Una triplice apparizione, nel sonno, ad un sacerdote cassanese: l’immagine della Madonna degli Angeli che spinse l’uomo ad arrivare sin là dove ora sorge il Santuario ed a cercare qualche traccia che potesse confermare quella visione. Nasce da un sogno il culto della Regina degli Angeli a Cassano. Le cronache narrano che intorno all’anno 1250, un prete cassanese – di cui non si conosce il nome ma che la popolazione cassanese stimava come devoto e pio – per due notti di seguito ebbe una visione, un sogno: in tutto tre episodi che lo spinsero a verificare se ciò che gli appariva mentre dormiva fosse vero o frutto della sua immaginazione. La Madonna gli chiedeva di andare sulle Murge, in un luogo posto a circa un chilometro e mezzo dal centro abitato, “verso ponente, sul lato rivolto a tramontana”. La piccola Cassano di quel tempo era tutta concentrata in quello che oggi chiamiamo “centro storico” mentre tutto attorno erano boschi, macchia mediterranea e terreni coltivati. Nella zona indicata dalla Madonna nel sogno, poi, i cassanesi usavano andarci per fare legna ma con molta prudenza dato che non era difficile incontrare animali selvatici, a volte pericolosi. Il prete, comunque, con coraggio si volse verso la direzione indicata, sul colle, alla ricerca di un segno fra rupi e cespugli fino a quando non intravide, spostando pietre e massi, l’ingresso di una grande cavità carsica all’interno della quale c’era l’immagine che oggi si può ammirare nella grotta del Convento: una piccola parete su cui è dipinto il volto della Vergine Maria con in braccio il bambin Gesù, attorniata da alcuni angeli, opera di ignoto autore, risalente con tutta probabilità a prima del IV secolo dopo Cristo (ma secondo alcuni, data l’assenza della Croce sul capo della Madonna, potrebbe risalire ai primi tre secoli della cristianità). I monaci originari della Grecia, seguaci dell’Ordine di san Basilio e per questo detti “basiliani”, di frequente abitavano per brevi periodi le grotte pugliesi: all’epoca di Leone Isaurico detto l’iconoclasta, essi andavano alla ricerca di solitudine, in meditazione e preghiera e spesso dipingevano immagini sacre nei luoghi dove erano soliti pregare; dunque è molto probabile che nella Grotta del Convento ci si trovi dinanzi ad uno di questi casi.
Posta in località “Riformati”, a 398 metri sul livello del mare, la Grotta aveva originariamente tre vani di cui due furono convertiti in cisterne, durante la costruzione del complesso conventuale, mentre l’altro più elevato fu destinato a cimitero della prima comunità religiosa. Lunga circa 5 metri e larga altrettanto, la Grotta ha una altezza media di 4 metri. Nel corso dei lavori di sistemazione e abitabilità, nelle pareti rocciose furo‐no scoperti resti ossei di specie pleistoceniche di grande e di piccola mole. Va ricordato, fra i ritrovamenti più importanti, quello del 6 marzo 1957 quando fu scoperto un calcare cristallino di ossa fossili appartenute a svariate specie animali: rinoceronti, elefanti, orsi, cervi e buoi vissuti fra i 70 e i 100mila anni fa, che in quei luoghi avevano pascolato e poi erano morti, lasciando nel terreno e nelle rocce i resti poi venuti alla luce. Di quella scoperta si occupò anche il compianto prof. Franco Anelli, Docente di Speleologia all’Università Adriatica e scopritore delle Grotte di Castellana, assieme a Carlo Morelli, all’epoca Direttore dell’Istituto di Geofisica e Geodesia di Bari che giunsero a Cassano per verificare di persona i luoghi e le condizioni delle scoperte.
Ancora oggi non si sa, probabilmente non lo si saprà mai, se la vicenda del sogno del sacerdote, narrata in un manoscritto del XIII secolo, poi scomparso, è storia o leggenda; se si tratta, cioè, di una tradizione orale tramandata nel corso dei secoli o di un reale, concreto fatto di cronaca, magari “impreziosito” da particolari miracolosi. Di certo oggi possiamo dire che il rinvenimento da parte del sacerdote è accettato come corollario all’effettiva presenza dell’affresco nella Grotta.
Dopo il ritrovamento la popolazione cominciò ad andare in pellegrinaggio presso la Grotta, facendone ben presto un luogo di culto e preghiera, dove la devozione mariana, spesso arricchita e rinforzata da eventi straordinari, accrebbe la notorietà del luogo in tutto il circondario e non solo. Non pochi testi dell’epoca, ad esempio, parlano di acqua che sgorgava dalle pareti della Grotta, una specie di “rugiada”, di “manna liquida” a cui il popolo conferiva poteri miracolosi, in grado di guarire piaghe e ferite.
La speciale devozione per la Sacra Immagine da parte di tanti fedeli spinse anche le autorità religiose, seppure non ufficialmente, a far sorvegliare quanto accadeva sulla Murgia cassanese: la presenza di una piccola comunità francescana, risale al 1436. Il culto della Vergine fece scivolare in secondo piano i primi “protettori” della comunità cassanese ovvero la Santa Croce di Cristo (di cui ancora oggi si conserva, in Chiesa Madre, una preziosa reliquia riveniente dal legno di Gerusalemme) e san Zenone.
Si dovette attendere, tuttavia, più di due secoli dal ritrovamento, affinché Papa Paolo II, nel 1469, accogliendo la domanda del Principe Giulio Antonio Orsini-Acquaviva, duca d’Atri e viste le donazioni elargite dallo stesso Principe, da Bartolomeo Cimbrone e don Domenico de Consulibus (un laico ed un sacerdote, entrambi cassanesi, alla cui memoria fu dedicato il piazzale anti‐stante il Convento) autorizzò la costruzione della Chiesa e dell’annesso Convento, affidato prima ai Frati francescani “Minori” detti dell’Osservanza e dal 1598 ai Minori Riformati fino ad essere preso in custodia dai Padri Agostiniani nel 1935.
Per lungo tempo la Vergine dipinta sulla roccia fu venerata dalla popolazione ma con il passare dei decenni e per ragioni che ancora oggi non si conoscono, la Grotta fu letteralmente dimenticata: ne fu murato l’ingresso e fu prima adibita a cisterna d’acqua poi divenne una specie di “discarica” dei materiali di risulta dall’ampliamento della chiesa e quindi del tutto ignorata.
Mentre, infatti, sempre più si ingrandiva la Chiesa e l’annesso Convento, ad essere venerata era un’altra immagine, una piccola statua lignea che ancora oggi è possibile ammirare in cima all’altare del Crocifisso, nella navata sinistra della Chiesa di Santa Maria degli Ange‐li, l’opera forse più antica fra quelle custodite attualmente.
Fu solo nel 1855 (il 19 maggio, terza domenica di quel mese) che padre Domenico da Cassano, assieme a frà Michele da Bari e frate Daniele da Valenzano, quest’ultimo Ministro Provinciale dei Padri Riformati di San Nicola di Bari, decise di individuare nuovamente la Grotta con il dipinto. Anche in questo caso, si narra di un sogno: la Madonna comparve prima a due donne quindi ad un sacerdote di Cassano che spinsero i frati a far tornare alla luce l’immagine della Madonna, ricoperta da fango e detriti. Nessuno in paese, probabilmente, aveva più visto quella Grotta, avendone solo sentito parlare dai più anziani, dunque grande fu la gioia, narrano le cronache dell’epoca, nello scoprire questo autentico tesoro custodito nelle viscere della Murgia. I sacerdoti del Capitolo salirono al Convento e donarono una corona d’argento all’immagine, che ancora oggi la cinge nei giorni feriali; assieme ai sacerdoti anche le autorità civili e il popolo, le Confraternite, le autorità militari e tanti, tanti fedeli forestieri in un clima di grande festa e devozione.
Il 22 luglio di quello stesso anno, la ritrovata Grotta fu benedetta da frate Daniele con la celebrazione di una Santa Messa e la processione del Santissimo Sacramento. Da quell’anno in poi il secondo ritrovamento dell’immagine sacra si celebra, appunto nella terza domenica di maggio, con il nome di «Madonne d’ basce» ovvero, in dialetto cassanese, la Madonna di giù, di basso, riferendosi, quindi, alla Grotta. Nel pomeriggio di quella domenica, il clero ed i fedeli portano in processione un quadro raffigurante l’immagine della Madonna ritrovata nella Grotta, conducendola dall’antica Chiesa di san Giuseppe – che la custodisce per tutto l’anno – fino al Convento: da qui ridiscenderà il 1° agosto, nel prologo di quella che viene chiamata la «Festa Granne» quella del 2 agosto. La Celebrazione Eucaristica e la distribuzione delle tradizionali “panedd della Madonna” – antichissima e pia pratica di fare dono alla popolazione, specie la più povera, di una forma di pane benedetto, distribuito dalle Terziarie Agostiniane – concludono la giornata.