“Inoltre – sostiene il quotidiano americano – il partito della Meloni non ha mai intrapreso una crociata contro la democrazia liberale come hanno fatto Mussolini o anche Orban. Fdi non vuole porre fine alla democrazia, vuole rispettare le tradizioni nazionali dell’Italia e ripristinare le libertà economiche del Paese”.
Forte del 26% ottenuto alle elezioni, Meloni “ha tutti gli incentivi per discostarsi dal recente passato italiano”. “Farlo non sarà facile”, riconosce il “Washington Post”, secondo cui “sarà ostacolata dall’enorme debito dell’Italia, che la costringe a dipendere dal sostegno dell’Unione Europea e della Bce”, mentre “il suo conservatorismo sociale potrebbe essere osteggiato anche dal Parlamento europeo”.
Consapevole “di doversi muovere con attenzione”, allo stesso tempo Meloni “non può agire come un normale leader europeo”. Il quotidiano sottolinea come “gli italiani vogliano il cambiamento e, negli ultimi anni, si sono spostati verso il partito che promette credibilmente di realizzarlo: quindi, per rimanere al potere, deve dimostrare di essere in grado di spingere l’Ue a concedere all’Italia un maggiore margine di manovra per realizzare ciò che il Paese vuole”. Il Washington Post prevede l’emergere di un “conflitto” con Bruxelles “su tre fronti: l’immigrazione, il sostegno finanziario dell’Ue e il tetto ai prezzi dell’energia”.
“Molti nell’establishment europeo credono di poter domare la Meloni come hanno fatto con i suoi predecessori – è la chiosa del giornale – Ma è improbabile che la prima donna premier italiana vada avanti in modo docile. Dato il forte desiderio di cambiamento degli italiani, è probabile che sia un agente di cambiamento più forte di quanto molti pensino”.