Telemedicina, evoluzione sostenibile della sanità. Ma l’Italia è pronta?

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(Adnkronos) – La medicina sta per fare un salto avanti nel futuro, ma non tutti ancora lo sanno e non è detto che l’Italia sia pronta. La sfida da affrontare è quella di nuovo approccio ad una serie di servizi base già offerti in farmacia invece che dal medico di base e che dovrebbero, se svolti in telemedicina, agevolare il lavoro e le prestazioni di tutti gli operatori del settore. In altre parole, si parla di un futuro non così lontano che, già a partire da gennaio, introdurrà una prima forma di sperimentazione per poi diventare ufficiale a giugno 2024 e, con il 2025, consolidarsi su tutto il territorio nazionale.  

Ma di cosa si tratta? Scopriamolo insieme.  

A fornire una definizione più o meno chiara di cosa si intenda con il termine “Telemedicina” sono le Linee di indirizzo nazionale dal Ministero della salute: “Per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località”.  

“La Telemedicina – continua il documento – comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. I servizi di Telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/ terapeutico. Tuttavia, la prestazione in Telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza. La Telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario”. 

Il costo della telemedicina sulla sanità italiana può essere calcolato sia in termini economici che in termini di sostenibilità sociale. L’onere economico del funzionamento dei sistemi sanitari assorbe il 10,3% del Pil nazionale dell’Ue. In Italia, esso corrisponde al 9,1%. Un dato destinato ad aumentare se si tiene conto dell’inverno demografico che sta vivendo la nostra nazione e l’aumento delle malattie croniche con l’aumento dell’età media italiana. 

Un aumento della popolazione di età superiore ai 65 anni è stimato al 34% nel 2051. Ciò comporterà una crescita della domanda dei servizi di assistenza domiciliare, pubblici o privati che siano e, quindi, anche della telemedicina.  

Un primo calcolo su quello che può essere il costo della telemedicina per la nostra Nazione è stato effettuato dall’Ente di Assistenza e Previdenza dei medici che già nel 2012 prevedeva un risparmio di tre miliardi di euro l’anno per l’uso di strumenti digitali volti alla deospedalizzazione dei pazienti. Altrettante cifre si possono ottenere dai risparmi dei tempi di attività infermieristiche grazie all’introduzione della cartella clinica elettronica; la dematerializzazione dei referti e delle immagini; la riduzione di ricoveri derivanti da errori evitabili con sistemi informatici.  

Con la pandemia si è sperimentata una qualche forma di telemedicina che si è trovata preparata alla sfida, ma non alla stessa velocità in tutto il territorio. L’Italia, infatti, anche a livello sanitario viaggia a velocità differenti tra Pil, trasporti, servizi, economia, turismo, dovuto ad un primo divario evidente tra Nord e Sud e un secondo divario meno noto tra le grandi città e quelle piccole che pagano lo scotto di non avere delle infrastrutture di base.  

Si parla di una vera e propria sfida che l’Italia sarà costretta ad affrontare: trovare un punto di equilibrio tra ciò che è necessario fare per adempiere ai doveri che la comunità europea ci richiede e ciò che il Belpaese necessita in termini di supporto di spesa pubblica e impiego di risorse.  

Tale sfida è stata in parte già vinta da una buona percentuale di farmacie. Un’indagine di Federfarma, infatti, svela che, per quanto riguarda l’Ecg, la media italiana delle farmacie che erogano il servizio è del 52%, con un 32% di farmacie che si dichiara disponibile ad implementarlo all’interno della propria attività. Quasi la metà delle farmacie italiane offre i servizi di holter pressorio (50%) e cardiaco (46%), mentre tra i quattro servizi oggetti d’indagine, la spirometria risulta il meno diffuso tra le farmacie italiane: solo l’8% di esse lo eroga attualmente, con il 56% che si dichiara disponibile a introdurlo all’interno della propria attività. Questi test diagnostici prevedono una tele refertazione a distanza, effettuata in tempo reale e certificata da medici specialisti. Federfarma, con il supporto della società di servizi informatici Promofarma, ha promosso l’erogazione delle prestazioni di telemedicina presso la rete delle farmacie associate e il progetto ha visto un incremento progressivo delle adesioni su territorio nazionale, favorito anche dalle misure del Pnrr dedicate alle farmacie rurali. 

In particolare, solo nell’ambito strettamente sociosanitario e medico, ciò che si dovrà affrontare riguarda:  

• Migliorare la formazione del personale medico e infermieristico capace di seguire i pazienti nei vari reparti; 

• Divulgare le linee guide per un corretto trattamento delle ferite difficile attraverso dei mezzi messi a disposizione tra riviste scientifiche, eventi mirati, linee guida offerte dalla comunità scientifica;  

• Informare i medici di famiglia sui riferimenti ospedalieri territoriali per inquadrare diagnosi e terapie in un contesto di rieducazione agli strumenti base. 

In sintesi, per rispondere alla domanda iniziale e cioè se l’Italia sia pronta o meno ad affrontare questa sfida, si potrebbe dire ‘Sì’ se si guarda al recente passato e ‘No’ se si considerassero strumenti forniti fino ad oggi nelle mani dei cittadini e degli operatori del settore. Quali le conseguenze? Tutto ancora da determinare. 

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