Il passaggio alla digitalizzazione è strategica per le imprese: quasi il 30% vuole investire in Industry 4.0, come evidenzia la prima indagine italiana sul procurement, cioè l’approvvigionamento dei materiali indiretti, dal titolo ‘Mantenere il controllo mentre la pressione aumenta’, presentata oggi a Milano e promossa da RS Italia, marchio commerciale di RS Group, fornitore omnicanale globale di prodotti e servizi a valore aggiunto e Adaci, l’Associazione italiana acquisti e supply management, in collaborazione con l’Università Europea di Roma.
“La tecnologia è oggi un supporto fondamentale per garantire la sostenibilità di tutta la catena di fornitura, la razionalizzazione dell’approvvigionamento e il raggiungimento di significativi obiettivi di riduzione dei costi e dell’uso di materie prime”, commenta Diego Comella, managing director di RS Italia, intervenendo all’evento nel quale erano presenti anche Fabrizio Santini, presidente di Adaci, ed Emanuela Delbufalo, preside della Facoltà di Economia dell’Università Europea di Roma e professore Ordinario di Operations & Supply Chain Management.
I dati della survey, che fotografa il panorama imprenditoriale italiano, indagando le prassi più comuni e le criticità condivise in tema di sostenibilità, digitalizzazione, esternalizzazione e gestione dei fornitori da parte delle aziende nazionali, sono stati raccolti tra maggio e agosto 2022 attraverso una survey telematica somministrata al database dei soci Adaci e dei clienti RS, senza alcuna clusterizzazione settoriale né geografica che ha portato a 121 risposte validamente raccolte ed elaborate. Il 27,2% delle imprese del campione – si legge in una nota diffusa dalle organizzazioni – intende investire in digitalizzazione dell’impresa (Industry 4.0 – Internet of Things), mentre il 15,1% vorrebbe investire nella digitalizzazione delle relazioni con i fornitori.
La transizione alla digitalizzazione, percepita anche come leva strategica per la formazione del personale dell’ufficio acquisti, e l’utilizzo di piattaforme di e-procurement sono molto apprezzati per i vantaggi promessi: il controllo dei costi di acquisto e il risparmio di denaro (soprattutto per grandi organizzazioni con elevati volumi di transazioni), l’efficienza nei processi d’acquisto e la misurazione delle prestazioni attraverso i Key Performance Indicators. Ciò nonostante, il 73,6% del campione analizzato dichiara di non adottare il Vendor-managed inventory (Vmi o inventario gestito dal fornitore) per gli acquisti di Mro, che però assicura enormi vantaggi alle imprese che lo utilizzano: minori costi di gestione dei magazzini, minore complessità di gestione dei processi di acquisto, maggiore efficienza e produttività.
Dall’indagine emerge anche l’incapacità di quantificare ex-ante i fabbisogni di materiali indiretti che impedisce al 28,4% delle imprese italiane di consolidare con sistematicità le esigenze e di ridurre l’efficienza dei processi di acquisto. In generale, tra le imprese analizzate non risultano né un’approfondita pianificazione né una sensibilità radicata in merito all’approvvigionamento dei materiali indiretti e, in particolare, di Mro (Maintenance repair and operations).
Se da un lato l’ufficio acquisti fatica ad assumere un ruolo centrale nei confronti di clienti interni ed esterni, dall’altro i responsabili della gestione degli stock Mro si trovano a dover fare di più con budget inferiori, senza perdere di vista gli obiettivi di sostenibilità, efficienza e innovazione.
In merito alle pratiche sostenibili dedicate agli acquisti Mro, il campione risulta complessivamente molto attento al consumo energetico e all’impatto ambientale: il 22,5% dichiara di monitorare con costanza il consumo di energia rinnovabile il cui utilizzo, per il 38% delle imprese intervistate, rappresenta una priorità strategica. Eppure i fornitori di Mro sono generalmente valutati sulla base di alcuni parametri prestazionali, in particolare prezzo, qualità e puntualità delle forniture, e solo la metà del campione utilizza parametri oggettivi e/o privilegia fornitori certificati e socialmente responsabili.
A tale riflessione si associa una esigenza sempre più palese da parte delle imprese: misurare e monitorare la sostenibilità per far sì che non sia solo un obiettivo strategico ma una filosofia con cui tutte le procedure aziendali vengono progettate. Infine, solo il 35,6% delle aziende afferma di gestire al massimo 10 fornitori Mro. Dunque, la razionalizzazione del numero di fornitori per l’acquisto di prodotti e servizi a valore aggiunto è attuata da poco più di un terzo del campione, nonostante sia chiaro il forte impulso verso quest’obiettivo.
Sull’importanza della formazione delle competenze, il presidente di Adaci osserva: “Le direzioni aziendali si sono accorte che i supply manager/Cpo sono figure essenziali perché la profittabilità si gioca spesso nella catena di fornitura e distribuzione. Per superare questo momento complesso e per essere in grado di promuovere soluzioni innovative nell’ottica della Value analysis-value engineering (Va-Ve) servono conoscenza, creatività, tenacia e resilienza. Per questo – conclude Santini – Adaci cerca di essere vicino al professionista del procurement per farlo crescere in conoscenze, competenze ed abilità attraverso network, convegni e corsi di formazione per ottenere attestazioni/qualifiche/certificazioni professionali come la Q2P ai sensi della legge 4/2013”. (Adnkronos)