitate a dare garanzie alla popolazione. Il crollo economico del Paese, già accentuato dall’impatto della pandemia da Covid-19 e dalle conseguenze delle esplosioni di Beirut del 2020, è stato aggravato dall’aumento dei prezzi globali del petrolio. In un contesto di inflazione vertiginosa, i fornitori del servizio pubblico non sono stati in grado di mettere a disposizione acqua a sufficienza a causa della crisi energetica, ma non solo, a questo si aggiunge l’impossibilità di reperire ricambi, effettuare riparazioni e trovare diesel a sufficienza.

Dato che le forniture dei quattro stabilimenti idrici sono diminuite, molte famiglie decidono di rivolgersi a costosi trasporti d’acqua e a fornitori privati, rischiando però di non avere garanzie sulla qualità di questa risorsa. Inoltre – come messo in luce dal rapporto – la popolazione soddisfa il proprio fabbisogno idrico ricorrendo all’acqua imbottigliata, perché quella disponibile nei rubinetti non è considerata sufficientemente sicura. Mentre il Governo sta lavorando per risolvere la crisi, l’UNICEF ha sottolineato che la fornitura di questo bene attraverso gli operatori pubblici rimane la soluzione migliore e più conveniente.

Cisterne d’acqua e mancato intervento

La situazione dunque appare critica nel Paese, dove le famiglie libanesi non riescono più a garantirsi l’acquisto di cisterne d’acqua da collocare sui tetti per essere riempite, in questo clima si avverte, peraltro, una forte preoccupazione.
La rappresentante dell’AVSI in Libano, Marina Molino racconta che, dalle elezioni di maggio, “non sono state prese decisioni o attuati interventi chiari”. E aggiunge che “in questi ultimi due anni – dopo l’esplosione nel porto Beirut – c’è stata una diaspora”.

Aiuto umanitario non sufficiente e la “Laudato si”

Anche nella “Laudato si” di Papa Francesco si mette in luce la problematicità del reperimento dell’acqua. Oggi più che mai, le parole del Pontefice si possono applicare alla situazione critica che il Libano vive e dove la grave carenza di questa risorsa impatta negativamente sulla vita delle persone: molti, infatti, sono costretti a ricorrere all’utilizzo dell’acqua destinata ai campi agricoli, di dubbia qualità. Questo non fa altro che aumentare la disperazione nel Paese che non riesce a soddisfare un bisogno primario. “L’aiuto umanitario in Libano – come sottolinea Marina Molino – riesce ad incidere solo in minima parte”. Nonostante si tratti di un diritto umano essenziale, fondamentale e universale non sono ancora arrivate, ribadisce Marina Molino, soluzioni concrete per tutelare gli abitanti in Libano. “Frustrazione, fatica e una grande sfiducia verso il futuro – sottolinea la rappresentante dell’AVSI – è quello che sentiamo tutti i giorni”.

Debora D’Angelo – Città del Vaticano

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