Da sempre meta ideale per amanti della natura e del mare, oggi questo paradiso ecosostenibile dell’Oceano indiano vuole fare del turismo responsabile il nuovo imprescindibile trend, in cui tutti sono parte attiva, dai visitatori alle strutture che li accolgono. Un viaggio all’insegna della sostenibilità che parte già dal volo. Tra le compagnie aeree che più agevolmente collegano l’Europa con le Seychelles, via Dubai, Emirates è da tempo impegnata nel controllo del consumo di carburante, nella riduzione delle emissioni e anche dell’inquinamento acustico. Non solo: le pulizie sono effettuate con un sistema di lavaggio ‘a secco’; le coperte sono realizzate con bottiglie di plastica riciclata; i kit di cortesia sono in carta riciclata o in legno e riutilizzabili; i materiali cartacei sostituiti da supporti digitali. La compagnia è molto attenta pure al riutilizzo dei componenti interni degli aeromobili e a combattere lo spreco alimentare, anche autoproducendo le verdure in una vertical farm. Sbarcando all’aeroporto internazionale delle Seychelles, quindi, è già cominciata l’esperienza non solo di ‘un altro mondo’ – come recita il claim di Tourism Seychelles, che nel suo logo, fresco di restyling, raffigura un colorato uccello in libertà – ma di un altro modo di vivere il viaggio.
Un approccio che parte dall’ecosistema per abbracciare poi tutti gli altri aspetti della cultura e della società di questo giovane paese, indipendente dal 1976, che fatica a conservare la memoria di un passato fatto da oltre due secoli di colonizzazione, prima francese e poi inglese, ma che è stato il primo al mondo a inserire nella propria Costituzione il principio della conservazione ambientale. Con quasi la metà di territorio che è area protetta, due siti patrimonio Unesco, una flora e una fauna che conta circa mille specie endemiche, le Seychelles sono uno dei 25 Biodiversity Hotspots di tutto il mondo. Nelle sue 115 isole, in parte granitiche e in parte coralline, si trova una grande varietà di ambienti naturali che incontrano la mano dell’uomo solo nei centri principali. Ed è dal rispetto di questo ecosistema che dipendono le comunità locali, in un circuito virtuoso in cui anche il turista diventa attore.
Lo sanno bene i resort, punto di forza della ricettività dell’arcipelago e primo luogo di incontro dei visitatori con la natura che li circonda: in questi angoli paradisiaci, infatti, il lusso va a braccetto con la sostenibilità grazie non solo ad avanzate policy di gestione alberghiera, ma anche a progetti di salvaguardia ambientale promossi in cooperazione con istituzioni e ong; il tutto coinvolgendo e responsabilizzando l’ospite in prima persona.
A cominciare dalla catena internazionale Hilton, presente con diverse strutture. Nell’esclusiva isola di Silhouette, dove si arriva con trasporto e attracco privato dell’hotel, l’Hilton Seychelles Labriz Resort è uno dei due unici alberghi di un’isola semi-disabitata, senza strade né auto, immerso in una foresta incontaminata che ne è parte integrante e affacciato sull’Oceano. L’hotel opera a stretto contatto con la Ics-Island Conservation Society, una ong impegnata nella salvaguardia dell’habitat naturale dell’isola, che ha sede negli ambienti dell’antica casa colonica appartenuta alla famiglia Dauban, che qui avviò le piantagioni di cannella, vaniglia, caffè e noci di cocco. Tra le numerose attività svolte in collaborazione, delle giornate dedicate alla pulizia dell’isola, a cui possono partecipare anche gli ospiti dell’hotel ricevendo in simbolico premio un voucher da utilizzare in uno dei sette ristoranti del resort, che offrono un ampio ventaglio di tradizioni culinarie, da quella locale a quella asiatica ed europea. E a rifornire le cucine non poteva mancare un giardino botanico interno, dove vengono coltivati ortaggi a chilometro zero. Luci abbassate in tutto il resort, poi, per ridurre il consumo di elettricità.
Altre strutture Hilton sorgono nell’isola principale delle Seychelles, Mahè, in cui si trova anche la capitale Victoria, la più piccola al mondo, dove alle memorie coloniali (come la Torre dell’orologio che riproduce il Big Ben in miniatura e il Sir Selwyn Selwyn-Clark Market) si sovrappongono nuovi futuristici quartieri come Eden Island, terraferma strappata al mare per ospitare una moderna marina, un centro commerciale e lussuose abitazioni. All’Hilton Seychelles Northolme Resort, a picco sulla costa nord, un programma gestito in cooperazione con la Marine Conservation Society permette agli ospiti di assistere a sessioni informative sulla protezione della barriera corallina antistante la struttura e di conoscere come opera la Coral Nursery. Accompagnati da guide esperte, si può partire per uno snorkelling tour per vedere da vicino la preziosa formazione sottomarina tipica dell’Oceano indiano. Gli ospiti sono poi sensibilizzati nel ridurre il consumo di acqua quando si fa la doccia, dotata di un ‘sandtimer’.
Ma in questo hotel, famoso anche per aver ospitato lo scrittore britannico Ian Fleming che qui si ispirò per uno dei suoi 007, la sostenibilità si declina pure a tavola e prende la forma di un incontro tra culture. Lo chef è l’italiano Manuel Carbone, che, partito dalla pizzeria di famiglia ai Castelli romani, ha poi intrapreso la carriera all’estero approdando, dopo un lungo percorso attraverso gli Emirati Arabi e la Nigeria, alle Seychelles come executive. E qui la sua cucina parla delle sue esperienze, di Oriente e Occidente, e soprattutto di riuso e chilometro zero. Tanto che per rifornirsi di mozzarella si rivolge a un altro italiano trapiantato alle Seychelles che ne ha avviato la produzione proprio a Mahè. Non solo: ai fornelli le tecniche di cottura ottimizzano il consumo energetico e gli scarti sono riutilizzati per creare gustosi aperitivi da servire ‘floating’ mentre si fa il bagno nelle piscine private delle villas che compongono la struttura.
Spostandosi a Praslin, la seconda isola delle Seychelles per dimensioni, dove si trovano alcune delle spiagge più spettacolari, il contatto con l’ecosistema si allarga ancora. Basta addentrarsi nella la Vallée de Mai, foresta primitiva patrimonio mondiale Unesco, dove dimora il leggendario Coco-de-Mer e numerose specie rare di flora e fauna. Un paesaggio che non abbandona l’occhio quando si entra in una delle strutture più esclusive dell’isola, il Constance Lémuria Seychelles Resort, l’unico dell’arcipelago a ospitare anche un campo da golf perfettamente inserito nella natura, che si snoda tra i saliscendi collinari con vista mozzafiato sul mare cristallino, e che è teatro anche di un importante campionato internazionale. Per gestire l’impegno a favore della sostenibilità, il resort si è dotato di figure professionali ad hoc, con tanto di Sustainability manager, carica ricoperta dalla giovanissima Mersiah Rose, che si occupa di tutto ciò che riguarda l’efficientamento energetico ma anche finanziario.
Imperdibile, poi, per chiunque soggiorni in hotel, l’incontro con Mr. Robert, il ‘Turtle manager’: in questo resort, infatti, vengono custoditi diversi esemplari della famosa tartaruga gigante, che si possono vedere a distanza ravvicinata negli spazi creati appositamente per offrire loro un habitat naturale. In sua compagnia, quindi, si può imparare tutto della vita e della fase riproduttiva di questi rettili del mare, ma anche di innumerevoli specie di uccelli: basterà cercarlo nel suo ‘ufficio’, avendo cura di entrare scalzi perché al posto del pavimento si troverà la sabbia. Al Constance Lémuria, dunque, è forte il coinvolgimento non solo degli ospiti ma anche dei dipendenti nella causa della sostenibilità, tanto da fidelizzarli stagione dopo stagione puntando sul welfare aziendale, che a queste latitudini non è certo una prassi.
Un’attenzione, quella verso il personale e la comunità locale, che caratterizza anche un’altra struttura di Praslin, il Paradise Sun Hotel. Un quattro stelle che punta su un format più informale, con attività inclusive e socializzanti, compresa la crociera lungo la costa, senza dress code e con cena a buffet in spiaggia, con animazione soft e atmosfera familiare. In questo albergo i clienti italiani rappresentano il 30% e si può trovare personale parlante la nostra lingua, a partire dall’instancabile animatore John. Qui la sostenibilità diventa anche responsabilità sociale di impresa: il general manager, Paul Norman, inglese, non solo ha assunto dipendenti locali, ma anche i servizi dell’hotel sono aperti ai residenti. E, a rimarcare la valorizzazione del territorio, tra le attività proposte, anche originali lezioni di artigianato locale e di danze tradizionali, un unicum in un paese che si visita più per il mare che per la sua cultura.
Una cultura che, invece, avrebbe molto da raccontare, nascendo da secoli di dominazioni, colonialismo e commerci. Fusione di etnie che, dall’epoca delle grandi esplorazioni, si sono succedute e mescolate – quella dei coloni bianchi francesi e inglesi, quella degli schiavi neri africani deportati, e poi quella dei commercianti marittimi e dei nuovi immigrati indiani e cinesi – la cultura locale è uno dei più emblematici esempi di melting pot. Un riuscito processo di integrazione che si riflette in ogni aspetto e immancabilmente anche nella cucina creola, con quel mix di ingredienti di varia provenienza (fra tutti, spezie come il curry, la cannella e la vaniglia) e di materie prime locali con in testa il pescato freschissimo.
Alle Seychelles nei confronti delle diverse culture c’è la stessa attenzione riservata all’ambiente: la parola d’ordine è preservare le unicità, con un atteggiamento rispettoso che tende a valorizzare la diversità come l’ecosistema. Nuova tendenza di un turismo responsabile, dove la sostenibilità per il turista diventa allo stesso tempo dovere e attrazione, e soprattutto esperienza.