Siria, da Idlib a Damasco con ‘pragmatismo e disciplina’: come governeranno i ribelli?

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(Adnkronos) – Tasse, su tutto. ‘Trucchi’ occidentali di strategia militare. Scuole con libri di teologia, ma anche di matematica e scienze. Da quello che Hayat Tahrir al-Sham (Hts) è stato a Idlib, governata con pragmatismo e disciplina, si cercano indizi sulla Siria del dopo-Assad. Il gruppo, protagonista dell’offensiva contro il regime assadista e di un restyling strategico, è alla prova del governo, nazionale, ed è impossibile non immaginare l”esportazione’ del modello di governo da Idlib a Damasco, non immaginare tensioni tra fautori della linea dura e realisti in una Siria, a maggioranza sunnita, con 23 milioni di abitanti.  

Hts, osserva Mark Nakhla di Kharon, che sviluppa analisi per le aziende sul rispetto delle sanzioni contro gruppi armati e altri attori ostili, “è un esempio di adattabilità nell’economia durante i conflitti”. Dopo aver ‘seguito’ Hts sin dai giorni del jihadismo passando per il “rebranding strategico”, come lo definisce in dichiarazioni citate dal New York Times, ha notato il passaggio dall’epoca in cui il gruppo faceva affidamento su ricchi donatori stranieri a una in cui operazioni militari e in campo civile sono state sostenute da tasse e altre forme di ‘governo’. Hts resta un’organizzazione terroristica per Stati Uniti, Onu, Turchia e altri Paesi. 

Così – racconta il Nyt, che ha parlato con esperti, rappresentanti di organizzazioni umanitarie, abitanti dell’area e ha consultato rapporti Onu e di think tank – quando in autunno a Idlib si raccolgono le olive nei frantoi c’è solitamente almeno un rappresentante delle autorità locali. Si prendono il 5%, senza eccezioni. Gli ‘esattori’ lavorano per il governo civile istituito da Hts, che nel 2017 ha iniziato ad amministrare gran parte della provincia di Idlib, dove ha creato un certo livello di stabilità con le organizzazioni affiliate governando – sintetizza il Nyt – con pragmatismo e disciplina. ‘Misure’, come quella sull’olio introdotta cinque anni fa, hanno spesso suscitato proteste, a volte anche scontri armati e arresti. 

Il ‘governo di salvezza siriano’, il nome dell’autorità che ha amministrato Idlib, tassava merci in ingresso nel suo territorio e per sostenere le casse vendeva carburante e gestiva un’azienda di telecomunicazioni. L’economia è stata anche controllata, spiega il Nyt, con programmi di regolamentazione di concessioni e licenze molto simili a quelli di un governo ‘convenzionale’ ed è emersa una certa abilità nella gestione delle finanze per operazioni militari e servizi alla popolazione civile. Riscuoteva tasse su ogni tipo di bene o impresa, dai raccolti ai passaggi di confine, dall’edilizia al commercio e le aziende legate al gruppo godevano del monopolio nella fornitura di carburante, elettricità, acqua e raccolta dei rifiuti.  

I dazi doganali sono stati probabilmente la principale fonte di entrate, insieme ad altre tasse riscosse al valico di Bab al-Hawa, al confine con la Turchia. Secondo le organizzazioni umanitarie attive a Idlib e altre fonti, potrebbero aver generato 15 milioni di dollari, o anche più, ogni mese. E poiché il governo di Damasco isolava di fatto le aree ‘ribelli’ del nord della Siria, queste regioni hanno dovuto rivolgersi alla Turchia per i servizi, come acqua, elettricità e telefonia mobile, e Hts – scrive il Nyt citando esperti e organizzazioni umanitarie – ha creato società di distribuzione apparentemente private, ma con titolari legati al gruppo.  

Hussam Twilo, imprenditore di Idlib, ha raccontato di aver fondato la Syriana Lte nel 2016 e di aver iniziato a installare antenne per la telefonia mobile in aree in cui non c’era copertura. Con la presa del potere da parte di Hts ha avuto una licenza dal gruppo. Adesso Syriana è in competizione con Syria Phone di Hts, senza attriti, racconta, convinto che ora le tasse aumenteranno. 

A Idlib, pur mantenendo il controllo a livello generale, il gruppo ha governato con un’autorità civile composta da 11 ministeri, riuscendo a concentrarsi sulla ricostruzione delle sue milizie come forza più strutturata. Nella regione Hts ha mantenuto una forza importante di sicurezza interna per affrontare le altre fazioni armate e le critiche interne. Non sono mancate denunce di metodi autoritari e dure condizioni di detenzione. Una fonte di un’organizzazione umanitaria ha raccontato di come a Idlib i ministri che avevano rapporti con i gruppi umanitari non potessero mai prendere una decisione senza consultarsi con i leader di Hts, che dal 2016 ha iniziato a ‘moderare’ le posizioni e pur applicando alcune pratiche islamiche conservatrici, non ha fatto ricorso alle restrizioni imposte anni fa dall’Is in alcune aree della Siria.  

Acquisto e vendita di alcolici sono stati vietati a Idlib, alle scuole elementari è stata mantenuta la divisione delle classi per sesso, ma gli abitanti hanno raccontato che era permesso fumare in pubblico. Né ci sono testimonianze di una ‘polizia morale’. E i ribelli hanno anche creato scuole coraniche gratuite, la ‘Casa della rivelazione’, lasciando spazio alla teologia come alla matematica e all’inglese. 

Secondo il Center for Strategic and International Studies di Washington, Hts ha in gran parte allontanato i gruppi estremisti dalla regione di Idlib, pur continuando a combattere, anche a ucciderne i componenti. Ha abbandonato alcuni metodi usati in precedenza, come gli attentati suicidi contro obiettivi militari, spiegano gli esperti. Secondo Orwa Ajjoub, dottorando della Malmo University, “gli elementi intransigenti sono stati messi da parte”. “Vogliono governare e sono islamisti, ma sono molto pragmatici e pronti a interagire con le comunità locali”, osserva. 

Dal punto di vista militare, gli esperti stimano che i combattenti di Hts siano tra i 10.000 e i 60.000. E, rileva Charles Lister Middle East Institute di Washington, mentre le forze anti-Assad avanzavano verso Damasco i loro comandanti pronunciavano discorsi esaltanti sulla ‘riconquista’ della Siria, non sulla creazione di uno ‘stato islamico’. E gli esperti insistono sull’addestramento e su un certo senso di ‘missione’ che son sembrati instillare uno spirito di squadra tra i combattenti, per lo più giovani, mentre paghe regolari assicuravano lealtà, riducendo al minimo gli ‘incidenti’ di saccheggi e altre estorsioni. “Per loro la disciplina e il rispetto sono un elemento chiave della visione del mondo”, dice Aaron Zelin, esperto di gruppi jihadisti Washington Institute for Near East Policy e autore di un libro su Hts. 

Sulla strategia militare, Ahmed Hussein al-Shara, come è tornato a farsi chiamare Abu Mohammed al-Jawlani, ha abbandonato l’ideologia della jihad globale contro l’Occidente, concentrando sulla battaglia contro il regime assadista, un obiettivo sin dal 2011, quando in Siria esplosero proteste antigovernative soffocate nella repressione che innescò un lungo e sanguinoso conflitto. Tra gli interrogativi cruciali c’è quello sul ruolo che avrà al-Shara, che ha rinnegato Is e al-Qaeda. 

Risale al 2021, evidenzia il Nyt, una delle mosse ‘più importanti’ con la creazione della ‘Scuola militare’ e con ufficiali che avevano detto addio alle forze di Assad che hanno contribuito a formare i combattenti e altri gruppi di miliziani provenienti da tutta la Siria, fino ad arrivare a una catena di comando definita. 

“Sono diventati qualcosa di molto più simile a un esercito che a un semplice gruppo armato”, ha sottolineato Jerome Drevon, analista dell’International Crisis Group. Hanno studiato, ha detto, manuali occidentali di dottrina militare, a portata di click, cercando di seguire il modello britannico. 

Le armi sono state per lo più sottratte dalle basi delle forze di Assad o prese in scontri con altri gruppi armati, ma – evidenzia il Nyt – anche ufficiali corrotti del regime di Assad hanno venduto armi ai ‘ribelli’, mentre la Turchia ha assicurato la fornitura di mezzi e armi leggere alle milizie alleate nel nord del Paese arabo. Non solo. Secondo Lister il gruppo è riuscito anche a fabbricare mezzi blindati ‘rudimentali’. E poi ci sono i droni. I ‘ribelli’ hanno affermato di averne acquistati e di averne anche fabbricati. 

Adesso, ha scritto nei giorni scorsi il Post, Hts dovrà consolidare il controllo su un insieme di forze ribelli, dare prova di inclusività a livello politico e placare le paure di chi teme che rimpiazzeranno il sistema assadista con la loro forma di dominio assoluto. Ed è troppo presto per dire come si tradurrà a livello nazionale il modello di amministrazione locale di Hts, che allarga la sua area di controllo da una piccola enclave sunnita a un territorio più ampio e variegato.  

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