PNRR, i Comuni non spendono? Ecco la verità

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POCHE DOMANDE PER I NIDI? IL GOVERNO INTERVENGA PER GARANTIRLI OVUNQUE

Nei giorni scorsi abbiamo letto su tutti i giornali articoli sulla mancata presentazione di domande di finanziamento per gli asili nido nei nostri Comuni. 

Queste notizie sono fondate ma vengono utilizzate in modo strumentale per negare soldi al Sud o per mettere in discussione la quota del 40% del Pnrr al Mezzogiorno o per giustificare l’autonomia differenziata. 

Non passa la notizia invece che moltissimi Comuni pugliesi, lucani, calabresi, campani e siciliani invece i progetti li hanno presentati, eccome, pur con mille difficoltà. 

“Per questo – commenta Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva delle Fonti – chiediamo che il Ministero apra un’istruttoria sulla vicenda delle mancate richieste di finanziamento agli asili nido, che privano migliaia di bambini e delle loro famiglie di un diritto fondamentale e distingua caso per caso.

Se ci sono grossi centri che, pur avendo le risorse umane e finanziarie minime per poter presentare i progetti non l’hanno fatto per inerzia o per scarsa sensibilità, che siano COMMISSARIATI. I poteri sostitutivi possono essere attivati per garantire l’obiettivo del 33% di copertura entro il 2026 dei nidi per i bambini fino a tre anni in tutte le città d’Italia”. 

Da una piccola indagine all’interno dei Comuni della nostra rete, però, emergono anche altre verità sulle cause che hanno spinto gli amministratori a non presentare progetti: dalla mancanza di tecnici in Comuni troppo piccoli che devono per forza di cose selezionare i progetti da presentare, al timore di non essere in grado di assicurare finanziariamente la gestione in futuro. Ci sono poi municipi che non hanno neppure le aree dove realizzare gli asili e altri che si stanno spopolando così rapidamente da non avere più nemmeno bambini che possano riempire le strutture da realizzare.

E allora un po’ di onestà intellettuale: forse il problema non sono gli “amministratori incapaci del Sud”, forse il problema è  che la misura è stata concepita e gestita male.

Ecco la testimonianza di un primo cittadino pugliese: “Noi non abbiamo ottenuto il finanziamento al primo bando asili nido perché – nonostante un progetto esecutivo di un milione di euro con arredi e tutto il resto – abbiamo candidato una struttura abbandonata e all’epoca non lo si poteva fare. Al secondo bando, invece, abbiamo partecipato con lo stesso progetto, rimodulando il progetto per 800 mila euro e ce l’abbiamo fatta. Ma rinunciando a sistemazione esterna e arredi, e con grandi difficoltà perché stiamo avviando la gara per i lavori con il nuovo aggiornamento dei prezzi. Se fossimo stati finanziati la prima volta sarebbe già stato costruito e reso a norma con arredi e piazzale esterno!”. 

Spiega invece un sindaco lucano, Mosè Antonio Troiano, di San Paolo Albanese: “Ci sono tanti Comuni piccoli che hanno altre esigenze, perché, purtroppo, hanno pochissimi bambini. Si dovrebbero mettere in campo progettualità che possano generare occupazione, e di conseguenza, nascite di bambini. 

Sotto questo aspetto il PNRR non sta dando i dovuti frutti, se non generare debiti per noi e per le future generazioni”. 

Dalla provincia di Lecce arriva la condivisione del sindaco di Trepuzzi, Giuseppe Taurino, e un altro caso eloquente, quello di Caprarica: “Noi abbiamo già – spiega il sindaco Paolo Greco – un nido con 36 bambini, su una popolazione di 2400 abitanti. Oggi ci sarebbe anche richiesta, ma tra 5 anni con i nidi finanziati a pioggia finiremo per pagare noi le famiglie contendendoci i (pochi) bambini che nascono nell’intero comprensorio di ambito sociale”. “Va cambiato il meccanismo…le opere di coesione si fanno dove c’è esigenza, non è una corsa!”, spiega invece un sindaco campano. E dal Molise un altro primo cittadino concorda: “Infatti, questa continua e assurda corsa contro il tempo è un altro fattore che non fa altro che dare risultati pessimi. Ci vorrebbero tempi più lunghi soprattutto per consentire una migliore programmazione dando modo di condividere e proporre i progetti anche di livello intercomunale”. In effetti, quando c’è stato coordinamento nei progetti, come nel caso della Città metropolitana di Bari, le defezioni sono state minime. 

L’insuccesso dei bandi sugli asili nido comunali, dunque, deve fare riflettere non tanto sulla famigerata “pigrizia” dei Comuni del Sud (tra l’altro molte mancate candidature sono riferite a Comuni del Centro-Nord) ma sui limiti stessi del Pnrr. Il piano anziché darsi il compito di leggere e recepire le istanze che provenivano dai territori, come abbiamo proposto noi con il Libro bianco, ha deciso di indire un’assurda riffa.

È evidente – come avevamo già sottolineato – che la soddisfazione di un diritto da garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale non può essere affidata alla competizione tra Comuni attraverso i bandi. Si ricorre agli avvisi pubblici per ovviare all’insufficienza di risorse, come mette in luce nel suo articolo Marco Esposito. O per avere, alla fine della lotteria, dei “perdenti” da sottoporre al ludibrio nazionale come esempio dell’inefficienza amministrativa del Sud da “curare” con l’autonomia differenziata o con il trasferimento di risorse verso “chi le sa gestire meglio”. 

Aggravando, anziché ridurre, i divari territoriali ai quali il Recovery Plan dovrebbe porre fine.

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