Zuppi ha parlato anche del rischio di abituarsi alla guerra: “E’ un pericolo, perché abituarsi alla sofferenza degli altri e ad avere un incendio vicino casa è pericolosissimo. Suona l’allarme e a un certo punto ti abitui all’allarme. E’ dunque ancora peggio, perché significa che non ci rendiamo conto di quel che accade e di conseguenza siamo ancora più esposti e più vulnerabili alla forza del male e della guerra”.
“Come uscirne? Innanzitutto – ha detto Zuppi – dobbiamo uscirne. La sintesi è quella che ha già illustrato il Papa, che ha chiesto in tanti modi espliciti e impliciti: la vera vittoria è la pace. Non c’è altra vittoria. Dato e non concesso che possa esserci una vittoria militare, questa porterebbe una continua escalation militare con il rischio di omologare gli ordigni nucleari a naturale e ineluttabile conseguenza sul terreno. Certamente c’è il problema di coniugare la ricerca di altre soluzioni con il tema della giustizia, perché è ovvio che la pace e la giustizia vanno insieme. Non si può solo pensare alla pace senza giustizia, perché ciò porterebbe a una prosecuzione del conflitto. E’ necessario cercare il dialogo. Henry Kissinger, con cui si può essere o meno d’accordo ma è una persona intelligente, parlava di dialogo esplorativo. Questo però non può coinvolgere solo i due attori principali, ma anche tutti coloro che possono e debbono creare l’opportunità affinché tale dialogo esplorativo possa essere avviato. E’ indispensabile”.
Zuppi ritiene che “nel conflitto fra la Russia e l’Ucraina le occasioni perdute siano tante, considerato che nel frattempo entrambi i Paesi avevano intensi rapporti con l’occidente. La conoscenza della storia del conflitto è decisiva per trovare gli spazi possibili di incontro e dialogo. La pace non è touch, un tasto da schiacciare. Nel mondo reale è tutt’altro”.