Governo, Meloni e il risiko dei ministri

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Il totonomi impazza ma Giorgia Meloni lavora alla squadra di governo in silenzio perché sa bene che ogni indiscrezione rischia di bruciare nomi e compromettere il difficile risiko dei ministeri. Da qui, raccontano, la scelta di procedere con incontri bilaterali, una formula che velocizza le trattative, limita la fuoriuscita di rumors con inevitabili polemiche e consente di conoscere i ‘desiderata’ degli alleati, lontano (per quanto possibile) dagli occhi indiscreti della stampa.

Dalle parti di via della Scrofa fanno sapere che l’unica cosa certa, allo stato, è che la presidente di Fdi vuole istituire un ministero del Mare, suo vecchio pallino, annunciato alla Conferenza programmatica di Milano e contenuto in una proposta agli atti del Senato, a firma di Adolfo Urso. Altra certezza è che il Mef resterà tale, ovvero non ci sarà nessun spacchettamento Tesoro/Finanze. Per la guida di via XX settembre in pole ci sarebbe un tecnico, ma non Fabio Panetta, che molto probabilmente rimarrà nel board della Bce. Si fa il nome di Domenico Siniscalco, ma è tutto da vedere. Ancora in stand by l’ipotesi di inserire in squadra i vicepremier. Numeri alla mano, la parte da leone spetta ai meloniani, che potranno riempire le caselle più ambite, a cominciare da quelle chiave, come Economia, appunto, Affari esteri, Viminale e Difesa, che però, per prassi, devono essere ‘vistati’ dal Colle.

Maurizio Leo, responsabile economico di Fdi, per la sua competenza (esperto di diritto tributario e flat tax in particolare), potrebbe avere un ruolo importante in un dicastero economico. Per il Viminale, raccontano, la partita è apertissima. Fa gola a tutti, non solo alla Lega, anche se continua il pressing del Carroccio per ‘occupare’ proprio quella casella. Non a caso, nell’assemblea con i parlamentari oggi, Salvini ha ricevuto il ‘mandato’ a tornare al governo per occuparsi di sicurezza e immigrazione. Ma sul leader leghista incombe come una spada di Damocle il processo per sequestro di persona aggravato per il caso Open Arms. In subordine, se Meloni alla fine dovesse dare l’ok, resta sul tavolo la candidatura a ministro di Nicola Molteni.

In casa Lega il nome di Giulia Bongiorno è quello più ricorrente per la Giustizia, ma dovrà vincere la concorrenza di Carlo Nordio, che i meloniani vorrebbero fortemente Guardasigilli (e in questo caso Bongiorno si ‘sposterebbe’ alla Funzione pubblica). Oltre all’ex pm, da Fdi potrebbe arrivare il prossimo ministro delle Riforme costituzionali, ovvero l’ex presidente del Senato, Marcello Pera, neo-eletto a palazzo Madama.

Per la guida del dicastero dei Rapporti con il Parlamento in campo ci sarebbe Maurizio Lupi, in quota ‘Noi moderati’. Difficilmente, quest’ultimo, infatti, potrebbe andare alle Infrastrutture (ministero da lui già occupato in passato), pedina ‘attenzionata’ dal leghista Edoardo Rixi e da Fabio Rampelli, vicepresidente uscente della Camera di Fdi, dato in corsa pure per l’Ambiente. L’Agricoltura, raccontano, sarebbe stata ‘prenotata’ da Salvini per il suo Gian Marco Centinaio, così come Erika Stefani potrebbe correre per la Disabilità.

Raffaele Fitto, attuale eurodeputato e copresidente dell’Ecr, il gruppo dei Conservatori a Bruxelles, appena rieletto in Parlamento, viene dato in pole per gli Affari europei: l’ex governatore pugliese, riferiscono, sarebbe pronto al grande salto ma avrebbe rimesso ogni scelta alla Meloni. Rumors danno dentro all’esecutivo per l’esperienza e le competenze l’attuale presidente del Copasir Adolfo Urso.

Per Ignazio La Russa, braccio destro dalla leader di via della Scrofa, invece, potrebbe esserci il ritorno alla Difesa, dove già è stato nel 2008 con Berlusconi, o, secondo gli ultimi boatos, rivestirà l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio (con deleghe da definire e assegnare in seguito). Un ruolo apicale dovrebbe essere assegnato a un altro esponente dell’inner circle di Giorgia, il senatore Giovanbattista Fazzolari.

Quanto a Forza Italia, Silvio Berlusconi punterebbe ad almeno un ministero di primo piano: gli Esteri innanzitutto, per Antonio Tajani, che si sarebbe tirato fuori dal totonomi sulla presidenza della Camera. Il numero due di Fi, già presidente del Parlamento Ue e commsisario Ue ai Trasporti, non ha mai nascosto di essere a disposizione, forte proprio della sua esperienza europea con il suo profilo moderato, europeista e atlantista potrebbe far comodo a Fdi.

Nomi azzurri che circolano con insistenza anche quelli della fedelissima di Arcore Licia Ronzulli, (alla Sanità o alla Famiglia) e del presidente dei senatori Anna Maria Bernini, già ministro per le Politiche dell’Unione Europea, mentre si parla di Alessandro Cattaneo, attuale responsabile dei Dipartimenti del partito forzista, allo Sviluppo economico come viceministro. Circola anche il nome del sottosegretario uscente alla Difesa, Giorgio Mulè, dato papabile ancora alla Difesa o al Sud. (Adnkronos)

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