Gallucci (Giovani Confindustria Fermo): “Il marketing a difesa del primato distretto calzatura Marche”

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(Adnkronos) – “La regione Marche conta il maggior numero di fabbriche di scarpe in Italia e il distretto della calzatura marchigiano è il distretto più grande al mondo per le calzature di lusso, ma rischiamo di perdere questo primato se non interveniamo subito”. A dirlo, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Gianni Gallucci, presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Fermo e direttore generale di Gallucci azienda calzaturiera di alta gamma che da qualche anno ha caratterizzato la sua brand identity con il colore arancio che affonda le radici in una tradizione familiare iniziata quasi cento anni fa.  

“L’Italia – spiega Gallucci – primo produttore di scarpe nell’Unione Europea, conta oltre 8mila imprese localizzate per il 30,5% nelle Marche che con le sue filiere corte e ramificate a livello locale, garantisce competitività al settore e un’altissima qualità dei prodotti finiti, è proprio questa la forza dei distretti che sono l’unicità dell’economia italiana, e vanno tutelati. La produzione di calzature è la prima specializzazione regionale per volume di merci esportate (secondo la direzione di Studi e Ricerche di Intesa San Paolo) un miliardo e 276 milioni nel periodo gennaio-settembre 2023 – hanno registrato un +2,5% (+10,1% sul pre- Covid), ma da ottobre ad oggi sta registrando una flessione che inizia ad essere preoccupante”. 

“Il contesto geopolitico di incertezza – commenta – ormai è chiaro, e gli interventi non sono sufficienti, innovazione e sostenibilità devono essere accelerati e l’export va sostenuto, ma purtroppo nel settore moda non ci sono soluzioni rapide che possano risolvere situazioni dall’oggi al domani, ma solo progetti a medio lungo termine che possano portare crescita. La strategia va pensata con attenzione è necessario fare sistema e rafforzare le politiche di marketing territoriale per promuovere il distretto marchigiano e farci conoscere nel mondo, come piccoli pezzi di un mosaico le nostre aziende potrebbero rappresentare una magnifica opera d’arte per i mercati internazionali”. 

“Come diceva un noto guru del management – spiega Gallucci – bisogna pensare ‘out of the box’, questa volta la strategia parte dal basso ovvero dall’avvicinamento in primis del consumatore finale, comunicando il territorio sia dal punto di vista industriale che turistico, cercando di dare un riferimento fisico e di contatto sul territorio con le aziende come potrebbe essere un polo di factory stores. Questo oltre a contribuire al rilancio dell’aria, porterebbe attrattività per clienti, operatori e forza lavoro che potrebbero usufruire di corsi di specializzazione unici per i quali l’Università Politecnica delle Marche ha già dato disponibilità seguendo l’esempio del Muner in Emilia pensato da Andrea Pontremoli”. 

“Non bisogna tralasciare però – avverte – il rafforzamento delle infrastrutture di comunicazione in primis l’aeroporto troppo importante per raggiungere gli hub di collegamento estremamente necessario per l’internazionalizzazione delle nostre aziende ed è ovvio che tutto questo sarà possibile solo con il sostegno della politica che dovrà sopportare gli investimenti accompagnando le imprese”. 

Gallucci fa anche il punto sui riscontri dell’edizione di febbraio del Micam che si è conclusa il 21 febbraio. “Il Micam – dichiara Gallucci – è il trade show dedicato alle calzature più importante del mondo, uno strumento molto importante ed efficace per tutto il settore ma non possiamo limitarci a questo. E’ importante rendersi conto che la penetrazione in nuovi mercati come ad esempio quello messicano o statunitense in crescita del 14% nei primi nove mesi del 2023, secondo le proiezioni dell’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), quello indiano, koreano o quelli del sud est asiatico come Singapore o Thailandia, necessita di molto tempo, all’unione delle pmi di settore che può essere rappresentanza dal distretto e soprattutto investimenti mirati e costanti di marketing e presenza sul territorio. Troppo spesso il vero valore del made in italy non è percepito per la generazione Z internazionale, fatta da quelli che sono e saranno i clienti del futuro, è arrivato il momento di pensare ad un made in Italy 2.0 più dinamico interattivo e cha faccia percepire ed apprezzare il valore dei nostri prodotti e del nostro saper fare con gli strumenti digitali a nostra disposizione facendo percepire elementi che hanno consentito alla tradizione italiana di diventare un’icona di stile in tutto il mondo”.  

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