(Adnkronos) – Nuove regole per gli ncc, ma cosa cambia per i consumatori? A rispondere è l’Unione nazionale consumatori: “Tempi di attesa più lunghi per ottenere il servizio, probabile aumento delle tariffe, minore flessibilità nella prenotazione dei servizi, difficoltà nell’utilizzo delle app di mobilità”.
“Il decreto interministeriale 226 del 16 ottobre 2024 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) prevede – spiega Mauro Antonelli esperto Unc – se non si parte dalla rimessa, che tra una corsa e l’altra debbano passare 20 minuti. In sostanza, se le corse sono prenotate mentre si è in rimessa non si deve attendere tra un servizio e l’altro, ma se arriva una nuova richiesta quando si è fuori dalla rimessa, ossia mentre si sta lavorando, allora si devono far trascorrere 20 minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio. Un’attesa di 20 minuti che grava pure sul cliente che, dopo aver prenotato, anche se l’auto è lì davanti a lui, deve aspettare 20 minuti prima che possa partire. Uno spreco di tempo che implica minori ricavi a parità di ore lavorate, salvo si aumentino gli importi delle corse traslando sugli utenti finali il prezzo di questa inefficienza, cosa che ovviamente avverrà”.
“Quando non si parte dalla rimessa – sottolinea - il luogo di partenza deve coincidere ‘con l’arrivo del servizio precedente’ e ‘deve essere svolto nella stessa data, fatti salvi i servizi notturni svolti nelle prime quattro ore della giornata successiva’. Esempio: se un conducente porta un cliente da Milano a Bologna, poi, per la corsa successiva, deve ripartire da Bologna e non da Casalecchio di Reno che dista 7 km da Bologna. Inoltre, non può dormire tutta la notte a Bologna mettendosi in viaggio con calma la mattina dopo. Per accettare una nuova corsa a Casalecchio di Reno dovrebbe prima tornare in rimessa a Milano, per poi tornare a Casalecchio. Comodo no? E chi lo paga il doppio viaggio a vuoto?”.
Ma perché tutto ciò? “Il ministero di Salvini, il Mit, – fa notare Antonelli – ha spiegato in un comunicato che ‘tale vincolo (la sosta di 20 minuti) dipende dalle differenze costitutive previste a legislazione vigente tra taxi e ncc che si configurano come due diversi servizi pubblici non di linea: il taxi è un servizio obbligatorio e opera a tassametro, su richiesta su piazza e non su prenotazione; l’ncc invece opera sulla base di prezzi di mercato ed è rivolto a una utenza selezionata attraverso la prenotazione, per cui non può attendere i servizi su piazza’. In breve: se in alcune città come Roma, gli ncc fanno concorrenza ai tassisti e accettano corse al loro posto stando in sosta nei pressi della Stazione, cosa che non si potrebbe fare, sarebbe più logico e congruo multare i trasgressori con appositi e mirati controlli. Invece, con il nuovo decreto si è deciso di rendere la vita impossibile a un’intera categoria di lavoratori: ora, al di là del fatto che si tratta di pochi comuni e di pochi conducenti, il punto è che la soluzione al problema va trovata nella direzione opposta”.
“Invece di introdurre cavilli da Azzeccagarbugli – auspica Antonelli – andrebbe liberalizzato il settore, eliminando tutti i vincoli territoriali, in modo che sia i tassisti che gli ncc possano svolgere il servizio dove vogliono. Anche i tassisti, infatti, possono prelevare l’utente con partenza solo dal territorio del comune che ha rilasciato la licenza. Insomma, invece di litigare per una fetta di torta non sarebbe meglio ingrandire la torta? Risolverebbe anche il problema dei taxi introvabili quando ci sono eventi importanti, questione non risolta con le licenze temporanee in occasione di eventi straordinari, previste fin dalla prima lenzuolata Bersani, ossia dal 2006”.
“A Milano – racconta – quando c’è la Settimana della moda o il Salone del mobile, i taxi non si trovano mai. I tassisti di altre città potrebbero raggiungere in quei giorni il capoluogo della Lombardia, senza alcun danno per i colleghi milanesi, atteso che intercetterebbero una domanda che resterebbe altrimenti inevasa”.
“Ci troviamo di fronte – argomenta – a una situazione simile a quella dei balneari, con la difesa a oltranza di una lobby, contro il parere non solo di chi rappresenta gli utenti del servizio, ossia le associazioni di consumatori, ma anche dell’Antitrust e dell’Autorità dei trasporti (Art) che, nel parere formulato sul decreto (AS1990), scrivono che la prescrizione del pisolino imposto ostacola ingiustificatamente l’esercizio dell’attività d’impresa oltre a depotenziare l’utilità delle app di intermediazione tra domanda e offerta. Si introducono obblighi operativi che ne riducono la competitività, discriminandoli ingiustificatamente rispetto al servizio taxi, misure che, ostacolando l’attività degli esercenti il servizio di ncc a unico beneficio degli esercenti il servizio taxi, limitano la concorrenza e l’innovazione a danno degli utenti finali e che, rappresentando un discriminatorio e ingiustificato aggravio per gli esercenti il servizio ncc sembrano proteggere unicamente l’interesse economico degli esercenti i servizi taxi, sacrificando motivi di interesse generale quali la corretta gestione del trasporto, del traffico e del rispetto dell’ambiente“.
“Ma la cosa più grave – avverte – che va ben oltre la contingente tematica di come disciplinare il trasporto pubblico non di linea, è che con un atto amministrativo (che, a differenza di una legge, non richiede la firma e, quindi, il controllo, del Presidente della Repubblica), si limitano alcune libertà espressamente garantite dalla Costituzione, come la libertà di iniziativa economica (articolo 41) e si cerca di aggirare una sentenza della Corte Costituzionale, la numero 56 del 2020, che aveva dichiarato incostituzionale l’obbligo di rientro in rimessa dopo ogni servizio”.
“Per la Consulta – continua – chi svolge il servizio di noleggio con conducente non può essere obbligato a rientrare in rimessa prima di cominciare ogni prestazione, in quanto il rientro comporta un ”aggravio organizzativo e gestionale irragionevole“, che costringe gli ncc “a compiere necessariamente un viaggio di ritorno alla rimessa a vuoto prima di iniziare un nuovo servizio“. Una prescrizione, che “non è solo in sé irragionevole” ma che è anche “sproporzionata rispetto all’obiettivo prefissato di assicurare che il servizio di trasporto sia rivolto a un’utenza specifica e non indifferenziata“.