Covid, Oms: contagi e morti in calo in ultimi 7 giorni. Kraken in 38 Paesi

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(Adnkronos) – Nella settimana dal 2 all’8 gennaio 2023 sono stati segnalati quasi 2,9 milioni di nuovi casi Covid nel mondo e oltre 11mila decessi. Contagi e morti sono in calo negli ultimi 7 giorni rispettivamente del 9% e del 12%. Ma nell’ultimo mese il totale dei contagi e dei decessi segnalati a livello globale è aumentato rispetto al mese precedente: nei 28 giorni compresi tra il 12 dicembre 2022 e l’8 gennaio 2023 sono state censite oltre 13,9 milioni di infezioni e oltre 49mila nuove morti, rispettivamente il 10% e il 22% in più rispetto ai 28 giorni precedenti. E’ il quadro tracciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel suo aggiornamento settimanale su Covid.  

L’agenzia Onu per la salute precisa che i dati relativi agli ultimi 7 giorni contenuti in questo report vanno “interpretati considerando la riduzione dei test e i ritardi nella segnalazione in molti Paesi durante le festività natalizie di fine anno. Pertanto, soprattutto per le settimane più recenti, i dati sono incompleti e le tendenze decrescenti dovrebbero essere interpretate in tale contesto”. Potrebbero infatti “cambiare” sulla base di “informazioni aggiornate fornite a seguito del periodo festivo”.  

In Europa negli ultimi 7 giorni monitorati il calo dei casi e dei morti è stato più consistente rispetto alla media mondiale, -36% e -34%. Confrontando gli ultimi 28 giorni e i precedenti, i casi segnalati sono stati il 22% in meno e i morti il 12% in più.  

In generale in tutte le regioni Oms i casi Covid questa settimana risultano in calo o stabili: -27% in Sudest asiatico, -23% nella regione africana, -7% nelle Americhe, -1% nel Mediterraneo orientale e +1% nel Pacifico occidentale. Lo stesso vale per i morti segnalati negli ultimi 7 giorni, in calo o stabili in buona parte delle aree: il dato è crollato del 53% nella regione africana, è diminuito anche nel Sudest asiatico (-19%) ed è risultato più o meno stabile nella regione delle Americhe (-3%), mentre i decessi sono aumentati nel Mediterraneo orientale (+31%) e nel Pacifico occidentale (+5%).  

A livello nazionale, il numero più alto di nuovi casi settimanali è stato segnalato dal Giappone (1.070.496; +13%), dagli Usa (462.944; +17%) e dalla Corea del Sud (403.800 nuovi casi; -12%). Quarta la Cina, secondo i dati riferiti (204.609 nuovi casi; -6%) e a seguire il Brasile (145.933 nuovi casi; -29%). Il dato più alto per quanto riguarda i decessi negli ultimi 7 giorni arriva dagli Stati Uniti (2.695; +8%), seguiti da Giappone (2.149; +11%), Brasile (926; -17%), Cina (722; +11%) e Francia (621; -22%).  

Da inizio pandemia all’8 gennaio 2023, sono stati segnalati a livello globale oltre 659 milioni di casi Covid confermati e oltre 6,6 milioni di decessi. 

Kraken in 38 Paesi – Nonostante i riflettori ormai rubati dalla variante ‘Kraken’ di Sars-CoV-2, negli ultimi giorni del 2022 è stata ancora la famiglia di Cerberus a risultare in misura significativa prevalente nel mondo. Tra il 19 e il 25 dicembre (settimana 51 del 2022 appena salutato), le 6 sottovarianti Omicron ‘osservate speciali’ dall’Oms – ribattezzate con nomi altisonanti sui social – hanno rappresentato il 76,2% di tutte le sequenze depositate nella banca dati Gisaid. Tra queste, BQ.1 e i suoi discendenti – il più ‘illustre’ dei quali è Cerberus (BQ.1.1) – hanno pesato per il 53,4%. La prevalenza della famiglia XBB (Gryphon) e XBB.1.5 (Kraken, appunto) è stata del 4,6%. Le quote delle altre sottovarianti sotto monitoraggio erano: 9,7% per BA.5 con una o più di 5 mutazioni, 8,1% per BA.2.75 (alias Centaurus); 0,4% per BA.4.6; e meno dello 0,1% per BA.2.3.20.  

Kraken risulta essere stata segnalata da almeno 38 Paesi. Come ribadito nella valutazione rapida del rischio diffusa ieri dall’Oms, i dati su XBB.1.5 sono limitati, ma sulla base delle informazioni attualmente disponibili da un Paese (Usa) sembra presentare un vantaggio di crescita rispetto ad altri sottolignaggi circolanti di Omicron. Dati preliminari di laboratorio indicano una fuga immunitaria più elevata (non ci sono conferme da prove epidemiologiche nell’uomo), e al momento non sono disponibili informazioni sulla gravità clinica.  

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