(Adnkronos) – Il futuro del lavoro parla inglese, è tecnologico e digitale, si svolge da remoto, garantisce il posto fisso ma prevede una flessibilità compensata da un sistema di welfare adeguato. E sì, può accogliere anche i giovani percettori di Reddito di cittadinanza con la licenza media. Parola di Pietro Novelli, country manager di Oliver James Italia, società inglese di ricerca e selezione dei personale nei campo digitale e tecnologico ed ex Consigliere dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. Secondo le statistiche 2022 sugli sbocchi occupazionali dei giovani realizzate dalla John Cabot University, quasi la metà (il 43%) ha ottenuto una posizione lavorativa nei settori del digitale e dell’innovazione. Ma molte sono le posizioni che restano vuote perché mancano specialisti.
PIU’ OFFERTA DI LAVORO CHE COMPETENZE – “Sempre più talenti sono richiesti rispetto alla disponibilità non sufficiente a coprire la domanda delle aziende”. Secondo il bollettino Anpal di Unioncamere, il 47% delle aziende dichiara di non trovare il talento richiesto, nel 2017 erano il 23% le aziende che dichiaravano di non riuscire a coprire tutte le proprie posizioni per mancanza di competenze. A livello europeo si prevede nel 2030 un ‘Talent Shortage’, una mancanza di talento, di 85 milioni di professionisti con competenze (più dell’intera popolazione della Germania) un trend globale che in Italia è ulteriormente accentuato.
“E questo – spiega Novelli – per diversi motivi. Innanzitutto il nostro trend demografico abbastanza allarmante: secondo dati Istat tra 30 anni avremo 5 milioni di abitanti in meno (con una perdita di Pil del 30%), abbiamo una fascia di under 30 che copre solo il 28% della popolazione totale (tra i dati più bassi in Europa) e tra questi pochi giovani soltanto il 27% tra i 30 e i 34 anni ha una laurea rispetto ai coetanei europei la cui media è del 40%. E in più – aggiunge il manager – nota dolente è la famosa ‘fuga dei cervelli’, quindi perdita di talento italiano a fronte di scarsissime capacità di ricezione di talento estero”.
INGLESE TALLONE D’ACHILLE – E la difficoltà di attrarre ‘cervelli’ stranieri così come l’impiego interno in posizioni ‘vacanti’ dei lavori tech e digitali da parte dell’Italia sta anche in quello che è un po’ il nostro tallone d’Achille: la conoscenza dell’inglese. “L’inglese è un tassello fondamentale che richiederà il mercato del lavoro e che richiede tutt’ora. Lo chiede – sottolinea Novelli – sia per rendere le nostre aziende competitive al livello internazionale nel mercato globale ma lo richiede anche per poter attrarre talento estero. L’Italia è un posto attrattivo dove vivere, dove c’è uno stile di vita buono però – evidenzia l’esperto – se le aziende non riescono a integrare lavoratori stranieri perché non si parla inglese questo poi diventa un limite sistemico e strutturale molto importante. Secondo l’English proficiency index l’Italia è al 36esimo posto al mondo e al 26esimo a livello in Europa per conoscenza della lingua. E per quanto in Italia ‘brilli’ Milano siamo comunque lontani dalle altri capitali europee”.
CLASSICO O SCIENTIFICO? MEGLIO GLI ITS – Se il consiglio numero uno per chi cerca un lavoro è studiare l’inglese, qual è il percorso scolastico più adeguato da intraprendere? Vanno ancora bene liceo classico e liceo scientifico? “Intanto prima di scegliere un percorso formativo sarebbe opportuno capire le proiezioni di quelle che sono le competenze che verranno più ricercate. Il World economic forum ne ha evidenziate diverse tra il pensiero analitico, la capacità di formazione e al livello tecnologico sia la parte di programmazione che la parte di design. Quindi ci sono sia delle competenze ‘soft’ sia delle competenze verticali specialistiche. Andando a guardare tra i percorsi specialistici scolastici tradizionali – sintetizza Novelli – lo scientifico dà più una competenza matematica e per le materie definite Stem (acronimo inglese di Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e facilita questo percorso di carriere molto fattibili. Dalla parte classica si va invece a valorizzare maggiormente uno sforzo sulla logica. Il vero punto però – afferma il l’esperto – è non guardare alla formazione tradizionale né secondaria né universitaria ma guardare a percorsi formativi ulteriori o alternativi come possono essere gli Its che sono gli Istituti tecnici superiori nella cui compagine societaria c’è sia il pubblico che il privato, quindi aziende che insieme al pubblico creano questi poli formativi con corsi propedeutici al lavoro che le aziende stesse richiedono all’interno di quell’area dove sorgono le scuole. Quindi gli Its per lavori specialistici sono degli ottimi strumenti che ad ora non sono né troppo conosciuti né troppo valorizzati. Accanto a questo – aggiunge Novelli – c’è poi un mondo tutto privato ma in grandissima ascesa che con corsi anche totalmente in remoto riescono a fornire competenze. Corsi che si possono fare dopo o insieme ad altri percorsi di studi. Perché comunque la parola d’ordine – avverte – è la formazione continua”.
METAVERSO, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E NUOVE PROFESSIONI – Ma quali sono i settori più ‘affamati’ di lavoratori? “Il mondo tecnologico è in enorme fermento: dallo sviluppo tecnologico alla sicurezza informatica alla gestione dei dati. Siamo all’alba di un momento estremamente interessante – avverte – . Abbiamo visto quest’anno Chat GPT, l’intelligenza artificiale che ha fatto le pagine dei giornali, ma dietro all’intelligenza artificiale – ricorda Novelli – c’è un numero di professionalità ancora sconosciute ma in totale emergenza perché – sottolinea – tutti i processi aziendali e tutte la aziende di qualsiasi tipo si devono ancora totalmente trasformare portando al loro interno l’intelligenza artificiale. Quindi ci saranno una serie di professioni nuove, sia legate al mondo dell’intelligenza artificiale sia al Metaverso. Nel Metaverso – evidenzia il manager di Oliver James – c’è tutto un mondo di design dentro quella che può essere l’interfaccia grafica. Chi vorrà mettere i propri servizi e prodotti dentro il Metaverso avrà bisogno di sviluppatori, grafici, profili che siano competenti rispetto a questi trend tecnologici assolutamente nuovi nel 2023 che devono ancora emergere nella loro interezza”.
DAL RDC AL CONTROLLO DEI ROBOT, UN IMPIEGO POSSIBILE – Lavori del futuro che sembrano lontani anni luce dalle competenze di molti giovani percettore di Reddito di cittadinanza con una licenza di terza media. “Sono reduce da un’esperienza in Anpal servizi – ricorda Novelli, ex consigliere dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro – e vorrei dare con grande ottimismo una visione di quello che può essere anche il ruolo dello Stato tramite l’agenzia sulle politiche attive. Di fatto – afferma – dovremmo riuscire a riportare questa potenziale forza lavoro nei meccanismi del mercato del lavoro tramite programmi seri di formazione e anche supporto sociale. Lo Stato – afferma – deve per forza farsene carico, nessun altro lo può fare, magari anche con il coinvolgimento delle imprese. Ma bisogna creare politiche concrete, serie e attive del lavoro per accompagnare questa fascia di popolazione a rientrare dai margini e trasformarla in componenti di valore che possano supportare questo divario crescente che avremo”. Per esempio, sottolinea il manager “per quanto ci sarà sempre più automatizzazione e robot in qualsiasi processo produttivo, le macchine sono comunque da gestire e quindi ci saranno degli operai specializzati che devono coprire questa parte di lavori. E su questa fascia qua si può lavorare molto, tramite gli Its o i programmi privati di formazione. E’ un impegno economico ma lo Stato ha le risorse del Pnrr. Quella che è stata la mia esperienza in Anpal – dice con rammarico Novelli – è stata una empasse totale, una struttura che è centrale in questo scenario ma che è troppo legata a meccanismi politici e non troppo virtuosi della pubblica amministrazione. Però – afferma – se sprigionate queste potenzialità sicuramente si può avere un impatto molto forte nel recuperare questa fascia di popolazione”.
POSTO FISSO E SMART WORKING – Ma una volta trovato lavoro in questi nuovi settori in espansione, il posto fisso esiste? “Ad oggi il posto fisso esiste e in futuro sempre di più – assicura – i professionisti avranno la richiesta di portare il proprio bagaglio di competenze per attività progettuali mirate dove possono mettere a frutto queste competenze e anche acquisirne delle nuove. Però – avverte l’esperto – il mercato del lavoro sulle competenze ad alta specializzazione richiede nella maggior parte dei casi una flessibilità maggiore e quindi cambia l’assioma che abbiamo avuto nelle generazioni precedenti di posto fisso a vita. Contemporaneamente – è l’indicazione del manager – ci deve essere una fortissima trasformazione anche a livello normativo e legislativo. Deve cambiare il sistema di welfare. Dobbiamo per forza di cose far evolvere il nostro modello novecentesco a quelle che sono le esigenze e le caratteristiche del mercato del lavoro moderno”. Tuttavia, sottolinea Novelli “flessibilità in questi settori di lavoro vuol dire anche possibilità di lavorare in remoto. Questo è un tema che conta tantissimo per chi cerca lavoro. L’80% delle donne secondo un dato di Forbes, richiede la possibilità di lavorare in smart working. I millennials al 92% lo identificano come una priorità per andare a valutare il lavoro. Quindi – evidenzia il manager – è un tema centrale sia di gender che generazionale”.
BARI LA MILANO DEL SUD – La pandemia di Covid è stato un acceleratore del lavoro da remoto e grazie a questo molti piccoli centri e città del Sud hanno invertito il trend di ‘spopolamento’ dando vita a nuovi poli di attrazione per lavoratori digitali. “Bari è un grandissimo esempio ora di polo innovativo che si sta creando nel sud Italia con una capacità di attrazione del talento assolutamente interessante e – assicura Novelli – comparabile a quella che è Milano. Milano oggi attrae talento da tutta l’Italia e anche dall’Europa, a Bari hanno creato dei grandi programmi di attrazione con aziende che hanno una sede a Bari e riescono a far fronte a un bacino che non vuole staccarsi dal territorio ma che ha le stesse potenzialità di quello lombardo”.
PRIMO STIPENDIO DA 2.000 EURO – Ma quanto si può guadagnare lavorando nel tech? “Il primo stipendio medio nei vari settori, può partire dai 22.700 euro annui però si attesta più sui 25-30mila euro. Quindi c’è già un forte divario a seconda delle competenze in quello che è il minimo secondo il contratto nazionale del lavoro che è quello del commercio che viene utilizzato dalle aziende di servizi che viene dato al quarto livello. Però si passa già a 25mila euro per professionisti in ambito tecnologico.
MONDO TECH A PREDOMINANZA MASCHILE – In ambito tecnologico il lavoro “purtroppo” continua ad essere patrimonio più maschile che femminile. “Anche se – confida il recruiter – abbiamo clienti che richiedono specificatamente per perseguire i loro obiettivi aziendali di parità di genere, il 50% dei candidati femminili. E per noi è un dramma perché è davvero difficile trovarle”. Più facile trovare donne in ambito digitale “dove ci sono delle buone competenze femminili ma sicuramente se guardiamo il numero di laureati in materie Stem, è una classifica ancora fortemente dominata dai maschi, quindi anche la proiezione futura per ora è al maschile ma secondo me c’è un cambiamento forte in essere”.