“Un mese fa nella Chiesa di Santa Lucia ci fu l’abbandono dalla Terra e il saluto di amatissimi familiari, di amici devoti, di cittadini riconoscenti. Risuonarono il tono appassionato e a tratti imperioso della sua voce e la profondità dei suoi pensieri, su tutto. E la consegna silenziosa nell’animo nostro che la sua grandezza deve essere trasmessa.
Soccorre la memoria della sua cifra la pedalata “indomita “in età avanzata o il passo cadenzato e fiero con cui da casa sua avanzava verso Piazza Plebiscito, la Piazza; e poi fin verso l’Aldebaran lungo Corso Garibaldi.
In questo percorso, dopo giornata di studio e fatica domestica, trovava sempre l’”Agora’. Il luogo della comunanza nella Polis. Vi liberava pensieri per donarli a chi sapeva riconoscerli. Di colloquio interiore con vestigia in pietra del passato: chiese, palazzi nobiliari, dimore popolari nei vicoli laterali di essi. Pensieri riflesso di esistenza messi in versi, di narrazione di rigorose ricerche di tradizioni identitarie. In attesa dell’afflato di persone care e di cittadini comuni. Qui nel l’incontro il volto si apriva al sorriso e la felicità dell’amicizia illuminava occhi incuranti di lenti ispessite dalla gradazione.
Ciò nonostante Rocco Fasano ha avuto un rapporto controverso con la sua amata Gioia del Colle.
E verrà il tempo a ripagare al suo genio amarezze e incomprensioni. Sovente si sente dire: era un carattere difficile. Si lo era, financo scontroso e irato.
Ma con chi non era incline a leggere la storia che aveva attraversato e che con il suo segno ha scritto come protagonista insigne della città, specialmente nella seconda metà del 900.
Dalle origini vissute nel vicolo di lato a Villa Cassano, a due passi da Palazzo San Domenico a cui ascese decenni dopo, alla scuola pubblica – palestra di vita cresciuta con le sue innovazioni, alla fede nella Costituzione nata dalla Resistenza antifascista nello spazio pubblico, al disgelo post guerra fredda di cui è stato anticipatore nel rapporto con le forze popolari e della sinistra. La critica al potere e alle persone o gruppi politici che lo esercitano secondo interessi ristrettì è stata la costante della sua etica pubblica. Prima solo profetica. Poi affermata come virtù operosa e riconosciuta negli anni dal 68 in poi.
Fonte di dialoghi nell’Agora con giovinastri con l’eskimo, che invitava al Csep per approfondire, riconoscere i rispettivi nuclei di verità delle aspirazioni alla giustizia sociale.
Lui con la fiducia nelle istituzioni, noi con l’ideologia della autonomia da esse.
E in quella istituzione, il Consiglio luogo della sovranità democratica, ci si incontrò scrivendo uno dei periodi più alti del rapporto con la Polis.
Ogni ciclo si apre e si conclude. Valse per Rocco Fasano. Mai si è chiusa la sua connessione sentimentale con la città. Vi riversava ancora studi sulla Banda e sui Caseari e semi della cultura universale. E scritti.
È troppo presto per avere una lettura a tutto tondo della sua eredità. Ci agita il sentimento dell’abbandono e il pensiero di se sulla solitudine: “sono caduto in un viottolo come tra pietre seme che non mette radici. Mi accoccolo ai parieti, preda di uccelli e di cielo. Così solo, dischiude la corolla il fiore mio selvatico, e se canto mi cingo di spine. Solitudine, filtrami l’ebbrezza che t’approssima la morte! Mi stendo arso e sopito al refrigerio della tua stretta di ghiaccio”.
È il pensiero del crepuscolo. Ma non della vita tua vissuta, Rocco. Tutte le persone di buona volontà ti hanno vissuto figlio illustre di Gioia e del mondo. A loro spetta di meditare sulla grandezza della tua eredità per consegnarla alla coscienza civica dei gioiesi, per l’oggi e per il domani.
Enzo Lavarra