Settimana corta? Per l’esperto un possibile punto di svolta nel mercato del lavoro

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(Adnkronos) – “L’esperienza pandemica ha decretato la definitiva affermazione dello smart working e, con essa, il superamento della tradizionale concezione di luogo di lavoro e dei limiti spaziali di quest’ultimo, ma quanto sta accadendo nel corso dell’ultimo anno in termini di ripensamento e rimodulazione del tempo di lavoro, si annuncia come un’altra possibile importante rivoluzione, sancita dal battage che nelle due ultime settimane ha riguardato gli accordi sindacali sottoscritti da EssilorLuxottica e da Lamborghini, volti ad introdurre – da ultimo anche per le tute blu ed in settori tipicamente industriali quali quello dell’automotive – la cd. ‘settimana corta’. Tali intese sono infatti assurte agli onori della cronaca e hanno suscitato una notevole attenzione mediatica per esser riuscite, con modalità (ed anche costi) differenti, a ridurre la settimana lavorativa, di fatto accorciandola. Sebbene la progressiva diminuzione dell’orario di lavoro interessi il mondo occidentale da oltre un secolo e pur non costituendo una novità assoluta nemmeno per il nostro paese, è indubbio che tali ultimi accordi, finalizzati a stretto giro l’uno dall’altro (ed ai quali potrebbe aggiungersi a breve anche quello relativo al gruppo Leonardo), rappresentino un possibile punto di svolta nel nostro mercato del lavoro, per una serie di motivi”. Così, con Adnkronos/Labitalia, Luca Garramone, partner di Orsingher Ortu Avvocati Associati.  

“In primo luogo, perché -spiega Garramone- seppure siamo probabilmente ancora lontani dal riconsiderare alla radice il ruolo che il tempo ha nel lavoro e nella sua misurazione economica, è comunque vero che le intese che hanno previsto la settimana corta anche in contesti prettamente industriali non potranno che aiutare ad intraprendere tale cammino e, nell’immediato, a superare i vincoli temporali dell’organizzazione del lavoro tradizionale”.  

“In tal senso, per riuscire nell’intento di rendere definitivi e non solo meramente sperimentali tali accordi, le aziende che pionieristicamente hanno voluto affrontare la sfida della riduzione dell’orario di lavoro per i propri dipendenti, saranno ora necessariamente chiamate al difficile e stimolante compito di tentare di definire, positivamente, il rendimento e la produttività attesi: è solo così facendo e ridefinendo gli obiettivi cui tendere che una stabile e duratura riduzione dell’orario di lavoro a vera invarianza salariale potrà essere ottenuta e che si riuscirà a ridefinire davvero la concezione posta alla base del sinallagma di cui al rapporto di lavoro, ossia la relazione tra messa a disposizione temporale delle energie psico-fisiche del lavoratore e sua retribuzione”, spiega ancora l’esperto legale.  

Secondo Garramone, “inoltre, questo tipo di contrattazione aziendale risponde chiaramente alla crescente necessità di contemperamento del lavoro con i ritmi di vita individuali. L’equilibrio vita-lavoro è oggi avvertito come un’esigenza imprescindibile e proprio nell’ottica del raggiungimento di un miglior work life balance, è innegabile che l’adozione della settimana corta – nelle sue diverse forme – costituisca uno strumento concorrenziale importante per le società, che fungerà anche da meccanismo di retention per i talenti. Infine ma non da ultimo, non si può trascurare la valenza di tali intese anche sotto il profilo delle relazioni industriali”, aggiunge ancora. “Infatti, nonostante -spiega l’esperto- da un lato continui ad infuriare il dibattito sul salario minimo legale che secondo una parte dell’agone politico rappresenta l’unico baluardo possibile contro una contrattazione collettiva asseritamente inefficiente ed incapace di risolvere il problema della povertà di alcune categorie professionali; dall’altro, con tali accordi, il sindacato ha invece dato prova di tutta la sua potenzialità regolatrice e di una ritrovata forza propulsiva ed innovatrice”. 

“Per questo, oltre agli ultimi siglati appunto da EssilorLuxottica e Lamborghini, meriterebbero maggior spazio e menzione anche gli altri contratti integrativi aziendali che li hanno preceduti durante l’ultimo anno (si pensi a quelli sottoscritti in Intesa Sanpaolo o Lavazza), ognuno connotato da singolari forme di riduzione dell’orario di lavoro, correlate alla specifica azienda ed al particolare contesto produttivo in cui sono stati raggiunti, che vanno – ad esempio – dalla settimana di soli quattro giorni ma retribuita al 100% per le neo-mamme al rientro dalla maternità al fine di incentivare la genitorialità (Plasmon), ai venerdì corti che portano l’orario settimanale a 36 ore mediante contribuzione da parte dei lavoratori stessi che forniscono due ore di permesso retribuito per concorrere a tale risultato (Fastweb)”, continua ancora.  

“In conclusione, se è forse ancora presto per sposare il trionfalismo dei comunicati stampa che hanno definito ‘storici’ gli accordi con i quali è stata introdotta la settimana corta in alcuni contesti industriali, è tuttavia certo che tale strumento si diffonderà ulteriormente e che esso, qualora si riuscisse ad istituzionalizzarlo definitivamente a vantaggio della produttività, abbia le potenzialità per rivoluzionare realmente il mercato del lavoro attuale ed i suoi paradigmi di ispirazione taylorista”, conclude. 

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