(Adnkronos) – (di Elvira Terranova) – “Ora spero che, finalmente, questa persecuzione al generale Mario Mori e agli ex ufficiali del Ros sia finita. Per sempre”. A parlare, in una intervista all’Adnkronos, è l’avvocato Basilio Milio, che con il collega Francesco Romito ha difeso il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Ieri, alla pronuncia dei giudici della Cassazione, Milio era accanto a Mori. “Il generale mi ha guardato, mi ha dato una forte stretta di mano e si è complimentato”, racconta all’indomani della sentenza. Se nel processo di appello le accuse per gli ex alti ufficiali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno erano cadute “perché il fatto non costituisce reato”, i giudici della sesta sezione si sono spinti oltre, annullando senza rinvio la decisione in secondo grado dei colleghi di Palermo e accogliendo in pieno la linea difensiva del “per non aver commesso il fatto”.
Assolti dunque gli ex carabinieri, e assolto, come in appello, l’ex parlamentare Marcello Dell’Utri. Prescritte, invece, le accuse per il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella e per il medico Antonino Cinà, mafioso vicino a Totò Riina. Il reato per il quale erano stati condannati, rispettivamente a 27 e 12 anni anche in appello, è stato riqualificato in ‘tentata’ violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato, e dunque non più perseguibili per il tempo trascorso.
“Mi ritengo soddisfatto, perché la Corte ha accolto il mio ricorso per il generale Mori e quello dell’avvocato Romito per il colonnello De Donno”, spiega Milio. Che ci tiene a specificare: “Noi, nonostante l’assoluzione in appello, avevamo fatto lo stesso ricorso contro la sentenza di assoluzione. Si parlava di ipotesi, non c’erano certezze e le prove non erano congruenti. Allora, con il collega Francesco Romito abbiamo pensato di fare ricorso. Per ottenere la formula migliorativa. E ieri i giudici hanno accolto il nostro ricorso, meglio di così non poteva andare”.
Ma ieri qual è stato il primo pensiero di Basilio Milio, che segue le vicende giudiziarie del generale Mori, sempre assolto, fin dalla prima inchiesta, quando era ancora un giovanissimo avvocato, che seguiva le orme del padre, l’ex senatore radicale Pietro Milio, scomparso all’improvviso all’età di 66 anni per un infarto fulminante. “Ieri sera il primo pensiero è stato: ‘finalmente è stata fatta giustizia’ – dice Milio junior -. Il generale Mori era molto soddisfatto, anche lui ci teneva e sperava che si facesse giustizia nel senso della formula. Se fosse rimasta la vecchia formula del “fatto che non costituisce reato” ci sarebbero sempre stati schizzi di fango. Invece questa formula rende giustizia: il generale Mori non ha minacciato nessuno”.
E ricorda “i grandi sacrifici” e “le grandi fatiche” di questi anni, ma anche “alcuni dispiaceri, come la sentenza di primo grado”, quando Mori venne condannato a 12 anni di carcere. “Alla fine, ieri, il mio primo pensiero è stato questo: era una cosa dovuta. Agli ufficiali ma anche a mio padre” e l’avvocato Milio si commuove. “Diciamolo pure che mio padre è morto d’infarto per questo…”.
Poi, commentando l’intervista resa ieri all’Adnkronos da Fiammetta Borsellino secondo cui “c’è chi ha costruito carriere su questo processo”, Basilio Milio dice: “Fiammetta Borsellino mi ha tolto le parole di bocca, e posso dire una cosa?”: Prego. “Trovo ripugnante che in un paese che si vanta di essere la culla del diritto, su questo processo e su una sentenza errata, tanto da essere stata sconfessata in appello e seppellita dalla Cassazione, sia stato possibile costruire immeritate fortune e carriere, peraltro edificate sulla pelle di persone perbene. Ecco, l’ho detto”.
Il momento più duro “è stato quello in cui fu letta la sentenza di primo grado, che però mi aspettavo”. Perché? “Chiamiamolo sesto senso…”. Mentre su Antonio Ingroia che parla di una “auto assoluzione dello Stato”, Milio dice: “Intanto mi domando se Ingroia abbia letto la sentenza di appello, così come i nostri motivi di ricorso”. “Rilevo che ancora una volta si persevera a fare processi di piazza piuttosto che nelle aule di giustizia”. E dice che “molte persone dovrebbero fare mea culpa, e dovrebbero chiedere anche scusa”. “Ora si spera che sia finita qui la persecuzione. Possiamo chiudere un capitolo e occuparci di queste vicende sotto altre forme, ad esempio letterarie…”, facendo intuire di avere già pronto un libro sulla vicenda decennale.
Prima di chiudere ci tiene a sottolineare che, negli anni, con il generale Mori “si è instaurato un rapporto di stima reciproca e di rispetto. Anche un legame che via via si è consolidato anche dal punto di vista umano. Il generale Mori ha voluto seguire in prima persona tutto il processo, sia per rispetto di chi giudicava sia perché è giusto seguire le sue vicende. Ora, però, basta con le persecuzioni…”.