Dl Agricoltura, stop all’agrivoltaico se non permette l’attività agricola

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(Adnkronos) – La decisione sull’agrivoltaico è arrivata: non si potranno installare nuovi impianti fotovoltaici a terra sui terreni agricoli tranne “i pannelli che permettono di coltivare al di sotto”. Lo ha ribadito il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida nella conferenza stampa sul decreto agricoltura.  

Restano esclusi dalle nuove regole sui pannelli fotovoltaici agricoli: 

– i progetti già presentati; 

– le comunità energetiche finanziate con i soldi del Pnrr;  

– i progetti che saranno realizzati in aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali; 

– aree di rispetto della fascia autostradale; 

– aree sulle quali già insistono impianti per rifacimento, modifica, revisione purché non comporti un incremento della superficie già utilizzata. 

Inoltre, il ministro Fratin ha precisato che il decreto concordato in CdM concede di installare i pannelli in terreni agricoli “compromessi, come quelli a 300 metri dalle autostrade o fra autostrade e ferrovie”. 

Per tutti gli altri casi sì ai pannelli solari sui terreni coltivati, ma solo se sollevati da terra, in modo da permettere l’attività agricola sotto. Chiaramente, gli impianti potranno essere realizzati senza particolari vincoli, invece, in cave e vicino ad autostrade. L’accordo si inserisce nell’ambito del decreto legge che introduce disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale. 

Per il ministro Lollobrigida l’obiettivo è quello di non sottrarre all’agricoltura terreni di pregio, punto di riferimento della produzione Made in Italy. L’accordo è arrivato dopo un lungo confronto con il dicastero dell’Ambiente presieduto da Gilberto Pichetto Frattin.  

Inizialmente, la bozza del provvedimento prevedeva di fatto un divieto totale per l’agrivoltaico, cioè il fotovoltaico sui terreni agricoli, a prescindere dal fatto che lasciasse o meno spazio per la coltivazione al di sotto dei moduli. “Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra”, ha spiegato il ministro Lollobrigida che ha da sempre condiviso la richiesta fatta da Coldiretti.  

Se per una parte la priorità è tutelare la produzione agricola italiana, per un’altra è fondamentale aumentare l’energia sostenibile del Paese. D’altronde, i dati dicono che di questo passo non si raggiungeranno gli obiettivi green 2030.  

L’energia solare e l’agrivoltaico sono considerati strategici dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per aumentare la diffusione delle fonti rinnovabili in Italia. Non a caso, quando la bozza ha cominciato a girare la scorsa settimana, il Ministero guidato da Gilberto Pichetto ha fatto subito sapere che il divieto dell’agrivoltaico “non era condiviso”.  

E non potrebbe essere altrimenti dopo che a febbraio il Mase ha varato un decreto da 30 milioni all’anno per vent’anni da dedicare a questo settore. L’obiettivo è arrivare a oltre 1 Gigawatt di potenza installata già nel 2026. Dalla fine della scorsa settimana, è partita una trattativa fra i due ministeri per arrivare a un compromesso, raggiunto in CdM.  

Giorgia Meloni esprime soddisfazione per l’accordo trovato nel decreto agricoltura: “Stop al fotovoltaico senza regole e più energia pulita senza consumare suolo agricolo, più aiuti alle imprese in difficoltà con la moratoria sui mutui e il sostegno alle filiere, 130 milioni di euro di credito d’imposta per chi investe nel Mezzogiorno e sgravi contributivi e fiscali per i lavoratori agricoli nelle zone alluvionate, controlli più rigidi e norme più efficaci contro la concorrenza sleale, misure per contrastare la siccità e le emergenze sanitarie e climatiche”, scrive il presidente del Consiglio sui social.  

Per nulla soddisfatti, invece, i componenti dell’Alleanza per il Fotovoltaico, che rappresenta le imprese italiane del settore, che ha definito l’accordo come una mossa che rallenterà la transizione energetica.  

Seppure su aspetti diversi, la protesta degli agricoltori aveva già evidenziato la distanza tra la categoria e le norme green, che spesso richiedono un cambiamento dello status quo. Tra i bersagli principali della protesta vi era il cibo sintetico, suggerito dall’Ue per la decarbonizzazione della produzione alimentare. I dati sulle emissioni di gas serra suggeriscono un cambio di rotta soprattutto nella produzione di carne, cacao e anche in quella della bevanda più amata dagli italiani, dato che presto saremo “costretti” a bere caffè sintetico. 

Sull’energia solare, però, l’Alleanza ritiene che la spaccatura tra lo sviluppo del fotovoltaico e gli interessi agricoli sia solo politica e non concreta.  

Nel corso del 2023, in Italia le rinnovabili sono cresciute come mai nell’ultimo decennio arrivando a coprire il 43,8% della domanda di energia, ben oltre le medie della Ue, anche se al di sotto delle altre potenze europee. La crescita si è registrata anche nei primi mesi del 2024. 

La cattiva notizia è che anche se continuasse con questo ritmo, il Belpaese non riuscirebbe comunque a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Unione europea ha fissato per il 2030 e che il governo italiano ha confermato alla Cop 28 di Dubai e di recente al G7 dell’Energia che si è tenuto a Torino. 

Inoltre, non sarà facile tenerlo questo ritmo soprattutto per quanto riguarda l’energia eolica e il fotovoltaico. L’obiettivo fissato da Bruxelles è ottenere il 70% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Per raggiungerlo, la produzione eolica e solare italiana dovrà crescere del 17% all’anno, rispetto al 13% circa del 2023. E qui arrivano le criticità.  

In particolare, per l’energia solare va tenuto che conto che le nuove installazioni sono per il 90% piccoli impianti fotovoltaici destinati all’autoconsumo, mentre per raggiungere i grandi numeri, occorrono distese di pannelli solari grandi almeno come 2-3 campi di calcio. Scenari ancora rari in Italia, seppure le distese e il sole non manchino. 

Discorso analogo per l’energia eolica, anche se i siti più ventosi sulle creste dell’Appennino sono già stati occupati e per aumentare la produzione serviranno operazioni di “repowering”. In pratica, più che fare nuovi impianti bisognerà rinforzare quelli esistenti con impianti più alti, pale più grandi e rotori più efficienti. 

Bisogna poi considerare che la percentuale di energia green raggiunta nel 2023 rispetto al fabbisogno è stata spinta dal drastico calo della domanda e della produzione di energia, stimata sotto i 260 Gw, ai minimi dal 1999. Inoltre, nel Piano per il Clima il governo ha previsto un obiettivo di appena 2 Gigawatt per il 2030, ben distante dalla Germania che punta a 30 Gw, dal Regno Unito (obiettivo 50 Gw) e dalla Cina addirittura (obiettivo 60 Gw) che pure sono molto più avanti dell’Italia nella produzione di energia green (qui per approfondire). 

Non mancano le agevolazioni all’agrivoltaico: un impianto standard fino 1Mw di potenza è oggetto di agevolazione del 40% a fondo perduto e di un incentivo sull’energia prodotta fino a 10 centesimi per chilowattora. Insomma, bastano due ettari di terreno per realizzarlo e il guadagno è molto interessante, garantendo un rientro dell’investimento in meno di 6 anni e creando ricavi fino a 5 milioni di euro in vent’anni. 

Ci sono poi soluzioni private come quella offerta da GIFT Solutions che investe insieme all’imprenditore agricolo sostenendo metà delle spese, una formula destinata a incontrare sempre più il favore delle aziende che devono investire, perché sostanzialmente dimezza costi e rischi riconoscendo all’imprenditore agricolo una somma pari a quella della propria quota di incentivo. In questo modo l’agricoltore ottiene sia la sua quota di contributo del 40% sia la quota del 40% riconosciuta da GIFT Solutions, arrivando così all’80% di contributo. 

Insomma, le soluzioni non mancano e vanno incentivate perché che la transizione energetica non può rallentare. 

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