Dal 30 giugno fino al 30 settembre si raccolgono le firme per convocare il Referendum sull’eutanasia legale. Anche nei paesi in cui è presente ‘La Voce del Paese’ è possibile firmare recandosi presso gli uffici elettorali, studi notarili o banchetti organizzati nelle piazze.
Il Referendum Eutanasia Legale, proposto dall’Associazione Luca Coscioni, ha raccolto sin da subito il consenso di tanti enti, associazioni, organizzazioni e privati cittadini, uniti dall’obiettivo di introdurre l’eutanasia legale tramite l’abrogazione parziale dell’art. 579 c.p. che punisce l’omicidio del consenziente.
“Oggi in Italia – si legge sul portale web dedicato al referendum – possono porre fine alle loro sofferenze solo i pazienti per cui risulti sufficiente l’interruzione delle terapie, come previso dalla Legge 219/2017.”
“Tutte le altre persone con patologie irreversibili che procurano dolori intollerabili – continua – nel nostro Paese non hanno la possibilità di scegliere, e di chiedere auto medico attivo per la morte volontaria, perché il nostro Codice penale vieta l’omicidio del consenziente.”
A differenza di Svizzera, Belgio, Olanda, Canada, Spagna e diversi Stati degli Stati Uniti, nel nostro Paese i pazienti gravemente malati non sono liberi di scegliere fino a che punto sopportare la loro difficile condizione, non hanno diritto all’aiuto medico alla morte volontaria e al suicidio assistito.
Oltre dodicimila volontari da tutta Italia si sono mobilitati attraverso banchetti e iniziative di sensibilizzazione e hanno creato le condizioni per raggiungere l’obiettivo delle 500.000 firme entro il trenta settembre. Facciamo un salto indietro di qualche anno e ripercorriamo la travagliata storia dell’Eutanasia legale, di fronte alla quale la politica è rimasta a guardare.
La prima proposta di legge si ebbe nel 1984, depositata dal ministro Loris Fortuna, il quale chiedeva norme sulla tutela della dignità del malato e la disciplina dell’eutanasia passiva (quando il medico si astiene dal praticare cure volte a tenere ancora in vita il malato). Ancora, Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, nel 2006 lanciò appelli a politici e magistrati attraverso i suoi scritti, affinché gli venissero interrotte le cure che lo tenevano in vita. Richieste dichiarate inammissibili dal tribunale di Roma. Anno 2009, è la volta di Eluana Englaro, in stato vegetativo per diciassette lunghi anni dopo un incidente stradale. Soltanto le battaglie del papà, Beppino Englaro, hanno fatto sì nel 2007 che la Cassazione emanasse una sentenza che permetteva alla Corte d’Appello di autorizzare lo stop a idratazione e alimentazione forzata. Sospensione delle terapie vietata, però, dalla Regione Lombardia, la quale fu costretta a pagare un risarcimento danni di circa 143mila euro per la decisione assunta via decreto dall’allora presidente Roberto Formigoni. Nel 2013 fu presentata la campagna di sensibilizzazione ‘Eutanasia Legale’ e una raccolta firme con conseguente deposizione di una proposta di legge popolare, che non arrivò mai al voto. 2014: Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo, diviene ceco e tetraplegico in seguito a un incidente stradale. Decise nel 2017 di ottenere in maniera clandestina l’assistenza alla morte volontaria in Svizzera, accompagnato da Marco Cappato, esponente dell’associazione Luca Coscioni, che il giorno successivo si autodenunciò. Negli ultimi anni sono state diverse le proposte di legge depositate: Andrea Cecconi (M5S) nel febbraio 2019, Michela Rostan e Federico Conte (LeU) nel marzo dello stesso anno, Doriana Sarli e Giorgio Trizzino (M5S) appena due mesi dopo. Il 5 giugno viene depositata la proposta della Lega, a firma Alessandro Pagano e Roberto Turri, la quale si distanzia nettamente dalle precedenti proposte, soprattutto perché mantiene il reato di aiuto al suicidio. Il 24 settembre è stata la Corte Costituzionale a decidere che non è punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Ma una legge ancora non c’è.
Lo dobbiamo a Piergiorgio, a Eluana, a Beppino, a dj Fabo e a tutti coloro che in Italia non hanno potuto decidere di mettere fine alla loro sofferenza e a quanti, ancora oggi, non possono decidere di farlo in maniera consapevole e libera. Di fronte al silenzio, all’indifferenza e all’incuranza della politica e della giustizia, i cittadini possono far sentire la loro voce e fare la loro parte attraverso il referendum: è questa l’unica via possibile per rendere legale l’eutanasia in Italia.
di FABIO DENTAMARO