Il tetto scatterebbe automaticamente in presenza contemporaneamente di due condizioni: il prezzo di liquidazione del derivato a un mese del Ttf (Title Transfer Facility, la piazza virtuale olandese che è il benchmark per il prezzo del metano in Europa) dovrebbe superare i 275 euro al megawattora per due settimane e i prezzi dovrebbero essere più alti di almeno 58 euro del prezzo di riferimento del gas naturale liquefatto (Gnl), per dieci giorni consecutivi di scambi nel giro delle medesime due settimane.
Il prezzo di riferimento per il Gnl, sul quale verrà determinato lo spread rispetto al prezzo del Ttf, verrebbe calcolato sulla media giornaliera di un paniere di benchmark, costituito dal prezzo spot sul mercato mediterraneo, il prezzo spot sul mercato dell’Europa nordoccidentale e dalla valutazione giornaliera del prezzo prodotta dalla Acer, l’agenzia che riunisce i regolatori europei del settore. “La proposta deve tenere conto delle preoccupazioni per la sicurezza delle forniture e il tetto deve essere alto abbastanza” da evitare un “aumento dei consumi di gas” in Europa, ha spiegato la commissaria europea all’Energia Kadri Simson, per la quale comunque la proposta è “equilibrata”.
E’ evidente la preoccupazione della Commissione di venire incontro ai timori della Germania e dell’Olanda, fortemente sospettose nei confronti di un intervento ‘dirigista’ sui mercati. Berlino e L’Aja, che hanno casse più capaci della media Ue, temono la scarsità della materia prima, più che il suo prezzo. Tanto possono permettersi di pagarlo.
Il risultato è un tetto, quello proposto dall’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, che non sarebbe scattato neppure nell’agosto scorso, quando i prezzi al Ttf schizzarono alle stelle, superando i 300 euro al megawattora. Una delle due condizioni è che il prezzo di liquidazione del derivato a un mese sul gas Ttf superi i 275 euro al megawattora per due settimane: il derivato con consegna a un mese sul gas scambiato al Ttf, secondo dati di Investing.com, ha chiuso sopra 275 euro solo in quattro sedute (il 22 agosto, il 24, il 25 e il 26). Troppo pochi per far scattare il cap, se fosse stato in vigore.
L’imbarazzo della Commissione è stato piuttosto evidente quando la commissaria Kadri Simson, interrogata ripetutamente dai cronisti per capire se il price cap sarebbe scattato se fosse stato in vigore nell’agosto scorso, ha più volte evaso la domanda, senza rispondere.
Per la Commissione, tuttavia, il livello di prezzo è stato scelto “con cura”, per riflettere i potenziali impatti della sua applicazione. Viene considerato “un elemento essenziale della proposta della Commissione per evitare gli effetti dannosi di aumenti eccessivi dei prezzi per i cittadini, le imprese e per l’intera economia europea”.
Il livello proposto, secondo la Commissione, “ridurrà al minimo i potenziali rischi per la stabilità finanziaria dell’Ue e impedirà un’interruzione delle consegne che metterebbe a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Unione”. Il livello “è stato scelto anche per garantire che il cap non comprometta la nostra capacità di attrarre Gnl dal mercato globale verso l’Europa”.
L’attivazione dell’Mcm (Market Correction Mechanism, nel gergo della ‘bolla’ comunitaria) sarà automatica: quando (o meglio se) Acer constaterà che entrambe le condizioni per il price cap sono presenti, allora pubblicherà un avviso sulla Gazzetta Ufficiale, che farà scattare il tetto dal giorno successivo alla pubblicazione. Il meccanismo, sottolinea un alto funzionario Ue, “non è concepito per combattere i prezzi alti del gas”, bensì i “prezzi eccessivamente alti”.
I prezzi alti sono determinati dalla scarsità della merce, dopo che la Russia ha deciso di tagliare le consegne di gas all’Ue via tubo (quelle di Gnl russo sono viceversa aumentate, come riportato qualche giorno fa dal Sole 24 Ore): nella visione della Commissione, l’equilibrio domanda/offerta verrà ristabilito a medio termine, costruendo rigassificatori che consentano di aumentare l’import. Anche l’ad dell’Eni Claudio Descalzi ha insistito, qualche giorno fa a Bruxelles, sul fatto che servono rigassificatori “subito”.
La disattivazione del meccanismo, automatica come l’attivazione, scatta quando la seconda condizione (lo spread tra il prezzo Ttf e quello del Gnl) non sussiste più, per dieci giorni di scambi consecutivi. Anche in questo caso, l’Acer pubblica un avviso in Gazzetta per disattivare il meccanismo. E’ prevista anche una clausola di sospensione, nel caso si dovessero verificare effetti negativi imprevisti. In questa eventualità, la Commissione emette una decisione e il meccanismo viene sospeso. Il regolamento del Consiglio proposto è temporaneo: una volta pubblicato, resterà in vigore per un anno. I tempi per l’entrata in vigore dipenderanno dai negoziati in Consiglio, ma non potrà essere attivato prima del primo gennaio 2023.
La proposta può essere adottata a maggioranza qualificata, ma l’accordo trovato tra gli Stati in ottobre prevede che si proceda per consenso. Nel novembre 2023 è previsto che la Commissione riveda il regolamento e valuti se chiedere una proroga della validità della legge. Per il senior fellow del think tank bruxellese Bruegel Simone Tagliapietra, la proposta della Commissione Europea “non quadra, né economicamente né politicamente. Potrebbe convincere alcuni Paesi, ma non affronta le preoccupazioni che sottendono la richiesta da parte di più della metà degli Stati membri dell’Ue di un tetto al prezzo del gas”. Per il professore, “l’Ue ha bisogno di più per affrontare le implicazioni distributive della crisi energetica: un solido programma congiunto di acquisto di gas e un fondo europeo per la crisi energetica”. – di Tommaso Gallavotti – (Adnkronos)