“Nel Veneto, come nel resto d’Italia, le aziende sono in grandissima difficoltà e si arrangiano come possono per far fronte ai rincari: ad esempio, cambiando orari di produzione e andando su fasce dove la bolletta è meno cara. E vediamo anche un piccolo rallentamento dell’esportazione del settore automotive verso la Germania, è una complicazione”. Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto, parla con Adnkronos/Labitalia della situazione che vivono le imprese del territorio e non nasconde la sua preoccupazione. “Per ora -spiega Carraro che è alla guida di una grande azienda del settore macchine agricole, movimento terra e componentistica- non ci sono segnali evidenti di chiusure, il sistema tiene, ma a scapito dei nostri bilanci perché va ad intaccare i nostri margini laddove non è possibile alzare i prezzi dei prodotti”.
Non solo. Con la fine del mercato dell’energia a prezzo bloccato, fissata per il 31 dicembre 2022 “il problema che stanno avendo molte aziende è trovare i contratti per dopo dicembre, per il 2023: è difficile non solo trovare contratti vantaggiosi, ma neanche gli stessi fornitori di gas fissano un prezzo perchè non sanno neanche loro cosa fissare” spiega Enrico Carraro. “Per un’impresa che deve fornire merce e fissare i prezzi, è un fatto che condiziona negativamente la programmazione”, aggiunge. In più adesso “c’è il problema delle forniture di gas dall’Austria -ricorda Carraro- anche se ieri Eni ha annunciato che sta lavorando per risolvere il problema. Anche in queste difficoltà si vede che siamo un Paese in grado di lavorare tutti insieme: bisogna fare presto”.
In questo scenario si insedierà presto un nuovo governo a cui Confindustria ha già mandato un messaggio. “Ha ragione il presidente Bonomi -dice Carraro-: evitiamo fantasie di flat tax e di cose che potranno essere riprese in tempi diversi e andiamo avanti sulla questione energia”. Invece, “il nuovo governo continui nella direzione intrapresa dal ministro Cingolani e dal presidente del Consiglio Dragh, quella di rendere sempre più marginale l’importazione di gas dalla Russia e poi determini il price cap: questa è la madre di tutte le battaglie”.
“Certo, il price cap non può che essere europeo -aggiunge l’imprenditore- perché, se fosse solo italiano, i fornitori di gas italiano andrebbero a venderlo all’estero dove glielo pagano di più: bisogna necessariamente trovare un accordo europeo”. La Germania ha dato però un segnale forte di andarsene per conto proprio. “Certo non è stato un bel segnale -osserva Carraro- ma noi non abbiamo potuto dare un segnale analogo perché non abbiamo quei soldi a disposizione. E comunque -conclude- c’è da considerare che 200 miliardi per un Paese come la Germania che è il doppio dell’Italia come popolazione e con quella struttura produttiva, non è una cifra enorme”. (di Mariangela Pani)
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