Ed Sheeran accusato di violazione del copyright

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(Adnkronos) – Copyright. Lunedì 1 maggio si è aperta la discussione presso la corte federale di Manhattan per la causa di presunta violazione del copyright da parte della star inglese Ed Sheeran (la canzone è “Thinking Out Loud”) nei confronti del classico di Marvin Gaye “Let’s get it on”. La causa è interessante per tutto il mondo della musica e non soltanto per quello anglosassone perché il motivo del contendere (peraltro non facilissimo da capire nei meandri del processo civile americano che a differenza del penale è niente affatto semplice, articolato e complesso) non è tutta la canzone nel suo insieme ma una parte di essa, diciamo la ritmica di base. Una base costituita da accordi e arrangiamenti che secondo molti, non solo musicisti ma anche esperti legali, sarebbe di pubblico dominio. Negli USA ciò avrebbe un senso specifico perché prima del 1978 (la canzone di Gaye è del 1973) le copie di canzoni che venivano depositate al Copyright Office non proteggevano esplicitamente gli arrangiamenti. Ma, come detto, il tema riguarda un po’ tutto il mondo musicale (è in gioco la libertà di usare accordi di base e arrangiamenti largamente riprodotti) soprattutto ora che il copyright musicale è messo (e lo sarà sempre di più) a dura prova dalle possibilità offerte dai sistemi basati sull’intelligenza artificiale come chatGPT.

Non è la Bbc. Il Presidente della BBC, Richard Sharp, si è dimesso pochi giorni fa per aver violato il regolamento previsto per le nomine di funzionari pubblici. La Commissione preposta, infatti, lo aveva ritenuto colpevole di aver favorito un contratto con l’uomo di affari canadese Sam Blith che avrebbe dovuto essere garante per un prestito personale (800.000 sterline) all’allora Primo Ministro Boris Johnson, lo stesso che pochi giorni dopo nominò Sharp alla testa dell’emittente televisiva pubblica. Certamente non un bell’esempio. Ma non è il primo, e (tralasciando la recente disputa con il presentatore sportivo ed ex star del calcio Gary Lineker) neppure forse il più importante. Molti ricordano l’esplosione nel 2016 del caso Jimmy Savile, all’epoca una mega star televisiva accusato di decine di abusi sessuali anche a bambini. Anche allora la Commissione indipendente puntò il dito su molti ambienti della BBC che risultarono consapevoli dei fatti evitando però di intervenire per evitarli. In buona sostanza, molti, anche alti dirigenti, avevano paura di perdere il posto di lavoro qualora si fossero messi contro la mega star stupratore seriale ma che per anni aveva fatto il bello e cattivo tempo in BBC. Naturalmente gli episodi anche così negativi non possono far dimenticare i meriti di una azienda che è passata sinora come un modello di servizio pubblico radiotelevisivo. Tuttavia un gingle di qualche tempo fa diceva “no la RAI non è la BBC”; chissà se non è meglio così.

Harry Potter. I fan del maghetto possono gioire; Harry Potter diventerà (finalmente) anche una serie televisiva. L’annuncio è stato dato pochi giorni fa da Warner Bros Discovery (la multinazionale dell’entertainment nata nell’aprile dello scorso anno dalla fusione di WB e Discovey) e la serie sarà disponibile su Max il nuovo servizio di streaming del gruppo che debutterà proprio in questo mese di maggio. I.K. Rowling ideatrice e autrice dei sette libri editi tra 1997 e 2007 con protagonista il piccolo mago (e da cui sono stati tratti otto film tra il 2001 e il 2011 che hanno incassato circa 8 miliardi di dollari) sarà una delle executive producer della serie. Cosa che farà non certamente per i guadagni immediati, essendo secondo Forbes l’autore più ricco del mondo con un patrimonio di circa un miliardo di dollari, ma forse per placare in qualche modo le recenti polemiche che l’hanno visto protagonista (è stata accusata di transfobia, accusa cui ha risposto sempre con eleganza e grande ironia). (Di Mauro Masi)

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