Decine di respingimenti
(Adnkronos) – Dopo i controlli a tappeto di ieri, continua il presidio della polizia francese al confine di Ventimiglia, anche se oggi in maniera meno serrata rispetto alle scorse ore. Anche il dispiegamento di uomini ai valichi si è ridotto, rientrando pressoché nella normalità. Al valico di Ponte San Ludovico, infatti, la polizia di frontiera francese, che nelle ultime ore ha rafforzato il proprio dispositivo di circa 500 unità, ferma per le verifiche in particolare furgoni, camper e roulotte in transito per bloccare l’ingresso in territorio d’oltralpe di migranti stranieri. I controlli causano anche qualche rallentamento del traffico che, tuttavia, si risolve in breve tempo.
Intanto, nell’altro valico di frontiera di Ventimiglia, Ponte San Luigi, anche questa mattina, come nei giorni scorsi, è proseguito l’arrivo alla spicciolata di migranti che vengono bloccati in territorio francese, per lo più a bordo di treni, ma anche a piedi attraverso i sentieri di montagna, e quindi respinti in suolo italiano. Ad accoglierli, come di consueto, al fianco dei poliziotti, un mediatore culturale incaricato di spiegare loro le procedure burocratiche mentre davanti agli uffici stazionano volontari di associazioni umanitarie che forniscono qualche genere di conforto, cioccolata e biscotti, e indicano dove trovare un pasto caldo e riparo nelle ore più fredde. Secondo le stime, tuttavia, i respingimenti, negli ultimi giorni, sarebbero aumentati di qualche decina.
Migranti si raccontano con il traduttore dello smartphone – Questa mattina i primi ad essere accolti e identificati dalla polizia italiana sono stati una decina di giovani, per lo più provenienti dal centro Africa, qualcuno dalla Siria, uno anche dalla Turchia. E successivamente tre famiglie con tanto di bambini al seguito. Tra i migranti respinti arrivati al valico di frontiera di Ponte San Luigi
Per tutti la procedura è la medesima: agenti italiani li vanno ad accogliere al confine e li accompagnano negli uffici per l’identificazione dattiloscopica dopodiché, con in mano il foglio di rientro rilasciato dalle autorità francesi, si avviano a piedi verso la cittadina ligure in cerca di un posto dopo trascorrere le ore, molto probabilmente prima di riprovare a oltrepassare il confine.
Quando escono dagli uffici della polizia italiana hanno poca voglia di parlare, e molti di loro non conoscono neppure una lingua che non sia quella di origine, una o due parole in inglese o francese e tanti gesti per spiegare che è la Francia il paese dove vogliono andare per cercare lavoro. L’unico a parlare un po’ di inglese è un giovane della Guinea che subito premette “qui non ho nessuno, né famiglia, ne’ amici, dal mio arrivo in Italia ho sempre dormito in strada, in Francia invece un cugino ed è la’ che vorrei andare perché penso di poter avere qualche possibilità in più di integrazione. In Italia mi sento sicuro solo al 50%, la gente non si fida di chi non riesce a farsi capire”.
Vuole raccontare la sua storia ma non conosce che l’arabo, per questo chiede al cronista di aiutarlo con il traduttore dello smartphone. E così prova a spiegare che ha 65 anni che da due mesi è in Italia dove è arrivato passando dalla Libia con i due figli che sono con lui, vuole andare in Germania, dice, ma poi chiede di essere aiutato a raggiungere Milano. Non ha voglia di parlare il giovane che arriva dalla Turchia, con il traduttore alla mano spiega che è dispiaciuto ma non ha tempo, deve provare a trovare una soluzione adesso che è tramontato, almeno per ora il suo passaggio in Francia.
L’unico che parla un po’ di italiano è un giovane egiziano, ha 23 anni, una relazione da poco conclusa con una ragazza italiana con la quale ha convissuto nel milanese, dove ha fatto anche il muratore. Da qualche tempo dorme in strada e ora nei suoi progetti c’è Nizza o Parigi. Parla quasi solo l’arabo, ma prova a spiegarsi con un po’ di inglese un 23 enne egiziano, dice che è arrivato con una barca in Calabria e ora cerca lavoro perché nel suo paese la vita è troppo cara e non c’è occupazione, anche al cronista chiede un lavoro, poi sconsolato si gira e si allontana con gli altri, con a spalle i pochi effetti personali racchiusi in borse di fortuna.