Criptovalute ”Droghe e hacking tra le nuove vie”

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(Adnkronos) – Aumenta sempre di più l’utilizzo delle criptovalute in attività illegali. Droghe, hacking, omicidi, finanziamento al terrorismo, riciclaggio e sottrazione dei capitali alla tassazione, sembrano non esserci limiti per questa nuova forma di investimento e allo stesso tempo di pagamento. Con la criminalità che detiene più di 25 miliardi di dollari in criptovalute da fonti illecite. Un fenomeno che non sembra risparmiare alcun paese come spiega il Colonnello Gian Luca Berruti, già Comandante del gruppo investigativo del nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza e da poco trasferito in servizio presso l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.

”I Cripto-Asset, in generale -spiega all’Adnkronos- possono costituire apparentemente uno strumento efficiente per la criminalità e le transazioni illegali. Ad esempio, le criptovalute sono considerate più efficienti per il riciclaggio rispetto al contante per la grande facilità e velocità di spostamento internazionale che il contante non può assolutamente avere. Proprio questa loro caratteristica le rende universali e quindi attualmente non credo si possa escludere nessun paese europeo da fenomeni di illegalità né fare classifiche”.

Parlando del fenomeno del riciclaggio il Comandante Berruti può confermare ”che nelle nostre ultime indagini abbiamo riscontrato un aumento della casistica in cui questo si interseca con il mondo virtuale. In generale, secondo lo studio del 2022 da parte di Chainalysis inc, azienda americana specializzata in questo settore, le bande criminali detengono più di 25 miliardi di dollari in criptovalute da fonti illecite. Bisogna però precisare che le transazioni hanno raggiunto complessivamente un valore totale di 15,8 trilioni di dollari nel 2021 e che le attività che hanno coinvolto indirizzi illeciti sono state solamente lo 0,15 per cento. Non è quindi certamente quello della criminalità e del riciclaggio il principale campo di applicazione delle criptovalute. Ritengo però che la loro crescente popolarità richieda una maggiore attenzione e cautela nonostante si tratti di strumenti basati sulla blockchain che per sua natura è trasparente e può consentire di rilevare e prevenire attività illecite”.

I rischi per il consumatore che investe in questa attività non sono pochi. ”Man mano che il mondo delle criptovalute matura, queste assomiglieranno sempre di più alle valute legali che utilizziamo tutti i giorni; per ora i rischi per coloro che si affacciano alle nuove modalità di investimento, restandone poi, truffati, sono spesso gli attacchi di phishing, pratica che però riguarda qualunque tipo di servizio digitale ma che si è da subito adattata a questo nuovo sistema. Avviene tramite siti internet falsi che richiedono account personali, tramite mail o allegati contenenti virus o malware o ancora con profili fake sui social media e si rischia la perdita irreversibile della somma di denaro investita”. Ma non solo. Il colonnello sottolinea che le criptovalute, oltre ad essere strumento di “trasformazione o sostituzione” di beni o denaro, ”possono essere esse stesse proventi del reato. Pensiamo ad esempio agli illeciti tipici del mondo del cybercrime come Ransomware, truffe online o attacchi informatici che si avvalgono unicamente di questa tecnologia per tutti i pagamenti”.

Tornando al riciclaggio, secondo il Colonnello occorre distinguere ”il ‘riciclaggio digitale strumentale’ dal ‘riciclaggio digitale integrale’: nel primo caso la criptomoneta viene sfruttata solo per migliorare o favorire le tradizionali operazioni di ‘laundering’, che si svolgono secondo gli schemi delle operazioni classiche utilizzando i criptoasset solo come un passaggio successivo (mediante un operazione di cambio del denaro) per sfruttarne la complessa tracciabilità e anonimizzazione e poi reimmettere le somme nel circuito dell’economia legale. Nel riciclaggio digitale integrale, tipico delle operazioni native in Cripto, tutte le fasi di riciclaggio avvengono mediante questi strumenti attraverso transazioni online che garantiscono lo pseudo-anonimato e impegnative difficoltà di controllo da parte delle autorità statali. Il riciclaggio digitale integrale è la forma di riciclaggio, dunque, ritenuta più pericolosa. Non vi è, infatti, alcun contatto materiale tra il riciclatore ed il contante, ma l’operatore perfeziona il procedimento di laundering attraverso operazioni anonime e virtuali: è Il fenomeno del c.d. cyberlaundering”.

Nel frattempo il contrasto delle forze dell’ordine cresce di pari passo. ”Uno sviluppo positivo dell’ultimo anno è stata la crescente capacità di alcune forze dell’ordine di diversi stati membri, tra cui ad esempio la Guardia di Finanza per l’Italia, di riuscire a sequestrare i criptoasset. Questo è molto importante non solo perché permette la restituzione delle somme alle vittime di crimini e allo stesso tempo la sottrazione delle stesse dagli scopi illeciti, ma anche perché smentisce la tesi secondo cui le criptovalute sarebbero non rintracciabili e non sequestrabili, ergo perfette per il crimine”.

Le difficoltà che si incontrano nel controllare questo mercato comunque non sono poche. ”Nel mercato della valuta digitale la singola operazione è pubblica e facilmente tracciabile attraverso la blockchain -registro pubblico-, ma risulta poi difficile risalire al soggetto titolare della transazione, che rimane naturalmente anonimo all’interno del circuito Cripto internazionale. Al presidio efficace degli interessi economico-finanziari dei cittadini e dell’impresa sana nel mondo virtuale è determinante ottemperare mediante apposite investigazioni che beneficiano dell’ausilio dei nuovi strumenti investigativi di grande utilità: un esempio sono le piattaforme informatiche dotate di intelligenza artificiale. Queste piattaforme abbinano moduli di web-intelligence, che consentono l’esplorazione efficace dei Social Media, a strumenti di ricerca per il Deep e Dark Web in un’unica interfaccia correlata con la creazione, gestione e mantenimento di BOT e Avatar appositamente programmati di volta in volta per supportare le indagini”.

E non solo. Gian Luca Berruti sottolinea che ”consentono inoltre l’interazione automatica con i software dedicati proprio alle criptocurrencies e alla Digital Forensics permettendo di effettuare in tempo reale correlazioni anche con eventuali evidenze digitali o elementi come chiavi pubbliche/private rinvenuti o oggetto di Leak”. E se il ricorso all’istituto dell’agente ‘Under-cover’ in rete, quando la legge lo consente, ”rimane lo strumento più efficace nel contrasto ai reati informatici è vero che le informazioni per de anonimizzare un criminale potrebbero quindi essere già reperite in maniera diretta sulla rete per poi essere definitivamente acclarate mediante un attività di polizia giudiziaria tradizionale (perquisizione, sequestro etc)”. In questa direzione, oltre agli strumenti tecnologici, ”e’ sempre più determinante il ruolo della magistratura: all’efficace direzione di queste indagini va aggiunta l’importanza della cooperazione giudiziaria internazionale in questo settore, che a mio parere è ormai divenuta imprescindibile”.

Ma quanto possono le monete virtuali finanziare le attività illegali e si può parlare anche di criminalità virtuale o, di infiltrazioni criminali? ‘ ”L’attività criminale è un problema per tutte le valute del mondo ma nel caso delle cripto non sta al passo con la crescita dell’ecosistema che in un anno (dal 2020 al 2021) ha visto il volume totale delle transazioni crescere del 567%. Certamente la diffusione delle nuove attività finanziarie legate alle criptovalute e il loro apparente anonimato ha implicato che i criminali del web cominciassero da subito a utilizzare questi nuovi canali anche in maniera spregiudicata sfruttando talvolta anche la scarsa comprensione di un corretto utilizzo da parte degli investitori”.

Sicuramente gli interventi sotto il profilo della regolamentazione denotano, ”ad esempio, un aumento dell’utilizzo della moneta virtuale nei mercati illegali. Possiamo quindi certamente testimoniare l’esistenza di una nuova criminalità virtuale, per ora fortunatamente di nicchia, transnazionale spesso giovane e molto avvezza alle nuove tecnologie. Anche la cyber-resilienza si è però fortemente evoluta e giocherà, a mio avviso, un ruolo sempre più determinante, insieme alle attività delle forze di polizia, nel campo della prevenzione e del contrasto al crimine informatico le cui implicazioni sono ormai praticamente sempre connesse all’illecito arricchimento ed al danno all’economia. In particolare, sottolineo che l’approccio a questo segmento del mondo cyber abbinerà sempre maggiormente la cultura della consapevolezza sui rischi connessi alle nuove tecnologie con l’innalzamento delle capacità tecniche necessarie ad acquisire, elaborare e processare le informazioni digitali con una maggiore consapevolezza anche attraverso i nuovi strumenti informatici che auspico siano basati su tecnologia nazionale”.

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