La storia di Federico Nessi: “Passaggio generazionale in azienda passa per valore imprenditoriale”

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(Adnkronos) – Il tema del passaggio generazionale è all’ordine del giorno per Federico Nessi, ceo di Eternoo, vincitore del premio ‘Di Padre in Figlio-il gusto di fare impresa’ che ha preso il comando di Eternoo dal padre, Franco che a sua volta era stato lasciato dal nonno Giorgio. “Può sembrare scontato – dice all’Adnkronos/Labitalia – ma il valore imprenditoriale che nostro padre ci ha trasmesso più di qualsiasi altro è lo spirito di sacrificio. Questo tipo di valore non si può insegnare, perché si acquisisce principalmente attraverso l’esempio e l’osmosi. E’ un principio che vale non solo nel rapporto padre-figli, ma a qualsiasi livello aziendale. Chi si dedicherebbe con passione a un leader che è bravissimo a parlare di dedizione al lavoro, pretendendo il massimo dai suoi collaboratori, ma nei fatti lavora poco e senza impegno?”. 

“Nell’ambito di un passaggio generazionale – sostiene – credo che questo sia il valore che più di tutti debba essere trasmesso, perché il rischio per le seconde o terze generazioni è quello di adagiarsi sugli allori creati da chi li ha preceduti. Io e mia sorella Caterina, invece, amiamo il nostro lavoro e per questo diamo sempre il massimo in ciò che facciamo. Un altro valore imprenditoriale che abbiamo ereditato è il senso della competizione, un altro aspetto che difficilmente si può insegnare, ma solo trasmettere”.  

“Se riesci a vivere il lavoro come fosse un gioco – spiega – senti meno il peso dei problemi, perché li affronti come sfide, dove i punti sono i risultati economici, che ti fanno salire di livello, con l’unica differenza che non esiste un limite”.  

“Quando parlo di ‘convivenza intergenerazionale’ – afferma – mi riferisco al rapporto tra una generazione e quella precedente, in contrasto con il concetto di passaggio, che rappresenta un momento puntuale successivo alla convivenza. E’ estremamente complesso che avvenga un passaggio generazionale di successo se prima non vi è stata una convivenza intergenerazionale di qualità. La più grande difficoltà è riuscire a tenere separate le questioni familiari dall’ambito lavorativo, anche se è chiaramente molto difficile, specialmente quando si hanno caratteri forti come il mio e quello di mio padre”.  

“La maturità di entrambi – sottolinea Federico Nessi – sta nel comprendere che, al di là degli scontri fisiologici, alla fine il bene dell’azienda prevale su tutto, e da questo punto di vista siamo totalmente allineati. In questo senso, l’ingresso di mia sorella Caterina è stato fondamentale, perché decidere in tre diventa paradossalmente più semplice che decidere in due. E’ evidente che il rapporto tra fratelli sia un’ulteriore potenziale criticità che si somma al rapporto padre-figli, ma devo dire che nel nostro caso, grazie alla perfetta complementarità tra me e Caterina, il nostro rapporto è diventato un valore aggiunto nelle nostre dinamiche relazionali”.  

“Ho avuto la fortuna – fa notare – di avere una base da cui partire e questo mi ha permesso di attivare un processo costante di analisi e miglioramento, come insegna il principio giapponese del ‘kaizen’. Mi sono quindi concentrato sugli aspetti che avevano maggiore impatto sui risultati aziendali e ho iniziato a innovare il nostro sistema gestionale e i processi. A questo si è affiancato un lavoro di strategia commerciale, avviato grazie alla gavetta da venditore che ho fatto nei primi anni della mia esperienza. Questo periodo è stato essenziale per comprendere tre fondamentali del nostro lavoro: come ragionano i nostri clienti, quali sono i prodotti strategici e come deve operare il nostro venditore ideale”.  

“Una volta messi a fuoco questi aspetti – spiega – è subentrata l’ambizione e la voglia di crescere, che si è poi tradotta nella spinta alle acquisizioni, portandoci a essere definiti ‘serial acquirer’ grazie alle oltre 10 acquisizioni realizzate nell’ultimo triennio. Sebbene nel nostro settore siamo leader, dobbiamo ricordarci con grande umiltà che in Europa i leader dei propri mercati fatturano miliardi e, comparati a loro, siamo una piccola azienda multi-provinciale che necessita ancora di strutturarsi per diventare grande. Proprio per questo, oltre alla ricerca di aziende da acquisire, mi sono concentrato moltissimo sulla selezione delle migliori persone, perché le risorse umane sono il fattore critico di successo della nostra azienda”.  

“Negli ultimi anni – ricorda – ho svolto personalmente centinaia di colloqui per plasmare un gruppo di persone accomunate dallo spirito di squadra e dalla passione per il proprio lavoro. E’ grazie a loro se possiamo guardare con ottimismo al futuro”.  

“Sono una persona molto passionale e questa caratteristica – sottolinea Federico Nessi – porta con sé il difetto dell’impulsività. Maturare come essere umano mi ha permesso di smussare gli spigoli del mio carattere e diventare una persona più saggia. Quando si parla di passaggio generazionale, spesso si pensa che le responsabilità vengano date dal padre o dalla madre che dirige l’azienda, mentre in realtà ritengo che sia indispensabile che il figlio dimostri di voler prendersi queste responsabilità. La caratteristica più importante che deve avere qualsiasi imprenditore è la tempra. Dimostrare di avere tempra può anche comportare degli scontri, ed è proprio grazie a questi scontri che ho compreso alcuni dei miei difetti, comprendendo che a volte si può arrivare allo stesso risultato anche percorrendo strade diverse”.  

“Credo – dice – che il merito del premio ‘Di Padre in Figlio – il gusto di fare impresa’ di questo premio sia quello di aver focalizzato una questione chiave per il futuro delle nostre aziende e del nostro sistema Paese. Di recente ho letto che negli ultimi anni sono state cedute aziende familiari italiane per un valore di oltre 300 miliardi di euro a fondi di private equity o multinazionali. Probabilmente ciò è avvenuto anche a causa di un mancato passaggio generazionale e, indubbiamente, la gerontocrazia imperante in Italia è uno dei problemi atavici che affligge anche le nostre aziende”.  

“Un recente studio – ricorda – della società di consulenza Bain ha evidenziato come ‘il maggior contributo legato a una leadership più giovane, quindi più incline all’innovazione, all’internazionalizzazione e ai nuovi trend, potrebbe tradursi in un valore compreso tra i 20 e i 40 miliardi di euro (1-2% del Pil italiano)’. Però, vi è anche una corresponsabilità dei giovani, che devono avere il carattere per assumersi la responsabilità delle aziende per cui lavorano prima dei quarant’anni”. 

 

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