Cosa dicono Fdi, Lega e Forza Italia
(Adnkronos) – “Non lo so, ne parleremo nei prossimi giorni”. Giorgia Meloni risponde così, lasciando Montecitorio, a chi gli chiede se i partiti del centrodestra andranno separatamente alle consultazioni al Colle per la formazione del nuovo governo. Più secca la Lega: “Sono prive di fondamento le notizie relative al centrodestra diviso alle consultazioni al Colle”. E Forza Italia?
Dopo lo ‘strappo’ al Senato degli azzurri, che non hanno partecipato al voto su Ignazio La Russa, diventato presidente grazie al soccorso dell’opposizione, sarebbe in corso un vero e proprio braccio di ferro tra Fi e Fdi. Giorgia Meloni ha fatto sapere che andrà avanti per la sua strada, ovvero, nessuno le farà cambiare idea dopo i dubbi espressi a Silvio Berlusconi sulla lista dei ministri azzurri, a cominciare da Licia Ronzulli, che allo stato resta fuori dal Cdm.
In casa Fi pesa il ‘no’ di Meloni all’upgrade governativo della fedelissima di Arcore, anche per un dicastero di fascia medio-bassa, tipo le Politiche Ue. E queste resistenze da parte di via della Scrofa su alcuni nomi indicati dal Cav avrebbero portato gli azzurri a valutare anche la possibilità di presentarsi separati alle consultazioni al Colle per la formazione del nuovo esecutivo. Un’ipotesi che, però, raccontano, divide Forza Italia, ormai ridotta a due correnti, i filo-ronzulliani e i parlamentari vicini ad Antonio Tajani. Un’opzione che certo non piace a Meloni.
L’ira di Fi per il ‘metodo meloniano’ nella scelta dei ministri, raccontano, potrebbe ripercuotersi anche oggi alla Camera, quando l’Assemblea sarà chiamata ad eleggere il suo presidente, il leghista Lorenzo Fontana a partire dalle 10.30. Oggi a Montecitorio si gioca un’altra partita, dice a mezza bocca un parlamentare forzista di lungo corso, che paventa il rischio di franchi tiratori. Se il capogruppo uscente di Fi alla Camera, Paolo Barelli, dice che il partito darà l’ok a Fontana (”ritengo di sì”), non nasconde una vena polemica il collega di partito Alessandro Cattaneo, papabile ministro, che spiega: “Non è un problema di nomi. Noi non personalizziamo e non mettiamo veti, noi…”.