Durante una delle estati più aride di sempre il maltempo ha colpito duro. Venti fortissimi, piogge torrenziali e grandine: un mix che ha letteralmente sfregiato l’ortofrutta in diverse aree della regione. Poi improvvisamente un venerdì pomeriggio è successo il finimondo e dopo quasi un mese si contano ancora i danni. Una volta per tutte dovrebbe essere anche il momento di strutturare un serio piano di gestione del rischio climatico in agricoltura.
Nel pomeriggio di venerdì 19 agosto Casamassima è stata teatro di una violentissima grandinata con enormi danni su tutto il territorio impossibile da valutare nella precisione. Migliaia le auto colpite e ammaccate con parabrezza, lunotti e tettucci andati in frantumi, come innumerevoli sono stati i danni procurati a case e locali commerciali, lucernari, pannelli solari ed arredamenti esterni completamente distrutti. Centinaia i cittadini che hanno dovuto correre in ospedale per le ferite procurate dai chicchi grandi come palle da tennis. Ovviamente anche le coltivazioni di ortofrutta hanno subito danni innumerevoli, piccoli e grandi produttori nel giro un quarto d’ora hanno visto andare in fumo migliaia di euro di investimenti. I danni sono stati davvero ingenti difficile quantificarli con esattezza.
Il sindaco Giuseppe Nitti è stato il primo, fra i comuni colpiti, a chiedere lo stato di calamità naturale per i danni in agricoltura, mentre per altri danni come auto e immobili, bisognava affidarsi ad una copertura assicurativa precedente al sinistro.
I funzionari della Regione Puglia già il martedì successivo hanno avviato i sopralluoghi nelle aree colpite. I controlli, finalizzati a comprendere con esattezza la quantità e la qualità dei danni provocati dai grossi chicchi di ghiaccio, dopo Casamassima sono proseguiti negli altri comuni colpiti, a iniziare da Rutigliano. Nello specifico la zona colpita è compresa tra i territori di Casamassima, Rutigliano, Noicattaro e la parte alta di Mola, zona vasta e produttiva a forte vocazione alla coltivazione dell’uva da tavola. I chicchi del diametro di 5 e 6 centimetri hanno completamente distrutto tendoni e impianti della zona.