Maternità surrogata, Vendola a Cartabianca

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(Adnkronos) – “Dico a chi esercita pubbliche funzioni: usate le parole con accortezza, le parole possono essere pietre e fare del male. Chi siete per giudicare? Chi vi autorizza a entrare nelle vite degli altri? Che ne sapete della vita degli altri? Noi coppie gay, formate da due mamme o due papà, possiamo crescere degnamente un figlio”. Nichi Vendola, a Cartabianca, interviene per raccontare la sua esperienza di genitore di un bambino nato da ‘gestazione per altri’. Vendola, 64 anni, e il compagno sono genitori di Tobia, un bambino di 7 anni. “Avremmo volentieri adottato un bambino, per noi la genitorialità biologica non è mai stato un problema. Volevamo crescere un figlio, non volevamo un utero in affitto o una donna incubatrice. Volevamo relazioni affettive che potessero durare tutta la vita, questa ricerca è durata a lungo. Attraverso un’agenzia in California abbiamo trovato una ragazza che ci ha donato gli ovuli, con lei abbiamo un rapporto bellissimo: il mio bambino è stato il paggetto al matrimonio di questa ragazza. E abbiamo trovato una donna che, nella lettera presentata a noi dall’agenzia, chiedeva espressamente di conoscere persone con cui avere una relazione per la vita. Noi ogni settimana ci scambiano foto e video con queste due donne, quando possiamo andiamo in California: ci accolgono e facciamo festa. Mio figlio le chiama zie, progressivamente gli racconteremo tutto. Lui vive come qualcosa di speciale il fatto di avere due papà, la racconta come se fosse una favola. I papà si sono conosciuti e si sono voluti bene, volevano un figlio e hanno trovato un’amica che gli ha regalato un uovo”, racconta con commozione.

“Una donna ha fornito gli ovuli, un’altra ha portato in grembo il bambono. La madre surrogata vede crescere una creatura che non è sua, è consapevole e sceglie in questa maniera. In California la regolamentazione è molto rigida. La gestazione per altri è regolamentata in mezzo mondo. In Italia, fossi il legislatore, la vincolerei all’altruismo, al dono nei confronti di un amico, di un fratello, di un parente che diventa il beneficiario di un gesto d’amore”, prosegue.

L’esperienza vissuta, dice Vendola, non è associabile al concetto di ‘utero in affitto’. “E’ difficile immaginare che la donna che ha portato mio figlio in grembo potesse farlo per soldi. Lei è assistente sociale, il marito è operaio specializzato, hanno 4 figli. La nostra madre surrogata” è stata mossa “dalla gioia di partorire, di avere figli. Ha avuto la gioia di vivere un anno a casa con i suoi figli. Non è come in altre realtà, dove l’utero è in affitto. Noi abbiamo rimborsato un anno di mancato lavoro, abbiamo sostenuto tutte le spese necessarie per gravidanza e parto. L’impegno importante è stato per le spese sanitarie e legali”, spiega.

In Italia “bisognerebbe regolamentare la gestazione per altri. E bisognerebbe consentire l’adozione ai single e alle coppie gay, che viene impedita per ragioni ideologica. Si dimentica che in Italia ci sono un milione di famiglie monoparentali, tutte le forme di vita familiare andrebbero tutelate. Dico a chi esercita pubbliche funzioni: usate le parole con accortezza, le parole possono essere pietre e fare del male. Chi siete per giudicare? Chi vi autorizza a entrare nelle vite degli altri? Che ne sapete della vita degli altri? Togliere la vita è un crimine universale. Dare la vita non è un crimine”, dice.

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