Ucraina, Odessa ‘sogno russo’

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Non la possono bombardare, ma la possono strangolare. Impegnati nella seconda fase dell”operazione militare speciale’ che non sembra dare i risultati sperati, i russi continuano a guardare a Odessa, la cui conquista permetterebbe a Mosca, nel caso di successo, di ricongiungere il Donbass, il sud dell’Ucraina fino alla Transnistria. “Ma Odessa è una città a maggioranza russa e i russi difficilmente la distruggerebbero”, spiegano all’Adnkronos fonti qualificate a Kiev, secondo le quali tra gli analisti militari circola l’opzione di farne un’enclave sul modello di Kaliningrad.

Kaliningrad in realtà è un’exclave russa, situata sul Baltico tra Polonia e Lituania, dove Mosca ha dispiegato missili Iskander che puntano al cuore dell’Europa. Odessa, che è il “sogno” della Russia ma che è difficilmente conquistabile, potrebbe diventare un’enclave ucraina, accerchiata da territori russi, ovviamente se Mosca riuscisse nei suoi piani: e strangolare il porto sul Mar Nero, da cui non si potrebbe più esportare nulla, è “un obiettivo militare minore”.

Ma intanto prima di Odessa sulle carte c’è Mikolayv, per la cui sorte “c’è grande preoccupazione” nel timore che possa fare la stessa fine della ‘città martire’ Mariupol. “Gli ucraini sono determinati a resistere, non c’è alcuna rassegnazione da parte loro”, sottolineano le fonti, convinte che ‘la seconda fase’ della guerra russa, concentrata sul Donbass, non stia facendo segnare i progressi significativi sperati.

“Mosca sta usando le stesse truppe di prima e permane la difficoltà a ingaggiare nuove leve, come dimostra il ricorso a mercenari”, si spiega a Kiev, dove comunque si teme sempre la possibilità di “un salto di qualità” da parte di Mosca, con il ricorso ad armi chimiche o nucleari.

Dal punto di vista diplomatico le fonti non si aspettano svolte significative a breve: tutto è legato all’andamento della guerra nelle prossime due settimane, da qui alla data ‘fatidica’ del 9 maggio, l’anniversario della Giornata della Vittoria contro il nazifascismo che Vladimir Putin vorrebbe festeggiare avendo incassato almeno un risultato minimo. Del resto, secondo le ultime rivelazioni del Financial Times, il presidente russo non avrebbe più “alcun interesse al negoziato”.

“Sarà lui e solo lui a decidere quando non sarà più il momento di spingere sull’acceleratore”, osservano le fonti. Per le quali “il vero nodo da sciogliere in questa fase, al di là dell’andamento del conflitto sul terreno, sono le sanzioni: solo l’embargo sul petrolio e sul gas metterebbe in ginocchio l’economia russa, ammesso che il leader del Cremlino si faccia effettivamente condizionare da questo elemento”. Uno e 30: sono questi i due numeri che fa Kiev per riaffermare l’importanza delle sanzioni, perché a ogni miliardo di dollari in aiuti all’Ucraina corrispondono 30 miliardi di entrate alla Russia per il gas e il petrolio.

(Adnkronos)

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