(Adnkronos) – Essere a capo di un’organizzazione del terziario e della società civile può essere complesso. Il rischio diffuso è quello di vivere le sfide sistemiche come fossero personali. La conseguenza? Burnout! E se si è donna, il rischio è maggiore.
A confermarlo è uno studio realizzato e pubblicato dalla Foundation for European Progressive Studies dal titolo “Le donne leader delle organizzazione della società civile per il cambiamento sistemico”. Si tratta del primo studio che cattura i progressi compiuti nel settore del terziario, delle Ong e delle Civil Society Organization. Tanti ancora sono gli ostacoli emersi, così come le potenzialità e le opportunità che hanno queste organizzazioni con donne a capo.
Ma vediamo insieme cos’è emerso.
Sono circa 150 le donne leader di Ong intervistate nello studio. La Foundation for European Progressive Studies le ha interrogate sulle sfide che affrontano e su come le vivono. Esaurimento, conseguenze sulla salute, misoginia sono solo alcune delle evidenze emerse nel settore e che portano, quasi sempre, al cosiddetto burnout.
Le donne che hanno partecipato a questo sondaggio sono quasi unanimi nel loro scopo e nella loro spinta. L’80% vive fortemente il modo in cui contribuisce alla propria organizzazione/missione e oltre il 70% delle intervistate ha ritenuto che il proprio lavoro sia gratificante e appagante. Nonostante il carico di lavoro molto elevato, il 64% di loro afferma di apprezzare molto il lavoro quotidiano. Si preoccupano profondamente dei loro colleghi e membri, e in particolare del personale che gestiscono, e sono appassionate alla missione dell’organizzazione. Credono fermamente di poter contribuire al cambiamento sistemico della società civile e si pongono aspettative elevate. Per alcune di loro, che hanno lasciato il loro paese d’origine, lavorare in una Ong all’estero le ha emancipate dalle strutture familiari e sociali in cui sono cresciute.
Alla domanda sulle loro motivazioni, le risposte con il punteggio più alto erano allineate ai valori; alla necessità di contribuire al cambiamento; e a una sete di apprendimento, seguita dalla missione della loro organizzazione e delle persone con cui lavorano. Le condizioni materiali, come orari flessibili e retribuzioni/necessità di guadagnarsi da vivere, sono molto indietro. L’altro lato della medaglia è che le donne leader spesso si spingono oltre il limite. Ciò è in parte dovuto alla natura del loro lavoro: contribuire al cambiamento è un compito arduo. Deriva anche da un grado molto elevato di coinvolgimento emotivo nel proprio lavoro e tende ad avere un profilo di overachiever, un tratto molto comune nelle donne leader. La maggior parte delle donne con figli, inoltre, si sente costretta a scegliere tra la vita professionale e quella personale, e sono unanimi nell’affermare che le faccende domestiche sono ciò che le spinge verso una stanchezza eccessiva, soprattutto quando il loro compagno di vita non si fa o non può farsi avanti per condividere il peso della cura della casa e della famiglia. Infatti, oltre il 50% afferma di svolgere la maggior parte del lavoro in casa oltre che quello relativo alla propria leadership.
“In un momento in cui il mondo ha urgentemente bisogno di una leadership radicalmente diversa, la leadership femminista intersezionale offre una chiave entusiasmante per sbloccare nuovi modi di essere e guidare attraverso l’incertezza: e non è solo per le donne – si legge nel report -Questo è il motivo per cui la Foundation for European Progressive Studies (FEPS), l’Ufficio UE della Friedrich-Ebert-Stiftung (FES) e l’Unione Europea Heinrich-Böll-Stiftung – con il sostegno della Green European Foundation (GEF) – hanno commissionato uno studio politico per sviluppare raccomandazioni politiche concrete, che potrebbero sostenere la crescita delle donne leader”.
Lo studio ha constatato che le donne leader di organizzazioni di volontariato che operano nel sociale si trovano ad affrontare delle difficoltà che rappresentano, nella maggior parte dei casi, una correlazione con il loro essere donna. Per questo motivo, sono state identificate quattro aree prioritarie di intervento: