Al-Jawlani nuovo uomo forte, Siria verso un futuro laico o talebano?

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(Adnkronos) – Jihadista o solo ex jihadista. Estremista o moderato e pragmatico. ‘Amico’ dei terroristi o difensore della “diversità”. Certamente enigmatico il nuovo uomo forte della Siria, Abu Mohammed al-Jawlani, ovvero Ahmed al-Sharaa come ormai sembra esser tornato a farsi chiamare. Da Damasco, dalla moschea degli Omayyadi, ha parlato della fine dell’era Assad come di “una vittoria per la nazione islamica”. Ma quale tra le due identità dominerà nel futuro della Siria?  

Si interroga così sul Guardian Jason Burke, esperto di sicurezza. “Non giudicare dalle parole, ma dalle azioni”, ha supplicato Sharaa, o al-Jawlani, in un’intervista alla Cnn. Un ‘restyling’, dietro a cui resta una “vena autoritaria”? Un futuro con una Siria laica o in ‘stile Talebani’?  

“La realtà ad ora è che Hayat Tahrir al-Sham e anche gli altri gruppi armati hanno inviato messaggi positivi al popolo siriano. Hanno inviato messaggi di unità, di inclusività”, ha detto stamani ai giornalisti l’inviato Onu per la Siria, Geir Pedersen. 

Nel Siria del dopo-Assad c’è al-Sharaa, 42 anni, cresciuto in un quartiere benestante di Damasco, con un passato di studi in Medicina, che poi ha lasciato il posto ad al-Jawlani. Terrorista per Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi, con una taglia da dieci milioni di dollari sulla testa, ha combattuto contro i soldati Usa in Iraq al fianco dei jihadisti tra il 2003 e il 2006. Lì è stato per cinque anni nei centri di detenzione. E’ lo stesso al-Jawlani che è tornato in Siria nel 2011 con ruoli di primo piano nelle battaglie di al-Qaeda e dell’Is. Ma che poi ha rinnegato sia al-Qaeda che l’Is. Ed è ancora al-Jawlani che ha preso la guida del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) e ha imposto il suo dominio dal 2017 su due milioni di persone a Idlib, nel nordovest della Siria, dove non sono mancate denunce per il trattamento riservato a molti dissidenti. 

A fine novembre è stato al-Jawlani a lanciare la coalizione di forze anti-Assad, sotto la guida di Hts, protagonista dell’offensiva fulminante culminata domenica a Damasco.  

E molti analisti sono convinti che la decisione di entrare a Damasco e presentarsi con il nome di al-Sharaa sia solo uno dei segnali di un passaggio sincero dall’estremismo jihadista a ‘qualcosa’ di più moderato. Per Shiraz Maher, esperto del King’s College London, “da quello che possiamo vedere è una persona cambiata” e “a Idlib ha sviluppato una teologia pragmatica”. Ma, aggiunge, “le sfide saranno enormi e lui ha una vena autoritaria”. “Sta creando uno stato laico? Non credo – osserva – La mia ipotesi è che sarà in stile talebano, rispetto a quello che attuerà”. 

C’è anche chi osserva come la scelta del nome al-Jawlani non indicasse solo una provenienza geografica, le origini del leader di Hts o almeno della sua famiglia sul Golan, ma implicasse anche un forte impegno per la fine dell’occupazione israeliana dell’area. E come aver abbandonato quel nome mandi un messaggio chiaro. Chiaro quanto sembrerebbe essere il focus di al-Sharaa, locale. Con un mix di islamismo e nazionalismo. 

Tra gli analisti c’è chi crede che alcuni leader di Hts e i combattenti più efficaci del gruppo, anche estremisti veterani dell’Asia centrale, restino sulla ‘via’ jihadista. E alcuni osservatori sono convinti si tratti di un restyling che nasconde ambizioni radicali sul lungo periodo, non solo a livello locale. E, avvertono, né l’Occidente, né le potenze della regione dovrebbero abbassare la guardia. Anche perché oggi in Siria “non c’è economia, non ci sono soldi, ci sono reati, povertà, milioni di rifugiati che vogliono rientrare”, sintetizza Hussain Abdul-Hussain, esperto della Foundation for the Defence of Democracy di Washington. “E ora sono tutti felici, ma prima o poi, le cose si fanno concrete e – conclude – la mia paura è che torni al suo Islam”.  

  

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